Una notte magica finita nella maniera più prevedibile: con le lacrime di commozione. Perché ieri sera il destino ha fatto il suo corso, e come d’incanto una pagina lunga e gloriosa della storia dell’Inter si è chiusa, come spenta da un soffio lieve e tenero, che toglie l’anima alla fiammella di una candela. Javier Zanetti, il capitano di 857 battaglie con la maglia nerazzurra, ha salutato la sua gente: quel giorno che nessuno voleva segnare sul calendario è arrivato, dopo la partita contro la Lazio Pupi ha salutato la folla che tanto lo ha amato, osannato, coccolato, fino all’ultimo minuto della sua carriera. Lo ha fatto con le lacrime agli occhi, salutando ripetutamente e ribadendo l’amore eterno per questi colori. Lo ha fatto, forse, nella serata migliore, e non solo perché è arrivato un risultato che vale 9,9 decimi di qualificazione all’Europa League (per l'ultimo pezzo è solo questione di attimi), ma anche perché proprio questa sera l’Inter, forse, ha scoperto di avere trovato l’erede ideale, il beniamino, il trascinatore che può ereditare da Zanetti questo ruolo tanto importante.
TUTTI A SCUOLA – Ieri sera, è arrivata forse la prova definitiva: non è più un semplice potenziale campione, ieri sera Mateo Kovacic si è trasformato, forse definitivamente, in un gigante. Un gigante capace di dimenticare di avere solo 20 anni e di salire in cattedra, impartendo lezioni di tecnica e cura del passaggio vincente davvero spaventose. Dopo che la rete di Biava dopo nemmeno 120 secondi aveva fatto apparire all’orizzonte gli spettri più spaventosi, il giovane ex Dinamo Zagabria ha vestito i panni dell’esorcista, scacciando gli incubi a suon di giocate d’artista, da vero top player quale deve pensare sempre di essere, anche se i riflettori mediatici sono puntati su altri giocatori. Il croato illumina, macina gioco, corre come un ossesso, prende falli. Soprattutto, si esibisce in numeri di alta magia, traducibili negli assist che perforano come una spada laser la difesa laziale e aprono le porte gol a Palacio prima e Icardi gol. Non sazio, lancia l’azione del 3-1, e nella ripresa prova a mandare messaggi d’amore a Jonathan e Nagatomo. Ma non gli basta ancora, e allora eccolo servire la palla che Hernanes convertirà nel definitivo 4-1. Se la partita fosse durata almeno mezz’ora in più, avrebbe trovato il modo di mandare a segnare anche Handanovic. Sì, questo Kovacic può essere davvero il nuovo leader dell’Inter, sul piano tecnico e anche affettivo. Del resto, questa prospettiva non lo intimorisce, anzi sembra gasarlo ai massimi…
QUEL COLPO AL CUORE – Edy Reja parlerà di risultato bugiardo, e riavvolgendo il nastro della partita magari tutti i torti non li ha. Perché quella che sicuramente è stata la prestazione più convincente, se non altro sul piano dei risultati, dell’Inter a San Siro, è vissuta su un canovaccio un po’ particolare: i nerazzurri, feriti a sangue freddo, reagiscono in maniera rabbiosa, e riescono a ribaltare completamente la situazione rischiando il minimo sindacale grazie al fiuto del gol di Rodrigo Palacio e Mauro Icardi, due di quelli nati con il pedigree di bomber di razza. Ma nella ripresa, decidono di speculare un po’ troppo sul risultato ottenuto, pensando solo a rinculare a tratti anche in maniera eccessiva e aggrappandosi alla serata di vena di Samir Handanovic che almeno questa volta non ha accusato il gol subito al pronti-via. La Lazio prende fiducia, gioca molto bene a tratti, ma proprio nel momento migliore subisce ciò che forse si augurava di meno, la pugnalata dall’ex più fresco: Hernanes, colui che solo fino a qualche mese fa era uno di loro. Il Profeta, sin lì poco brillante, si prende l’ardito compito di spegnere i bollori dei biancocelesti con un diagonale al veleno sul quale Berisha dorme un po’. Il destino, anche qui, ha compiuto il suo corso crudele: Hernanes trova la sua prima rete a San Siro con l’Inter nella serata del suo rendez-vous col passato, un gioiello che decide di non festeggiare ma che vale molto, anche per celebrare la convocazione per il Mondiale.
SALUTO AL TRIPLETE – Javier Zanetti, acclamato dalla folla, è entrato in campo al minuto 52, al posto di Jonathan. Volendo commentare la sua prestazione sul piano squisitamente tecnico ed estrapolando il tutto dal contesto, si può parlare di prestazione dignitosa, dove ha regalato alcuni spunti importanti che hanno causato le ovazioni del pubblico di San Siro. Ma inevitabilmente, la testa era proiettata a quanto sarebbe successo dopo. Forse travolti da troppo amore, i tifosi più che acclamare Kovacic e Palacio si concentrano sul chiedere a gran voce l’ingresso in campo del capitano, scottati anche dal mancato ingresso nel derby. Ma soprattutto per esorcizzare fino all’ultimo la prospettiva di un distacco inevitabile. Che si consumerà in una grande celebrazione nel dopo-gara, dove a rendergli omaggio ci sono tutti, dai dirigenti ai compagni di squadra vecchi e nuovi. Zanetti è visibilmente commosso, il pubblico lo interrompe spesso nel suo discorso per dedicargli cori e applausi. Ad un certo punto, però, chiamerà accanto a sé sul palco quattro giocatori: i suoi tre connazionali Esteban Cambiasso, Walter Samuel e Diego Milito, oltre a Luca Castellazzi. Una mossa interpretata dai più come una sorta di commiato collettivo non solo verso tre compagni di squadra protagonisti del Triplete del 2010, ma soprattutto verso quella vecchia guardia che sta per lasciare l’Inter. Zanetti smentirà ma non in maniera convinta questa supposizione, ma la sensazione che il capitano abbia voluto chiudere tutta insieme una pagina di storia dell’Inter permane.
VEDRETE L’ANNO PROSSIMO – Mazzarri incassa: incassa questi tre punti che valgono il visto di accesso all'Europa League senza la scomodità dei preliminari in piena estate; incassa anche la fiducia da parte dei dirigenti, più convinta forse quella di Piero Ausilio rispetto a quella di Erick Thohir. Ma incassa anche i fischi dello stadio di San Siro, che non ha digerito, tra le altre cose, l’assenza di Zanetti nel derby e ha dato sfogo al proprio malcontento verso il tecnico. Che però guarda con serenità avanti, proiettandosi alla prossima stagione e alle novità che porterà, sul piano tattico e non solo. Thohir ha parlato di un’Inter più bella da vedere per la prossima stagione, indubbiamente la sfida più importante da raccogliere per mettere a tacere i critici…
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