Meglio un'Inter bella o pragmatica? Divertente o solida? Da calcio-champagne o vincente? Nera o azzurra? Quanti demagogici quesiti...
Perché scegliere tra due alternative se puoi averle entrambe? Simone Inzaghi non ha fretta, tantomeno ne ha avuta, e con la pazienza di chi sa fare del lavoro e della dedizione virtù ha scalato un altro piccolo pezzettino di percorso verso la crescita e di classifica. Giorno dopo giorno, passo dopo passo, in silenzio, senza polemizzare e con le opzioni di cui sopra sempre in bella vista, Simone da Piacenza si è sbarazzato dell'onere di dover scegliere, assumendosi al contrario l'avvedutezza di accodarle l'un l'altra in una gerarchia di priorità che oggi può benissimo accantonare.
Scoperta, conosciuta, assemblata, infine rodata, prima dello scatto verso la lunga corsa che oggi non teme più intoppi. Inzaghi non ha più nulla da sperimentare e a Roma si presenta con la sfrontatezza di chi conosce i propri mezzi ad onta della folla lasciata in infermeria. Nulla su cui piangere, nulla di cui lamentarsi, tant'è il problema e tanto vale aggirarlo o rattopparlo e all'Olimpico, questa volta, così sia e così è stato. Niente Ranocchia, De Vrij, Darmian, Kolarov e ultimo del momento - ma solo per chi osserva - Lautaro, ancora acciaccato dalla gara con lo Spezia e lasciato in panchina a riposare in vista di martedì.
Correa al posto del Toro, Sanchez eventuale sostituto, Dzeko a fianco del 19 e via di squilli sotto occhi e orecchi del pubblico capitolino 'nemico', ulteriormente inferocito dall'attacco titolare: l'ex da un lato, l'ex laziale dall'altro, il perfetto connubio per aizzare una sinfonia di fischi che hanno funto da colonna sonora per tutta la gara, fino a che il tabellino ha permesso. Ma per sfortuna dei padroni di casa, tempo e spazio per gli auspici hanno avuto durata breve e al primo quarto d'ora il solito, immancabile, oggi insostituibile, Hakan Calhanoglu ha modificato per primo le impostazioni audio della Sud, impostando un 'volume basso' che è andato a decrescere col passare dei minuti. Calcio d'angolo per i nerazzurri affidato al turco, tiro dalla bandierina ad effetto, rivedibile copertura difensiva giallorossa e uno spaventato Rui Patricio regalano a Mourinho la prima smorfia di dolore che poco serve a svegliare i suoi. Dopo il gol del vantaggio dei milanesi la musica non cambia, quantomeno quella sul manto verde, palcoscenico assoluto della signora in nerazzurro arrivata con quel famoso treno tanto discusso sui social nei giorni scorsi.
Dal Frecciarossa però l'Inter sembra non essere mai scesa: su e giù da una parte all'altra del campo con un solito, impareggiabile e imprescindibile Marcelo Brozovic che funge da macchinista di un treno che non accenna a decelerare, frantumando ogni scampolo di speranza ai capitolini, trascinati e travolti da una manovra che impone ancora una volta il silenzio soli nove minuti dopo la rete del vantaggio. Barocca trama inzaghiana incorniciata dal tocco pennellato del 20 nerazzurro che mette a disposizione del Cigno di Sarajevo, bombardato dalla rabbiosa gelosia dell'ex abbandonato, un pallone che finisce dritto in porta sotto gli occhi dell'ormai ghiacciato pubblico di Roma. Ma l'incubo dei giallorossi non è ancora finito e se il gol dell'ex è quasi sempre tristemente pronosticato e quello di Calhanoglu ad oggi non fa più stupore, a rendere tutto meravigliosamente magico contro 'a magica è il gol di Dumfries.
L'olandese, tanto criticato fino a qualche giorno fa, massacrato qui e lì sui vari social come spesso accade dopo qualche prestazione non al top, zittisce tutti e in gran stile. Tuffo di testa con tutta la forza, la grinta e la voglia di riscatto finora trattenuta tra i denti, l'esterno interista incorna Rui Patricio e la Roma, ormai stritolata nella morsa di un Biscione sempre più forsennato e affamato. "L'Inter è molto più forte di noi in condizioni normali, e ora che non sono in una condizione normale lo sono molto ma molto di più" dice Mourinho ai microfoni di Dazn dopo la partita, dove augura le migliori fortune per martedì contro il Real Madrid. Sconsolato, abbattuto ma soprattutto battuto, il buon vecchio Special One di cui non si dimenticano i nerazzurri, pronti ad omaggiarlo anche in questo caso con tanto di striscione.
Dedica che commuove di certo il portoghese, mai emotivamente lontano dalla sua vecchia e amata Inter, ma striscione fa rima con Biscione, lo stesso che per l'appunto ieri lo ha stritolato tra i sonagli di un treno che non ha mai smesso di correre e di far perdere ogni senso d'orientamento ai suoi giocatori, finiti col divertirsi meno di quanto abbiano fatto gli interisti, come ammesso con tanto di sorriso da Denzel Dumfries a fine gara prima di salire ancora una volta su un altro treno... Con direzione Milano. E che con buona pace di Trenitalia, dei romani e dei pubblicitari oggi no, non è per niente la cosa più bella della Capitale. Oggi ma neanche e soprattutto ieri, quando sotto il cielo dell'Olimpico, la cosa più bella di Roma è stata il treno... Inter.
