Se è vero che i precedenti non vanno in campo, come sostiene Simone Inzaghi, e che ogni derby è una partita a sé, decifrare il quinto confronto stagionale tra Inter e Milan alla vigilia è affare per indovini. Districarsi in mezzo alla confusione generata dal pasticcio rinvii della Lega Serie A, inoltre, complica ulteriormente le cose, tanto che nel giro di ventiquattro ore la probabile formazione nerazzurra è stata stravolta, passando dall'undici praticamente di gala a un mix di titolari e seconde linee, poi confermato dalla distinte. Scelta fisiologica dando una sbirciata al calendario dei campioni d'Italia, che prevede in serie Roma e Barcellona, ovvero scudetto e Champions League. Due obiettivi da mettere un attimo da parte visto che il presente impone di pensare alla Coppa Italia e a quei cugini che, nella loro peggior stagione in tempi recenti, sono riusciti nell'impresa di restare imbattuti per ben quattro volte. Provando l'effetto sorpresa, Sergio Conceicao presenta il Diavolo al cospetto del Biscione con una faccia diversa, insistendo per la terza gara di fila con il sistema che prevede la difesa a tre, praticamente con cinque elementi difensivi in fase passiva. Anche se la posizione di Alex Jimenez è ibrida, con Fikayo Tomori che praticamente agisce da terzino destro, alla ricerca dello spazio alle spalle del centrocampo avversario. A proposito di giocatori di fascia, dal lato opposto, è Matteo Darmian a calpestare zolle decisamente offensive, come quando al 10', approfittando di uno duello senza vincitori né vinti tra Barella e Theo dopo un colpo di testa maldestro di Pavlovic, si invola verso la porta di Mike Maignan ma sul più bello conclude a lato. Al 20', proprio mentre il secondo verde comincia a cantare, Federico Dimarco impegna due volte Maignan, ma inutilmente visto che l'azione era viziata da fuorigioco di Lautaro. Dopo una manciata di secondi, invece, è tutto buono sulla fiondata mancina dello stesso Dimash che sbatte contro la traversa. Si viaggia sul filo dell'equilibrio instabile, tatticamente le due squadre appaiono vulnerabili non appena salta il meccanismo di pressione di un singolo giocatore: Kristjan Asllan, per esempio, si ritrova in uno contro uno con Rafael Leao ma si arrangia egregiamente, anche perché il portoghese sbaglia praticamente tutti i dribbling che tenta. Se l'uomo più atteso tra i rossoneri non ingrana, quello dei padroni di casa sciupa la miglior chance dell'intero primo tempo, al 33', alzando sopra la traversa una sponda preziosa di Mehdi Taremi. Il Toro tenta il colpo che gli era riuscito a Monaco di Baviera, ma qui la sensibilità del piede manca clamorosamente. Gol sbagliato, gol subito: al 35', il Milan sviluppa da sinistra verso destra, da quinto a quinto, con la comunicazione agevolata da Tijjani Reijnders e Youssouf Fofana, e trova il guizzo con Luka Jovic che stampa in rete di testa il cross al bacio di Jimenez. La reazione dell'Inter c'è, come prevedibile: Lautaro, da centroboa, lavora un bel pallone in area di rigore, poi lo offre a Yann Bisseck che non ci pensa due volte e calcia di prima colpendo i tabelloni pubblicitari. Lo segue a ruota Henrikh Mkhitaryan che al 43' tenta la sorte dalla distanza non trovando la porta. Porta che, quantomeno, Bisseck inquadra con la seconda conclusione del suo primo tempo: Maignan si accovaccia e para senza problemi. Il tabellone di San Siro dice zero a uno alla pausa.
SECONDO TEMPO -
La ripresa comincia senza cambi, ma con la ricerca di uno spartito diverso da parte dell'Inter: più verticalità per mettere maggior pressione ai centrali difensivi. Il Milan, forte del vantaggio, accetta molto volentieri il piano dell'Inter, avendo in questo modo la possibilità di andare a fiaccare con le sue proverbiali folate un avversario già stremato dalle fatiche di una annata che stasera segna 51 partite sul contachilometri. Alla fatica fisica, poco più in là si aggiunge quella psicologica per l'Inter, che va sotto di due prestando insolitamente il fianco su palla inattiva: Luka Jovic, ancora lui, è il più lesto a insaccare alle spalle di Martinez dopo un flipper innescatosi sul secondo palo dagli sviluppi di un corner. Siamo al 51' e il contraccolpo si fa sentire sull'Inter, che quasi va ko sull'affondo di Jimenez. Lautaro prova a scuotere i suoi con un tiro proibitivo che non può impensierire Maignan. Vista la situazione, Inzaghi ricorre all'elettroshock dalla panchina ordinando quattro cambi tutti insieme: Frattesi, Arnautovic, Calhanoglu e Zalewski prendono il posto di Barella, Taremi, Asllani e Dimarco. Ma è sempre il Milan che punge in contropiede, con Leao che prende il motorino ma non riesce ad arrivare a far meta con l'aiuto di Jovic. Scampato il pericolo, l'Inter torna a spingere a testa bassa, costringendo tutto il Milan nella sua trequarti: i passaggi sul perimetro mandano Mkhitaryan, non proprio un tiratore scelto, a calciare. Ovviamente senza conseguenze per i rossoneri, che però perdono per infortunio Gabbia: dentro Malick Thiaw. Si va avanti senza grandi emozioni fino al 66': Lautaro svetta su Tomori accomodando di testa tra i guantoni di Maignan. Che deve superarsi su un'altra incornata, ben più insidiosa della precedente, di Stefan de Vrij. Tempo di reazione mostruoso del francese, che praticamente toglie dalla porta il 2-1 già fatto. Sono segnali di una sfida stregata, che porta addirittura una macchina perfetta come l'Inter a improvvisare: al 74', il colpo di testa di Frattesi su cross di Calhanoglu diventa casualmente una torre per Arnautovic, che non fa in tempo a rendersi conto della traiettoria della palla per colpirla a rete. Al 78', quando sembra di assistere al deja-vu del gol del pareggio dell'andata, Calhanoglu ciabatta malamente il tiro che va a finire più vicino alla bandierina del corner che alla porta. Si resta sul 2-0, così Inzaghi decide di giocarsi l'all-in mandando in campo l'ultimo attaccante rimasto, Joquin Correa, togliendo Matteo Darmian. Un tutto per tutto che anziché infiammare la rimonta provoca il tris di Reijnders. Scorrono i titoli di coda su questa partita, tra gli olé dei tifosi ospiti, ma non sulla stagione dell'Inter: occorre ribadire il concetto già espresso da Inzaghi dopo Bologna e rinforzato da Barella. L'Inter si è fatta un mazzo così, sarebbe un crimine buttare tutto a mare. L'addio definitivo al Triplete per colpa del terzo derby perso da settembre a oggi non può mettere la parola fine su un'annata che sta regalando comunque emozioni.
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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