"Adesso cambiamo tattica, adesso le cose ce le prendiamo per forza e poi vediamo cosa succede". Così Vittorio Boiocchi, il capo ultrà assassinato sotto casa, si rivolgeva gridando al telefono a un dirigente dell’Inter, 'colpevole' di non averlo avvisato dell’arrivo nel gennaio del 2020 del neo acquisto Ashley Young in aeroporto, dove la Curva Nord vuole dare il doveroso «benvenuto» e scattare le prime foto con le sciarpe al collo.

Questo è solo un episodio, si legge sul Corriere della Sera, dei difficili rapporti delle società di calcio con gli ultrà. Un rapporto che aveva portato quattro dirigenti nerazzurri ad essere indagati con l'ipotesi di reato di associazione per delinquere: una forma di collaborazione per favorire i capi ultrà fornendo loro biglietti a prezzi agevolati o facendoli entrare gratis allo stadio o consentendo il commercio di merchandising. In realtà, il pm di Milano Leonardo Lesti ha chiesto sin dal giugno 2021 l’archiviazione, accolta l’ottobre successivo dal giudice per le indagini preliminari Guido Salvini che concorda nel concludere che i quattro "erano in realtà vittime del comportamento minaccioso ed estorsivo dei capi dei tifosi e quindi semmai persone offese dei reati". Al massimo — come scrive il pm nella richiesta di archiviazione — "una minimizzazione di un problema che da anni affligge le squadre di A pressate da soggetti che si autodefiniscono tifosi/ultras, ma che in realtà per finalità essenzialmente personali esercitano un vero e proprio potere di ricatto nei confronti dei dirigenti". I quali si vengono a trovare in una situazione scomodissima: "Devono riuscire a gestirle senza incorrere in violazione della normativa, rispondere alla proprietà che, ovviamente, almeno a parole, non intende cedere alle suddette richieste, e alle autorità incaricate della gestione dell’ordine pubblico". Ed evitare il peggio: un dirigente ha riferito di "subire la pressione psicologica di Boiocchi" e di temere "comportamenti quali cori offensivi, lanci di monetine, accensioni di fumogeni".

Nella memoria difensiva scritta dal compianto avvocato Francesco Arata e dal collega Leonardo Cammarata, si legge ancora sul Corsera - si avverte la piena consapevolezza della difficoltà del compito. "La società ha impostato il proprio rapporto con la tifoseria al rispetto rigoroso delle norme", si difende uno dei dirigenti. che si sfoga: "Io più che dire di no a tutti non so che fare". Però le pressioni della Curva ci sono, soprattutto relativamente alla vendita dei biglietti («che venivano poi parzialmente rivenduti a prezzi maggiorati con una sorta di “bagarinaggio”»), l’organizzazione delle trasferte e gli ingressi allo stadio. Com’è avvenuto quando un capo ultrà (colpito da Daspo), scontento perché non erano permessi cambi di nome sui biglietti e (cosa sorprendente) perché non c’era l’abbonamento gratis a don Mazzi, dice a un altro: «Non mi vogliono vedere perché prendo il martello e gli sfondo la testa con un martello a sto co...”; o come quando, in assenza del numero richiesto di tagliandi per una trasferta a Lecce, vengono prospettati disordini: «Allora io vado giù con 200 persone senza biglietto».

Sezione: In Primo Piano / Data: Mer 02 novembre 2022 alle 10:21
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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