- Mi pende? A me? Il naso?
- Ma sì, caro. Guardatelo bene: ti pende verso destra.

Un giorno guardandosi allo specchio Ibra ha capito di essere non uno come vorrebbero i tifosi del PSG ma cento Ibra. Oggi un Ibra si prepara a indossare la maglia azzurra del Napoli, un altro quella dell'Inter, altri ancora sono divisi fra le big di Premier League, e infine c'è un Ibra che non è più nessuno perché alle miriadi di proposte provenienti da Europa, Cina e Stati Uniti ha preferito la strada del glorioso ritiro. Pirandellismi a parte, come era accaduto già l'estate scorsa il futuro del fuoriclasse svedese è diventato presto il nuovo tormentone del mercato, alimentato furbescamente dalle aperture di Raiola ai club di mezzo mondo. Se un anno fa ero scettico su Magarimovic, le cose non sono cambiate neanche stavolta. L'unica differenza è che Ibra lascerà al 99,9% il PSG, a meno che a Parigi non gli erigano una statua (di bulloni?) al posto della Torre Eiffel. La dirigenza parigina aveva anche provato a venirgli incontro proponendo di sostituire la Gioconda con un suo ritratto al Louvre, ma Zlatan non ne ha voluto proprio sapere di mettersi in competizione con una donna.

Ecco che allora rispuntano antichi fascini italiani mai sopiti. Prima il Milan, ma Berlusconi ci ha tenuto subito a smentire interessi per lo svedese poiché oltre a non avere i soldi per il suo ingaggio l'attuale capocannoniere di Ligue 1 non rientra nei piani del nuovo tecnico rossonero, ossia del presidente. Inoltre Ibra è sì un fuoriclasse, ma resta un calciatore straniero, motivo per cui un suo eventuale arrivo a Milanello stride con il sogno di una rosa italianizzata fortemente inseguito da Berlusconi e confermato dagli acquisti degli italianissimi Bacca, Adriano, Ely, Niang, Kucka e Boateng e dalle uscite degli extracomunitari Cerci ed El Shaarawy. C'è poi il Napoli che come abbiamo saputo in questi giorni sembra a un passo anche dal blindare Higuain. Assecondiamo la versione distesa della società partenopea: non esiste alcun tipo di contrasto fra il bomber argentino e De Laurentiis, che gli farà firmare un rinnovo da 7,5 milioni di euro l'anno, a patto che il Pipita rinunci ai babà. Difficile ma non impossibile l'intesa con Ibra, che in cambio del suo 'sì' avrebbe chiesto di diventare il nuovo patrono della città al posto di San Gennaro.

Infine veniamo a noi. L'Inter come tanti altri club non può non aver fiutato l'occasione, per questo crediamo a Raiola quando svela che i nerazzurri si sono fatti avanti, "ma non ci sono ben chiari i programmi di Thohir". Forse perché come direbbe l'attentissimo Spalletti il presidente è contento anche con un quinto posto, ma sa che per fare un mercato di livello servirà la qualificazione in Champions, oggi tutt'altro che scontata. E anche se alla fine dovesse aver ragione Mancini superando la Roma, rimarrebbe una mission impossibile pure per il mago Ausilio riuscire a superare le offerte della concorrenza cino-anglo-americana. Così anche questa volta Ibra ci sembra destinato verso altri lidi. Noi ce lo siamo goduti con tre stagioni al top, altri tempi ovviamente quando lo svedese decideva lo scudetto a Parma e la Juve piantava i semi della rinascita europea che nel giro di pochi anni l'avrebbe portata a uscire dalla Champions a testa alta. Ennesima provocazione di Zlatan invece è quella del ritiro e dell'annullamento in nessuno, anche perché il calcio oggi non può essere preparato alla perdita di un campione unico dei nostri tempi. Ci auguriamo allora di vedere all'opera ancora altri cento Ibra, uno che - ormai dovrebbe esser chiaro - per i cambi di maglia e il suo modo di stupire in campo con giocate impensabili e con il suo inconfondibile carisma anche fuori dal rettangolo di gioco non può né ha mai voluto essere contenuto in una sola icona. 

Avevo 34 anni e sempre ho allora ritenuto il mio naso, se non proprio bello, almeno molto decente, come insieme tutte le altre parti della mia persona. La scoperta improvvisa e inattesa di quel difetto perciò mi stizzì come un immeritato castigo.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 01 aprile 2016 alle 00:00
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DaniAlfieri
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