Piangi, Josè, piangi. Piangi con noi tifosi, che oggi pomeriggio abbiamo visto la nostra amata Inter vincere il suo quinto scudetto consecutivo. Piangi perchè sappiamo che in quelle tue lacrime c'è tutto: rabbia, gioia, stanchezza, tristezza, tutto unito nell'immensa passione che ti lega ai nostri colori. In pochi sono riusciti a far piangere i grandi uomini, di cui Josè Mourinho è il paradigma, e l'Inter c'è riuscita. La squadra speciale colpisce anche nel cuore dell'allenatore che da fuori appare un muro, ma che dentro di sè aveva nascosto da qualche parte l'amore peri colori nerazzurri, una passione intensa e forte che, direbbero i filosofi, è insita in lui. Dopo il tricolore dello scorso anno, vinto in poltrona, quest'anno abbiamo dovuto sudare freddo: tutto deciso in novanta minuti, e che sentimenti strani a fine primo tempo, quando tutto era in bilico. La convizione di essere più forti si mischiava alla paura di non farcela, sostenuta dalla sfortuna che incombe e da una Roma che vince senza problemi. Questa squadra, però, trasmette sicurezza, tranquillità: le lacrime di Josè Mourinho alla fine valgono più di mille parole, la nostra Inter, i nostri tifosi, i nostri ragazzi, la nostra società hanno fatto centro nel cuore di una persona stellare.
Parlare oggi del suo futuro sarebbe come chiedere a due sposi in viaggio di nozze se hanno programmato già il divorzio. Non roviniamo la festa, per favore, ma pensiamo a rendere merito ad un gruppo di uomini, oltre che di veri fenomeni. Un gruppo che con la supervisione del mago di Setubàl ha saputo mantenere la convizione e la concentrazione per dieci mesi, arrivando in fondo a tutto in forma fisica e mentale. I momenti difficili ci sono stati, eccome: ricordo come fosse ora la festa dei tifosi della Roma dopo la sconfitta nerazzurra all'Olimpico. Guardavo triste quei loro festeggiamenti perchè sapevo che avevamo una squadra troppo forte, troppo superiore, e alla fine conta chi vince quando si arriva al traguardo, non quando lo si inizia semplicemente a scorgere da lontano. Questa squadra è campionessa di concretezza, di concentrazione, è lo specchio del suo allenatore, uomo pragmatico e sicuro di sè.
Sono stati dieci mesi estenuanti, il campionato ha riservato momenti difficili ma anche straordinari. Le facce felici dei ragazzi dopo le vittorie nei derby, e dopo tante altre imprese, rimangono impresse insieme ai pianti. Non c'è solo Josè Mourinho a mostrare la sua commozione, oggi: ci sono anche Javier Zanetti e un altro personaggio, quel Diego Milito che è l'esempio vivente di ciò che dev'essere un professionista, prima ancora di uno strepitoso atleta. Lui, dopo un gol meraviglioso proprio perchè semplice e genuino come lui (attenzione, in pochi avrebbero avuto la sua freddezza in quell'occasione), è esploso in un'esultanza rabbiosa, ma di lacrime nemmeno a parlarne. Aspetta la fine, Diego, e quando Morganti emette il triplice fischio, si toglie la maglia e inizia a piangere. I compagni gli vanno vicino, lui è troppo contento e piange. Piange come un bambino, è il suo primo scudetto in Italia: tanti meriti sono anche suoi se oggi festeggiamo, lui che segna sempre e che non ha fatto rimpiangere uno svedese che oggi pagherebbe per essere qui.
Ma, nelle esultanze per un tricolore che dà soddisfazioni enormi anche alla società, consapevole di aver fatto un mercato stellare e di mantenere ormai un profilo da top europea, tra i tanti volti felici e festanti, ce n'è uno che colpisce in particolare e che ci permette di concludere in bellezza: quello di Marco Materazzi, sempre protagonista nei festeggiamenti. Dopo la danza al momento della Coppa consegnata, Marco vola sotto la Curva interista e mostra una maglietta con frecciata ai romanisti. "Nun è successo", si legge. "Non succede, ma se succede..." era la tipica frase che in questa circostanza i giallorossi avevano preso per identificare il momento. E invece, non è successo: questa Inter è matura, il 5 maggio è soltanto la data della Coppa Italia vinta, non più di quell'incubo. Guardate il presente, signori: avete davanti una squadra di marziani, godetevela e godiamocela. Perchè la maturità sta anche nel festeggiare alla fine, e nel non lasciarsi prendere dal troppo entusiasmo quando si vince una partita. La Roma ha vinto una battaglia, l'Inter la guerra. Ed è stata la guerra più bella, con il bottino che rende felici noi tifosi e questi ragazzi meravigliosi. Grazie a tutti, da Moratti all'ultimo magazziniere. Questa è una squadra che entrerà nella storia. Campioni d'Italia!
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