Erano gli albori dell’era Suning, della famiglia Zhang che timidamente prendeva confidenza con il mondo del calcio italiano, con Steven che, per sua stessa ammissione avvenuta qualche anno più tardi davanti ad un folto gruppo di studenti, prima di arrivare al timone dell’Inter non aveva mai visto una partita di calcio in vita sua. La voglia di presentarsi alla platea nerazzurra con un nome importante, e allora, ancora poco avvezzo a muoversi nel tentacolare mondo del pallone europeo, lontano anni luce da quello cinese per mentalità e modus operandi prima ancora che per questioni tecniche, decide di affidarsi ad un consultore, un’eminenza grigia, un mentore che possa aiutarli. E tra tanti nomi, spunta quello di un giovane centrocampista tra i giocatori più importanti della Nazionale portoghese che in quelle settimane andava a conquistare il titolo europeo in Francia, in un torneo dove disputa tutte le partite da titolare inamovibile. Mette la mano sul fuoco Kia Joorabchian, ma alla fine chi si scotterà saranno gli altri.
Trattativa lunga e complessa, quella condotta dai nerazzurri con lo Sporting Lisbona; ma questo non dovrebbe certo stupire più nessuno quando si parla di Inter, soprattutto di quella Inter che passava probabilmente l’estate più travagliata della storia recente, tra malumori continui, una preparazione che non c’è mai stata, partite di preparazione con annesse figuracce imperdonabili anche per una partita di calcio estivo, fino alla decisione di Roberto Mancini di abbandonare la barca e di passare la patata bollente nelle mani di Frank de Boer che finirà col bruciarsi immediatamente. Ma in quella serata del 27 agosto 2016, tutti sembrano felici: di sicuro lo è il club portoghese, che annuncia tra squilli di tromba e cotillons la cessione più remunerativa della propria storia, mentre l’Inter mette agli archivi quella che all’epoca era la seconda operazione di mercato in entrata più dispendiosa di sempre dopo quella di Bobo Vieri. João Mário Naval da Costa Eduardo, per tutti Joao Mario, arriva in Italia con l’ingrato compito di giustificare cotanto esborso economico. Tra l'altro, nemmeno troppo avallato dalla dirigenza interista che nutriva dei dubbi sul giocatore, condivisi anche dallo stesso Mancini che lo riteneva un clone tecnico di Marcelo Brozovic, e in questa trattativa è stata nella sostanza messa da parte.
Eppure, le prime apparizioni non sono nemmeno così malvagie, pur affondando il portoghese nell’annata che passa dall’imbarazzante all’atroce della squadra nerazzurra, incapace di trovare un metro di rotta tranquilla pur cedendo il timone a ben tre allenatori, da De Boer a Stefano Pioli passando per le due parentesi di Stefano Vecchi e per serate da film dell’orrore soprattutto nell’oscena campagna di Europa League, figlia anche e soprattutto di una costruzione della rosa ferocemente condizionata dalle restrizioni cervellotiche dettate dal settlement agreement. L’anno dopo, con Luciano Spalletti, deve essere quello del risorgimento nerazzurro e in effetti lo è, seppur suggellato solo in un finale di campionato al cardiopalma con la Lazio. Ma in questo primo capitolo della nuova era, Joao Mario scrive una pagina marginale: poche presenze, poco feeling con il tecnico, un gol divorato nel derby di Coppa Italia che grida vendetta ancora oggi, fino al prestito a gennaio al West Ham. Con un copione senza troppi sconvolgimenti: discreto avvio, poi lento declino condito anche da qualche mugugno esternato alla stampa nei confronti del club nerazzurro e del calcio italiano, fino all’oblio e al mancato riscatto.
Estate 2018, questa volta nessuno si ‘accolla’ il portoghese, che rimane in rosa pur senza essere inserito nella lista Champions e restando quasi separato in casa per mesi. Poi capita che giochi una gran partita contro il Genoa e sembra l’inizio della rivoluzione, anche perché a quella performance riesce a dare un minimo di continuità nelle successive partite. Ma è un fuoco di paglia: passano poche settimane, si ricasca sulla casella 58 di un lungo e frustrante gioco dell’oca e si ritorna al via. Un anno senza infamia e senza lode in Russia alla Lokomotiv Mosca non è che un momentaneo palliativo, in estate si torna a fare i conti con un giocatore che all’Inter pare non avere proprio spazio e soprattutto nessuno vuole prendersi con tutti gli onori e gli oneri del caso. Joao Mario pare aver raggiunto ormai livelli di svalutazione tecnica/economica da bolivar del Venezuela e per i tifosi è costante fumo acre negli occhi, per trovare un’ancora di salvezza bisogna rivolgersi al club di casa che lo riaccoglie dopo quattro anni. E dove sembra trovare la sua dimensione ideale: allo Sporting Lisbona, il ragazzo ritrova la giusta solidità e la giusta verve, dà una mano importante alla conquista del titolo portoghese che in casa biancoverde mancava dal 2002, e convince tutti sull’eventualità di operare il fatidico riscatto del cartellino.
