Umberto Calcagno, presidente dell’AIC e vicepresidente vicario della Federcalcio, risponde a chi indica negli stipendi dei calciatori la più grande spesa del calcio italiano. "Lo dice il Report-Calcio, il monte stipendi, parliamo di stipendi, è di poco superiore al 50 per cento", sottolinea alla Gazzetta dello Sport.

Eppure si parla di una cifra vicina al 70 per cento per diverse società.
"Una cosa sono gli stipendi, un’altra gli ammortamenti, bisogna chiarirlo".

Tuttavia il sistema non ce la fa e una riduzione è inevitabile perché non finisca tutto a rotoli. Per questo si parla sempre più di salary cap.
"Non ci si può accusare di scarsa sensibilità nei confronti del problema della sostenibilità. Le forme di salary cap sono diverse. Siamo totalmente a favore delle regole che aiuteranno la sostenibilità. Noi sosteniamo sia il sistema di monitoraggio e controllo che si sta definendo in Federcalcio, sia quello che la Uefa farà scattare in campo internazionale. Il tema non è quello di far scappare chi vuole investire nel calcio. Per spendere, però, bisogna poterselo permettere".

Ma resta il dato di compensi insostenibili.
"Sono le stesse società che firmano. E noi siamo davvero preoccupati per i costi dei club".

Non solo un problema di quantità di risorse, ma anche di qualità degli investimenti?
"Bisogna cambiare abitudini.Pensate allo scouting. Oggi lo scouting funziona soltanto all’estero. A metà degli anni 90 la Lega Pro aveva un mercato di 45 milioni di euro".

Sezione: Rassegna / Data: Ven 01 aprile 2022 alle 12:00 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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