In esclusiva alla Gazzetta dello Sport, Jeison Murillo si conferma ben più maturo dei suoi 23 anni. "Sì, credo di essere più maturo dei miei 23 anni, sono il sesto di sei figli e nel crescere dentro una famiglia splendida secondo una vita umile si capiscono molte cose. E forse ci si sviluppa prima", dice il centrale colombiano arrivato in estate dal Granada.

Lei però, in campo, si trasforma davvero. 
"Sì sì. Perché quando sei dentro alla battaglia la tua cabeza, la testa, cambia. E lì divento un guerriero: bisogna lottare, guadagnarsi ogni cosa. Detto questo, sono poi sempre un chico, un ragazzo che ama vivere bene, molto e con semplicità". 

La serie A è un Inferno o un Paradiso? 
"Ovvio: un Paradiso. E’ il campionato nel quale tutti prima o poi vogliono arrivare. Se lo pensavo così? Lo sognavo, ecco. La squadretta del mio quartiere si chiamava Andresanin e divenne partner del progetto Inter Campus, quello che porta il calcio e aiuti ai bambini nel mondo. Bene, un giorno arrivarono portando un mare di regali nerazzurri: maglie, palloni, scarpe, anche foto autografate. Io volevo quella di Ivan Ramiro Cordoba: era l’idolo della mia mamma, e di tutti in Colombia. Ricordo che regalavano maglie a maniche lunghe e faceva caldo: ecco, io quella maglia la indossavo da mattina a sera, fino alla sfinimento, sudando all’infinito".

Quando dicono che l’Inter gioca male cosa pensa? 
"Penso al primo posto. Penso che sia importante capire le cose che non vanno bene, migliorare sempre, acchiappare il momento e anche il risultato. Nel calcio, alla fine, conta quello". 

Sta contando, e pesando molto, la perfetta connection con Miranda. Come ci siete riusciti in sei mesi? 
"Ci troviamo come fossimo insieme da sempre. I motivi? Veniamo dallo stesso campionato, da due squadre robuste e forti, c’è esperienza anche tattica, collaborazione, comunicazione, semplicemente ci capiamo al volo".

Ecco: quanto parlate fra voi due e Handanovic? 
"Molto. E Samir ci urla le cose in italiano".

Miranda fuori pare timidissimo. 
"E’ vero, ma in campo anche lui cambia testa: gioca senza paura di nulla, da leader".

E la forza di Mancini? 
"Dà tranquillità, sa guidare la squadra e va seguito: l’esperienza che ha è una garanzia in ogni senso".

Ed è garantito che lei resterà all’Inter? Secondo alcuni rumors, prima il Real Madrid poi anche il Barcellona e il Liverpool si sono interessati a lei. 
"E’ bello che si dicano certe cose. Com’è quella citazione? Nel bene o nel male, basta che se ne parli. Ma io sono un professionista e rispetto la mia camiseta, la maglia che indosso. Fino all’ultima goccia di sudore". 

Si parla di lei come nuovo Samuel: era soprannominato Il Muro, mentre Murillo lo chiamano La Muralla. Ci siamo... 
"E’ un grande piacere sentirmi accostato a giocatori di valore, come lui o Cordoba. Ma è il momento di essere... Murillo". 

Scudetto è una parola bellissima ma da non pronunciare? 
"Pronunciare la parola scudetto all’Inter non è un pensiero: è un dovere". 

A volte, nel vostro lavoro, capita di essere espulsi. 
"Tutti sbagliamo, ma il mio rosso di Palermo proprio non lo capii. E ci rimasi male perché non era fallo. Comunque è passata, come la sconfitta con la Lazio: andiamo oltre".

Nel futuro, quale regola farebbe cambiare nel calcio? 
"Non da difensore ma da giocatore: mi pare che gli arbitri fischino troppo. Uno sfiora col dito un altro, questo si butta per terra e fischiano. Mi pare eccessivo". 
 

Sezione: Copertina / Data: Sab 02 gennaio 2016 alle 08:45 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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