Solo che, purtroppo, accade che con l’avvicinarsi dell’estate, lo Sporting pensa di operare una strategia tutta sua: ritenendosi magari forte, oltre che dell’ultimo anno di contratto coi nerazzurri, del fatto che l’Inter necessità non solo di liberarsi degli esuberi ma anche e soprattutto di trovare liquidità, la Sad leonina comincia ad operare una serie di escamotage e giochetti al ribasso, provando a trattare su una base nettamente inferiore a quella pattuita inizialmente, comportamento irritante se si pensa a come ha tirato la corda fino all’ultimo centesimo quando si è trattato di venderla. E si tira in ballo anche una presunta clausola che prevedrebbe il pagamento di una salatissima penale nel caso in cui l’Inter decidesse di vendere il giocatore ad un club portoghese rivale dello Sporting. Ma, la storia del calciomercato lo insegna, non bisogna mai stuzzicare troppo una vecchia volpe come Beppe Marotta. Che non solo non cede a questi giochetti, ma è capace anche di tirarti fuori la mandrakata, il colpo che più potrebbe far male ad un tifoso dei Leoes: vedere un’Aquila sbucare dal nulla e afferrargli da sotto il naso l’ambita preda.
Accade così che, in un torrido pomeriggio milanese, ecco fare ritorno nella città che lo ha visto grande protagonista in campo Manuel Rui Costa. Ma questa non nelle vesti di ex grande stella del Milan, ma di direttore sportivo del Benfica, il club della Aquile di Lisbona. Rui Costa che arriva nel capoluogo lombardo insieme all’agente Federico Pastorello con il chiaro intento di portare in biancorosso, nel Da Luz casa dei sempiterni rivali dello Sporting, uno che dello Sporting è un figlio essendo cresciuto nel vivaio del club biancoverde. Nel momento in cui scriviamo, non è dato sapere se tutto è andato per il verso giusto, ma le sensazioni sono altamente positive: Joao Mario pare destinato a giocare la prossima stagione con la maglia del Benfica, con auspicato brindisi finale per Marotta e per Rui Costa e per un giocatore che forse per l’Italia non è stato solo vittima di sfortuna, come un suo ex allenatore ha dichiarato, ma è risultato semplicemente poco adatto. Il tutto col sapore di un bel pan per focaccia reso a chi ha voluto scherzare un po’ troppo col fuoco.
Nel caso, brinderebbe di mano Steven Zhang, che finalmente può finire di pagare quel pesante scotto al suo noviziato calcistico che ha visto in Joao Mario e soprattutto in Gabriel Barbosa le principali colpe da ‘espiare’; ma sciaguratamente, il momento capita proprio quando il numero uno nerazzurro e il suo gruppo sono alle prese con grane decisamente più pesanti. E il fatto che proprio ieri si sia consumato ufficialmente l’addio a quello che invece è stato uno dei colpi più brillanti della sua gestione, quell’Achraf Hakimi che dopo un anno si è accomodato sul lussuoso yacht del Psg di Leonardo e Mauricio Pochettino, fa suonare il tutto come un’ulteriore beffa di un destino fin troppo malevolo.
Trattativa lunga e complessa, quella condotta dai nerazzurri con lo Sporting Lisbona; ma questo non dovrebbe certo stupire più nessuno quando si parla di Inter, soprattutto di quella Inter che passava probabilmente l’estate più travagliata della storia recente, tra malumori continui, una preparazione che non c’è mai stata, partite di preparazione con annesse figuracce imperdonabili anche per una partita di calcio estivo, fino alla decisione di Roberto Mancini di abbandonare la barca e di passare la patata bollente nelle mani di Frank de Boer che finirà col bruciarsi immediatamente. Ma in quella serata del 27 agosto 2016, tutti sembrano felici: di sicuro lo è il club portoghese, che annuncia tra squilli di tromba e cotillons la cessione più remunerativa della propria storia, mentre l’Inter mette agli archivi quella che all’epoca era la seconda operazione di mercato in entrata più dispendiosa di sempre dopo quella di Bobo Vieri. João Mário Naval da Costa Eduardo, per tutti Joao Mario, arriva in Italia con l’ingrato compito di giustificare cotanto esborso economico. Tra l'altro, nemmeno troppo avallato dalla dirigenza interista che nutriva dei dubbi sul giocatore, condivisi anche dallo stesso Mancini che lo riteneva un clone tecnico di Marcelo Brozovic, e in questa trattativa è stata nella sostanza messa da parte.
Eppure, le prime apparizioni non sono nemmeno così malvagie, pur affondando il portoghese nell’annata che passa dall’imbarazzante all’atroce della squadra nerazzurra, incapace di trovare un metro di rotta tranquilla pur cedendo il timone a ben tre allenatori, da De Boer a Stefano Pioli passando per le due parentesi di Stefano Vecchi e per serate da film dell’orrore soprattutto nell’oscena campagna di Europa League, figlia anche e soprattutto di una costruzione della rosa ferocemente condizionata dalle restrizioni cervellotiche dettate dal settlement agreement. L’anno dopo, con Luciano Spalletti, deve essere quello del risorgimento nerazzurro e in effetti lo è, seppur suggellato solo in un finale di campionato al cardiopalma con la Lazio. Ma in questo primo capitolo della nuova era, Joao Mario scrive una pagina marginale: poche presenze, poco feeling con il tecnico, un gol divorato nel derby di Coppa Italia che grida vendetta ancora oggi, fino al prestito a gennaio al West Ham. Con un copione senza troppi sconvolgimenti: discreto avvio, poi lento declino condito anche da qualche mugugno esternato alla stampa nei confronti del club nerazzurro e del calcio italiano, fino all’oblio e al mancato riscatto.
