Lunga e interessante intervista di Repubblica a Borja Valero. Ecco alcuni stralci delle parole dell'ex centrocampista spagnolo dell'Inter.

Borja, eravamo rimasti a lei che si ritirava dalla Fiorentina e sceglieva di giocare con i dilettanti. E poi?
"Mi sembra di essere tornato bambino, quando tutto era davvero libero. Il piacere di giocare resta intatto: cerchiamo sempre il primo amore. Pallone e impegno sociale".

Lei è stato un bambino di periferia, e sembra quasi che nonostante il successo non si sia mai mosso da lì.
"C’erano soltanto tre case attorno alla mia, non avevo compagnia e giocavo da solo. Così mi è sempre mancata quella parola in più. Vivere a Firenze mi ha dato una dimensione di vita collettiva, gli scherzi, l’autoironia, diciamo che sono diventato un po’ come loro. Ne avevo bisogno, e per questo sono rimasto".

Cosa significa non essere un fenomeno?
"Ero un po’ lento, non tanto alto, senza un tiro fulminante, eppure ho giocato per quindici anni a buon livello fra Champions League e i principali campionati d’Europa. Ho lavorato sui limiti e sulle qualità. Mi allenavo a pensare svelto, a guardare prima degli altri lo sviluppo dell’azione. Diciamo che ho adattato la genetica alla realtà".

Ci sono pagine molto belle in cui lei racconta la gioia dell’ultimo passaggio.
"Molto meglio di un gol, anche se all’inizio io ne segnavo tanti. Ma il piacere dell’imbucata nello spazio che vedi soltanto tu, è unico. Ed è bellissima l’allegria negli occhi del compagno che ha segnato. Il passaggio è artistico e romantico: da genitori dovremmo insegnarlo ai nostri figli, invece di volerli crescere nell’ossessione dell’individualismo. E bisognerebbe dire loro che i fallimenti fanno crescere, invece stiamo allevando ragazzini fragili, incapaci di reagire alle difficoltà. Anche nel calcio è così. Tutto deve apparire comodo, poi magari si va a sbattere contro il muretto più basso".

Borja, secondo lei dove nasce il talento?
"Dalla strada e dal bisogno, ma anche dalla libertà e dalla fantasia. La mia è stata probabilmente l’ultima generazione cresciuta tra le vie e i campetti spelacchiati, eravamo piccoli giocatori allo stato brado". 

Sezione: Rassegna / Data: Mar 06 settembre 2022 alle 11:16 / Fonte: Repubblica
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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