Perché scegliere tra due alternative se puoi averle entrambe? Simone Inzaghi non ha fretta, tantomeno ne ha avuta, e con la pazienza di chi sa fare del lavoro e della dedizione virtù ha scalato un altro piccolo pezzettino di percorso verso la crescita e di classifica. Giorno dopo giorno, passo dopo passo, in silenzio, senza polemizzare e con le opzioni di cui sopra sempre in bella vista, Simone da Piacenza si è sbarazzato dell'onere di dover scegliere, assumendosi al contrario l'avvedutezza di accodarle l'un l'altra in una gerarchia di priorità che oggi può benissimo accantonare.
Scoperta, conosciuta, assemblata, infine rodata, prima dello scatto verso la lunga corsa che oggi non teme più intoppi. Inzaghi non ha più nulla da sperimentare e a Roma si presenta con la sfrontatezza di chi conosce i propri mezzi ad onta della folla lasciata in infermeria. Nulla su cui piangere, nulla di cui lamentarsi, tant'è il problema e tanto vale aggirarlo o rattopparlo e all'Olimpico, questa volta, così sia e così è stato. Niente Ranocchia, De Vrij, Darmian, Kolarov e ultimo del momento - ma solo per chi osserva - Lautaro, ancora acciaccato dalla gara con lo Spezia e lasciato in panchina a riposare in vista di martedì.
Correa al posto del Toro, Sanchez eventuale sostituto, Dzeko a fianco del 19 e via di squilli sotto occhi e orecchi del pubblico capitolino 'nemico', ulteriormente inferocito dall'attacco titolare: l'ex da un lato, l'ex laziale dall'altro, il perfetto connubio per aizzare una sinfonia di fischi che hanno funto da colonna sonora per tutta la gara, fino a che il tabellino ha permesso. Ma per sfortuna dei padroni di casa, tempo e spazio per gli auspici hanno avuto durata breve e al primo quarto d'ora il solito, immancabile, oggi insostituibile, Hakan Calhanoglu ha modificato per primo le impostazioni audio della Sud, impostando un 'volume basso' che è andato a decrescere col passare dei minuti. Calcio d'angolo per i nerazzurri affidato al turco, tiro dalla bandierina ad effetto, rivedibile copertura difensiva giallorossa e uno spaventato Rui Patricio regalano a Mourinho la prima smorfia di dolore che poco serve a svegliare i suoi. Dopo il gol del vantaggio dei milanesi la musica non cambia, quantomeno quella sul manto verde, palcoscenico assoluto della signora in nerazzurro arrivata con quel famoso treno tanto discusso sui social nei giorni scorsi.
Dal Frecciarossa però l'Inter sembra non essere mai scesa: su e giù da una parte all'altra del campo con un solito, impareggiabile e imprescindibile Marcelo Brozovic che funge da macchinista di un treno che non accenna a decelerare, frantumando ogni scampolo di speranza ai capitolini, trascinati e travolti da una manovra che impone ancora una volta il silenzio soli nove minuti dopo la rete del vantaggio. Barocca trama inzaghiana incorniciata dal tocco pennellato del 20 nerazzurro che mette a disposizione del Cigno di Sarajevo, bombardato dalla rabbiosa gelosia dell'ex abbandonato, un pallone che finisce dritto in porta sotto gli occhi dell'ormai ghiacciato pubblico di Roma. Ma l'incubo dei giallorossi non è ancora finito e se il gol dell'ex è quasi sempre tristemente pronosticato e quello di Calhanoglu ad oggi non fa più stupore, a rendere tutto meravigliosamente magico contro 'a magica è il gol di Dumfries.
L'olandese, tanto criticato fino a qualche giorno fa, massacrato qui e lì sui vari social come spesso accade dopo qualche prestazione non al top, zittisce tutti e in gran stile. Tuffo di testa con tutta la forza, la grinta e la voglia di riscatto finora trattenuta tra i denti, l'esterno interista incorna Rui Patricio e la Roma, ormai stritolata nella morsa di un Biscione sempre più forsennato e affamato. "L'Inter è molto più forte di noi in condizioni normali, e ora che non sono in una condizione normale lo sono molto ma molto di più" dice Mourinho ai microfoni di Dazn dopo la partita, dove augura le migliori fortune per martedì contro il Real Madrid. Sconsolato, abbattuto ma soprattutto battuto, il buon vecchio Special One di cui non si dimenticano i nerazzurri, pronti ad omaggiarlo anche in questo caso con tanto di striscione.
Dedica che commuove di certo il portoghese, mai emotivamente lontano dalla sua vecchia e amata Inter, ma striscione fa rima con Biscione, lo stesso che per l'appunto ieri lo ha stritolato tra i sonagli di un treno che non ha mai smesso di correre e di far perdere ogni senso d'orientamento ai suoi giocatori, finiti col divertirsi meno di quanto abbiano fatto gli interisti, come ammesso con tanto di sorriso da Denzel Dumfries a fine gara prima di salire ancora una volta su un altro treno... Con direzione Milano. E che con buona pace di Trenitalia, dei romani e dei pubblicitari oggi no, non è per niente la cosa più bella della Capitale. Oggi ma neanche e soprattutto ieri, quando sotto il cielo dell'Olimpico, la cosa più bella di Roma è stata il treno... Inter.
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