Estate 2018, questa volta nessuno si ‘accolla’ il portoghese, che rimane in rosa pur senza essere inserito nella lista Champions e restando quasi separato in casa per mesi. Poi capita che giochi una gran partita contro il Genoa e sembra l’inizio della rivoluzione, anche perché a quella performance riesce a dare un minimo di continuità nelle successive partite. Ma è un fuoco di paglia: passano poche settimane, si ricasca sulla casella 58 di un lungo e frustrante gioco dell’oca e si ritorna al via. Un anno senza infamia e senza lode in Russia alla Lokomotiv Mosca non è che un momentaneo palliativo, in estate si torna a fare i conti con un giocatore che all’Inter pare non avere proprio spazio e soprattutto nessuno vuole prendersi con tutti gli onori e gli oneri del caso. Joao Mario pare aver raggiunto ormai livelli di svalutazione tecnica/economica da bolivar del Venezuela e per i tifosi è costante fumo acre negli occhi, per trovare un’ancora di salvezza bisogna rivolgersi al club di casa che lo riaccoglie dopo quattro anni. E dove sembra trovare la sua dimensione ideale: allo Sporting Lisbona, il ragazzo ritrova la giusta solidità e la giusta verve, dà una mano importante alla conquista del titolo portoghese che in casa biancoverde mancava dal 2002, e convince tutti sull’eventualità di operare il fatidico riscatto del cartellino.
Solo che, purtroppo, accade che con l’avvicinarsi dell’estate, lo Sporting pensa di operare una strategia tutta sua: ritenendosi magari forte, oltre che dell’ultimo anno di contratto coi nerazzurri, del fatto che l’Inter necessità non solo di liberarsi degli esuberi ma anche e soprattutto di trovare liquidità, la Sad leonina comincia ad operare una serie di escamotage e giochetti al ribasso, provando a trattare su una base nettamente inferiore a quella pattuita inizialmente, comportamento irritante se si pensa a come ha tirato la corda fino all’ultimo centesimo quando si è trattato di venderla. E si tira in ballo anche una presunta clausola che prevedrebbe il pagamento di una salatissima penale nel caso in cui l’Inter decidesse di vendere il giocatore ad un club portoghese rivale dello Sporting. Ma, la storia del calciomercato lo insegna, non bisogna mai stuzzicare troppo una vecchia volpe come Beppe Marotta. Che non solo non cede a questi giochetti, ma è capace anche di tirarti fuori la mandrakata, il colpo che più potrebbe far male ad un tifoso dei Leoes: vedere un’Aquila sbucare dal nulla e afferrargli da sotto il naso l’ambita preda.
Accade così che, in un torrido pomeriggio milanese, ecco fare ritorno nella città che lo ha visto grande protagonista in campo Manuel Rui Costa. Ma questa non nelle vesti di ex grande stella del Milan, ma di direttore sportivo del Benfica, il club della Aquile di Lisbona. Rui Costa che arriva nel capoluogo lombardo insieme all’agente Federico Pastorello con il chiaro intento di portare in biancorosso, nel Da Luz casa dei sempiterni rivali dello Sporting, uno che dello Sporting è un figlio essendo cresciuto nel vivaio del club biancoverde. Nel momento in cui scriviamo, non è dato sapere se tutto è andato per il verso giusto, ma le sensazioni sono altamente positive: Joao Mario pare destinato a giocare la prossima stagione con la maglia del Benfica, con auspicato brindisi finale per Marotta e per Rui Costa e per un giocatore che forse per l’Italia non è stato solo vittima di sfortuna, come un suo ex allenatore ha dichiarato, ma è risultato semplicemente poco adatto. Il tutto col sapore di un bel pan per focaccia reso a chi ha voluto scherzare un po’ troppo col fuoco.
Nel caso, brinderebbe di mano Steven Zhang, che finalmente può finire di pagare quel pesante scotto al suo noviziato calcistico che ha visto in Joao Mario e soprattutto in Gabriel Barbosa le principali colpe da ‘espiare’; ma sciaguratamente, il momento capita proprio quando il numero uno nerazzurro e il suo gruppo sono alle prese con grane decisamente più pesanti. E il fatto che proprio ieri si sia consumato ufficialmente l’addio a quello che invece è stato uno dei colpi più brillanti della sua gestione, quell’Achraf Hakimi che dopo un anno si è accomodato sul lussuoso yacht del Psg di Leonardo e Mauricio Pochettino, fa suonare il tutto come un’ulteriore beffa di un destino fin troppo malevolo.
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