Esistono tanti modi per capire che momento sta vivendo un determinato calciatore. A volte esistono delle situazioni dalle quali evinci che - dopo un brutto periodo - il giocatore si è messo alle spalle il periodo buio e sta tornando in forma. In altri casi invece, capisci perfettamente che sta vivendo una fase in cui ogni cosa va per il verso giusto e ti domandi quanto durerà. E’ inoltre sempre importante tenere conto di quello che è l’ambiente in cui un calciatore è costretto ad esprimersi. Giocare a San Siro non è mai facile, soprattutto indossando la maglietta dell’Inter. In tutto questo, Anderson Hernanes. Il Profeta è arrivato dalla Lazio strapagato - 18 milioni più due di bonus sono una cifra esagerata, diciamoci la verità: ma al tempo Lotito sapeva che Thohir aveva bisogno di un acquisto di una certa caratura e, come è consono al Presidente della Lazio, ha tentato di guadagnarci il più possibile - e presentato in pompa magna, come il primo di una serie di grandi acquisti che avrebbero issato l’Inter in cima alla classifica e - quindi - in Champions League. Ebbene, così non è stato. La squadra di Mazzarri, alla fine della scorsa stagione, è naufragata al quinto posto, dovendosi quindi accontentare dell’Europa League, mentre quest’anno la situazione si è fatta ancora più grigia, con il cambio di guida tecnica e i dettami di Roberto Mancini che proprio non riusciva ad entrare nella testa dei giocatori, spesso spaesati e attori di orripilanti spettacoli calcistici. Poi - quando tutto sembrava perduto, con l’Inter fuori da ogni competizione e il triste pareggio contro il Parma - la svolta. E chi è salito in cattedra? Proprio lui, Mr. Diciotto Milioni. Anderson Hernanes, il Profeta.
PROFETA, DOVE TI METTO ? - D’altronde l’aveva detto subito dopo la sconfitta beffa con il Napoli al San Paolo, in Coppa Italia: “Lavoriamo affinché delusioni come queste non ricapitino più. Questa è stata l’ultima”. E come ogni profezia che si rispetti, c’è passato un po’ di tempo prima che si avverasse. Perché sono stati tanti gli equivoci tattici in questo anno e mezzo di Inter: in primo luogo, dove si fa giocare il brasiliano ex Lazio? In un primo momento si è detto: mezzala, vicino a Kovacic, nel 3-5-2 mazzarriano. Poi lo si è spostato trequartista, ma anche lì dimostrava di non avere né il passo né la testa pronta ad agire in una zona nevralgica del gioco. Così si è passati alla terza ipotesi, la più disfattista, alla quale è facile arrendersi quando tutto va male - e, per la disperazione del tifoso nerazzurro, in questi ultimi anni parecchie cose che potevano andar male… sono andate pure peggio. Insomma, si è iniziato a pensare che Hernanes fosse solo un ‘’doppione’’ di Kovacic: hanno lo stesso ruolo indi per cui sono incompatibili per giocare insieme. Mazzarri non riusciva a capire quale fosse il problema del brasiliano, in allenamento capace di calciare con entrambi i piedi e di essere pericoloso da qualsiasi posizione, con la sua andatura cadenzata ma letale, quelle gambe lunghe capaci di stordire l’avversario di turno ma anche di arpionare diversi palloni in mezzo al campo. E la domanda “Profeta, dove ti metto?” ha iniziato a rimbombare nella testa di Mazzarri prima e di Mancini poi.
LA CURA DEL MANCIO - Il problema del centrocampo dell’Inter è il seguente: troppi tocchi inutili. Troppi passaggi senza senso, per cambiare lato del campo. Invece che effettuare un solo lancio lungo - di cui nessuno sotto Mazzarri si prendeva la responsabilità - si effettuavano una decina di passaggi corti e brevi, dando vita ad una transizione offensiva lenta e farraginosa che in confronto le trattative ai tempi di Marco Branca erano una passeggiata. Mancini ha visto l’andazzo e ha tuonato: basta passaggi corti, c’è bisogno che i giocatori talentuosi si prendano la responsabilità. Essì, tornano alla mente le parole dello zio di Spider Man: “Da grandi poteri…”
SUPER EROE CERCASI - No, non si può più scappare. L’Inter ha bisogno di supereroi capaci di trascinarla fuori dal pantano del settimo posto. Hernanes ha risposto presente: niente più giochetti o tocchi velleitari - tranne contro l’Udinese, quando Mancini voleva strozzare metà squadra a fine partita, nonostante la vittoria - ma passaggi brevi, inserimenti e dialogo con Kovacic a due tocchi, il modo migliore per mettere in funzione il killer-instict del numero 10 da Linz. Il Profeta ha conquistato una maglia da titolare sei partite fa, contro il Verona, quando è stato schierato da trequartista, fornendo una prestazione monstre, con i poveri difensori veneti che impazzivano nel tentativo di rubargli il pallone o di fermare il suo doppio passo. Quella sera effettuò sei dribbling, più di tutti i giocatori della squadra avversaria messi insieme. Da lì, un crescendo di ottime prestazioni, con picchi contro la Roma - quando porta in vantaggio i suoi - e l’Udinese. I numeri sono ragguardevoli: nelle partite in cui è partito dall'inizio, sono tre gol segnati e ben 13 occasioni da gol create. Nelle precedenti 17 partite di Serie A in cui era stato impiegato in stagione, Hernanes aveva segnato appena due gol e creato 29 occasioni per segnare. Ma al di là della posizione in campo - anche se Shaqiri, a cui Hernanes ha soffiato il posto, avrebbe qualcosa da ridire in merito - quello che conta è l’atteggiamento. Ora l’88 nerazzurro è conscio del suo ruolo all’interno della squadra e sa che deve prendersi certe responsabilità. Quest’anno va per i trenta, è il momento giusto per diventare leader. Purtroppo contro la Juventus Hernanes non ci sarà, squalificato. Ma niente vittimismo: “Tiferò i miei compagni”, ha detto ieri sera. Ormai l’ha capito: all’Inter sta cominciando un nuovo corso e c’è bisogno di uomini che sappiano prendersi le proprie responsabilità. Per tornare grandi e - di conseguenza - ricominciare a sognare. Per far sì che questa stagione sia davvero l’ultima volta che l’Inter conclude a mani vuote.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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