Mancini contro Mourinho? La Gazzetta dello Sport ne ha parlato con Gabriele Oriali, uno che è stato al fianco di entrambi e con tutti e due ha vinto tantissimo in nerazzurro. ''Di Mancio mi colpì subito la competenza. Fu lui a suggerire l’acquisto di gente come Maicon, Cambiasso, Julio Cesar, Stankovic. Garantiva che quei giocatori che costavano cifre normali avrebbero lasciato il segno nella storia dell’Inter. Roberto è un allenatore-presidente. Mette un mattoncino al giorno. Lo sta facendo anche nel Galatasaray dove ha appena fatto ingaggiare un talento come il brasiliano Alex Telles. Ha ragione a dire che il Triplete di Mourinho è figlio anche del suo lavoro''. 

Moratti stava per cacciarlo dopo una sconfitta a Cagliari.
''E lui lo convinse a confermarlo garantendogli che avrebbe vinto lo scudetto. Non parlava per difendere la panchina o lo stipendio. Ne era convinto. Una sicurezza che contagia i suoi interlocutori''. 

Cosa l’ha colpita del lavoro del Mancini allenatore?
''La ricerca della qualità. Mancio costruisce squadre nelle quali si divertirebbe a giocare''. 

C’è un episodio simbolo del suo ciclo nerazzurro?
''Ultima partita di campionato, Parma-Inter. La lotta per il titolo era ancora aperta. Mancio lavorò una settimana per recuperare Ibrahimovic, reduce da un infortunio. Gli parlava. Lo incoraggiava. Ricordo che quando, a partita in corso, decise di mandarlo in campo Ibra lo guardò fisso negli occhi e gli disse: “Okay mister, mi hai convinto, ora entro e segno un paio di gol”. E’ come se Mancini avesse servito due assist a Zlatan. A proposito di grandi giocatori: Roberto è quello che ha gestito meglio Balotelli''. 

Passiamo a Mou.
''Sembra un uomo di ghiaccio, invece l’ho visto piangere dopo la vittoria in Champions. Noi stavamo partendo per tornare a Milano, lui aveva un appuntamento con il Real Madrid e, davanti al pullman, non riuscì a trattenere le lacrime. Mourinho ha le sue debolezze, ma preferisce nasconderle''. 

Qual è il punto di forza dello Special One?
''Lui crea il fortino. Chi è dentro è coinvolto al 110%. Nella finale contro il Bayern ero sicuro che avremmo vinto perché loro in campo erano in undici, noi in trenta. Insieme a Sneijder, Zanetti e compagni c’erano anche le riserve, i componenti dello staff tecnico, i medici, i massaggiatori''. 

Mourinho parla dell’Inter come di un vecchio amico.
''Lui è un romantico. Voleva tornare al Chelsea ed è tornato. Un giorno lo rivedremo sulla panchina dell’Inter''. 

Cosa ricorda del mitico Triplete?
''Un mese prima Mou mi disse: “Lele, noi faremo la storia”. Ne era sicuro. E convinceva tutti. La sua frase ricorrente era: “Andiamo in cima al mondo”. L’ultima volta che l’Inter aveva vinto la Coppa dei Campioni c’era ancora la televisione in bianco e nero''. 

Mourinho aveva voluto Eto’o.
''E lo ha convinto a fare anche il terzino. Alla fine Samuel quasi si divertiva a fare quel ruolo. Incredibile. Ora nel Chelsea lo ha riportato in attacco. Mourinho entra nella testa dei giocatori. Li fa innamorare''. 

E’ successo anche con Sneijder.
''Una volta gli disse: “Ti vedo stanco, vai tre giorni al mare con tua moglie”. Wesley pensava a uno scherzo. Invece era tutto vero. Sneijder andò tre giorni in vacanza a Ibiza e quando tornò ricominciò a fare miracoli. L’olandese disse: “Sarei pronto a uccidere e a morire per Mou”. Lo Special One ha restituito al calcio il miglior Sneijder. Vi ricordate che nel Real andava spesso in panchina. Anche Mancini è innamorato di Wesley''. 

Sezione: In Primo Piano / Data: Mer 26 febbraio 2014 alle 08:14 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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