Nuovo spunto di riflessione su LinkedIn per Robin Gosens, che sui social ha scelto di non condividere appositamente i lussi della vita da calciatore, ma temi che possano ispirare le persone: "Oggi vorrei parlarvi della mia fondazione. Ma per farlo, devo prima parlare dei miei inizi. Come alcuni di voi sanno, non sono diventato un calciatore professionista nel modo usuale. Non ho frequentato alcun centro di formazione giovanile o scuola calcio. Fino ai miei 18 anni, ero un ragazzo di un paesino normale che lavorava alla stazione di servizio e consegnava giornali. Guardando indietro, quel periodo per me è stato certamente il più formativo. Sono stato molto fortunato ad avere la possibilità di conoscere il mondo "normale", di avere problemi normali e di poter commettere errori. Sono cose che i calciatori che crescono nelle accademie difficilmente toccano con mano.

Quando sono diventato professionista in modo indiretto, è stato il compimento del mio più grande sogno da sempre. Ma mi sono anche sentito totalmente privilegiato fin dal primo momento, perché ero uno dei pochi che ce l'aveva fatta. Mi sono offerto volontario per la maggior parte dei progetti sociali organizzati dalla mia associazione. Il sorriso che si può far apparire sui volti degli altri attraverso questo impegno mi ha riempito profondamente. Più cresceva il mio successo, più grande è stata la voglia di creare la mia fondazione, perché abbiamo sentito che era il modo migliore per aiutare dove pensavamo fosse più importante.

Da questo sentimento interiore, mio e di mia moglie, è nata la fondazione "träumen-lohnt-sich" (in italiano "vale la pena sognare", ndr) poco più di due anni fa. Una fondazione dedicata ad aiutare i bambini a sognare, ispirandoli e aiutandoli a realizzare i loro sogni. Sfortunatamente, molti bambini si trovano in una situazione in cui sentono che non valga la pena sognare. Tuttavia, se non hai sogni non hai nulla che ti dia orientamento. Abbiamo deciso di aiutare principalmente nella nostra terra natale. Ammetto che ci sono troppi problemi nel mondo, tutti ugualmente degni di essere combattuti. Ma a volte ci si dimentica dei piccoli problemi che si verificano proprio sotto casa propria. E sono quelli che vogliamo affrontare per primi.

Lavorare nella fondazione non solo mi aiuta a staccare la testa dal calcio. Mi aiuta anche a mantenere i piedi per terra, poiché si sperimentano di prima mano i problemi con cui molti bambini là fuori stanno lottando. Il mondo del calcio è fondamentalmente un mondo parallelo in cui si rischia di perdere il contatto con la realtà. I progetti con la fondazione mi ricordano ogni giorno che c'è un altro mondo là fuori. Un mondo con grandi sfide ma che potrebbe usare qualsiasi aiuto. Il regalo più grande che la fondazione mi ha dato? Lo scintillio negli occhi dei bambini quando abbiamo regalato loro un momento di felicità. E con uno sforzo relativamente basso. Non c'è stimolo più grande".

Sezione: Focus / Data: Sab 01 aprile 2023 alle 13:15
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DanieleAlfieri7
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