Lo scudetto nel derby. Il ventesimo scudetto, quello della seconda stella, nel derby. E nel derby giocato, per calendario, in casa loro. Nemmeno il più visionario sognatore di fede nerazzurra avrebbe potuto pensare, a inizio stagione, ad un epilogo così meraviglioso per chi sente in maniera particolare la stracittadina milanese. L'immagine finale entra nella storia del calcio. Sul 2-1 per l'Inter, all'ultimo respiro dei quasi sette minuti di recupero concessi, disperato calcio d'angolo battuto dal Milan sotto la sua Curva, mentre gran parte degli altri settori del Meazza occupati dai tifosi rossoneri si erano già svuotati. Se il pallone fosse entrato, come nel derby di Zapata datato 2017, l'Inter avrebbe comunque vinto il campionato una settimana dopo, ma non si sarebbe trattato di “Scudetto in faccia” . Per i seguaci del Diavolo non si sarebbe trattato di incubo. E invece quel pallone non è entrato nella porta difesa da Sommer, è stato respinto fuori dall'area di rigore nerazzurra e l'arbitro Colombo ha decretato il Game Over.

Da brividi la corsa folle di tutti gli interisti in campo verso la loro Curva, la Nord, che con il solito sostegno incessante non li aveva fatti sentire soli. Da brividi l'esultanza di Simone Inzaghi, il condottiero di una squadra che ha dominato un campionato virtualmente terminato a marzo. La musica techno a tutto volume sparata di chi tentava di coprire gioia e cori dei neo Campioni d'Italia, ha sintetizzato in modo perfetto i due diversi stati d'animo. Abbiamo assistito, calcisticamente parlando, al delitto perfetto. Da stigmatizzare i due accenni di rissa in campo nel finale con tre espulsi, i rossoneri Theo Hernandez e Calabria e il nerazzurro Dumfries. Da rimarcare invece il fatto che dentro e fuori lo stadio non ci sia stato nessuno scontro fra tifosi, a conferma della bontà di un patto di non belligeranza che vige dagli anni '80.

Mentre la Beneamata saltava ubriaca di gioia sotto la Curva Nord, penso che molti tifosi dell'Inter abbiano pensato all'indimenticato Peppino Prisco. L'Avvocato più bello, quello che accendeva tutti i giorni il derby a suon di battute che strappavano il sorriso anche a chi le subiva. Ne ricordiamo tre delle innumerevoli perle: “Dopo aver stretto la mano ad un milanista, corro a lavarmela. Dopo averla stretta ad uno juventino, mi conto le dita”. “L'Inter nacque da una scissione del Milan... ecco la dimostrazione che si può fare qualcosa di importante partendo da niente”. “Il Milan in B, e per ben due volte. Una a pagamento e una gratis”. Il calcio è uno sport bellissimo, forse il più bello. Ma sicuramente non ha rivali per il coinvolgimento popolare, per come sappia toccare i sentimenti della gente senza distinzioni sociali. Al gol della squadra del cuore ci si abbraccia senza chiedere chi sei. L'importante è chi sei in quel momento, nell'arena dove si consuma il rito settimanale. Schemi, tattiche, strategie. Tutto fondamentale, per carità. Ma la magia del calcio sta soprattutto nel senso di appartenenza a dei colori scelti, a volte non si sa come, da bambini. E Peppino Prisco, oltre ad essere stato un grande dirigente in oltre mezzo secolo di Inter, ha rappresentato sino al suo ultimo giorno di vita il bambino che inizia a identificarsi con una squadra di calcio.

A soli sei giorni dal derby della seconda stella, domani sarà nuova apoteosi nerazzurra. Alle 12.30 fischio di inizio di Inter-Torino in un Meazza tutto nerazzurro che accoglierà come solo lui sa fare i suoi eroi. Si spera nell'ennesima vittoria che male non fa e poi la grande e attesa sfilata su due pullman scoperti che partiranno da San Siro con tappa finale al Duomo. Un appuntamento purtroppo saltato, causa covid, dopo lo scudetto targato Antonio Conte nel 2021. E lunedì scorso rinviato, causa pioggia su Milano. Domani non ci sarà meteo che tenga, il popolo della Beneamata conta le ore per invadere la città che si colorerà di nero e azzurro. Peppino e Giacinto, posizionati più in alto di tutti, in mezzo a due stelle, lanceranno i cori.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 27 aprile 2024 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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