“Perché per noi niente è mai normale, né sconfitta né vittoria…”. Mai come in questa circostanza, seppur in un’annata dove ogni cosa che riguardi l’Inter affondi robuste radici nell’arte del paradosso, le parole dell’inno tanto amato dai tifosi nerazzurri suonano tanto beffarde quanto esatte. Perché mai come ieri sera, la vittoria contro la Fiorentina è stata tutto fuorché normale. Perché in novantacinque minuti è stata condensata, ancora una volta, tutta la schizofrenia di una squadra che quando si rende conto delle enormi potenzialità da tanti decantate e che in fin dei conti ci sono pure, perché il calcio raramente si presta alle indicazioni dei visionari, è capace di creare azioni spumeggianti e di regalare momenti ad alto tasso di spettacolo. Ma se anche solo per un attimo stacca la spina, allora ecco i nerazzurri tornare nel vortice delle insicurezze e delle paure.

ANDAVAMO SU, ANDAVAMO GIU’ – La sintesi di questi alti e bassi dell’encefalogramma nerazzurro sono forse stati sintetizzati bene dal primo tempo della sfida di ieri sera contro la Fiorentina. Una Fiorentina che scende in campo dopo una settimana non particolarmente facile e che dopo tre minuti si ritrova già a dover inseguire grazie alla bella e potente conclusione di Marcelo Brozovic  su zampino maligno di Mauro Icardi. E che addirittura dopo dieci minuti si ritrova sotto un camion per via del raddoppio di Antonio Candreva. C’erano insomma tutti i presupposti per vivere una serata tranquilla ed entusiasmante, e la gemma di Mauro Icardi che pianta in asso Gonzalo Rodriguez con uno scatto repentino e costringe Ciprian Tatarusanu a raccogliere la palla da dentro il sacco per la terza volta è un ulteriore apostrofo rosa (non accadeva dal 1989-90 di vedere tre gol in 20 minuti segnati dall’Inter, dalla sfida col Bologna decisa dai gol di Lothar Matthäus e Jurgen Klinsmann, pensate voi…). Tutto sembra apparecchiato per la festa… Ma poi ti ricordi che stiamo parlando dell’Inter, specie dell’Inter 2016-2017, e allora ecco accadere l’imponderabile: la Fiorentina non fa l’errore di perdere la testa e anzi comincia a prendere coraggio, trova il primo gol (difesa maluccio), non si disunisce nemmeno quando perde Rodriguez per un alquanto opinabile rosso diretto di Damato per fallo su Icardi lanciato in area (ma la prova del direttore di gara pugliese è stata decisamente disastrosa lungo tutto l’arco dell’incontro). E anzi, disputa una gran bella ripresa mentre l’Inter cade nuovamente nel solito tranello: tilt sul piano mentale e fisico, fianco prestato fin troppo volentieri agli arrembaggi avversari.

CHI HA UNO XANAX? – E arrivati all’ennesimo capitolo di una saga che appare interminabile, viene naturale chiedersi una sola cosa: perché? Perché l’Inter deve puntualmente autoinfliggersi questi patemi d’animo rischiando di veder sfuggire via una vittoria che sembrava addirittura conquistata in ciabatte? Nessuno, a quanto pare, sembra trovare a parole la causa di questo male oscuro in casa nerazzurra. Senza nulla togliere alla ripresa tutta lancia in resta della formazione gigliata, che controlla il gioco come ammesso candidamente anche da Ivan Perisic ma forse, al di là del gol di Josip Ilicic arrivato anche per gentile concessione del suo connazionale Samir Handanovic, avrebbe dovuto cercare con maggiore convinzione la porta avversaria per poter pensare di meritare effettivamente di più, rimane da decifrare questo nuovo corto circuito dell’Inter. Che fa troppo in fretta a perdere l’estro, ma anche la compattezza dei reparti e la sicurezza dei propri mezzi. Anche quelle occasioni mancate in maniera clamorosa da Ivan Perisic, Ever Banega piuttosto che da Joao Mario, prima che Mauro Icardi trovasse il suggello liberatorio, più che rabbia o grinta hanno testimoniato quell’ansia da prestazione, quella voglia di chiudere ad ogni costo la pratica e di togliersi di dosso, magari più con la pancia che con la testa, l’ennesima scimmia che da troppo tempo mette nella morsa il gruppo di Pioli. Un’Inter, insomma, come un paziente ancora convalescente. E che deve inserire nelle proprie cure anche una dose di tranquillanti…

IL MARTELLO – Ha passato poco tempo da tecnico dell’Inter, Stefano Pioli, eppure pare aver preso a cuore la causa. E ci tiene molto, ci tiene al punto da dannarsi l’anima per gli errori, esultare, arrabbiarsi, tenere tutti sempre sulla corda. E ci tiene in particolare ad una cosa: ad esserci. Ad accompagnare il gruppo in ogni circostanza, anche nelle fasi del riscaldamento pre-partita o all’interno dello spogliatoio prima dell’ingresso in campo. Sempre lì, sempre a dare indicazioni, a spronare il gruppo, a rimarcare ogni mossa. Il lavoro da fare è ancora molto, ma i primi segnali positivi si sono comunque visti, anche perché, nei momenti ‘up’, l’Inter riesce ad esprimere ancora meglio quell’idea di gioco che a inizio stagione sembrava in fase di abbozzo. Se e quanto durerà la sua cura, la storia recente dell’Inter insegna che è impossibile da pronosticare…

SENZA TREGUA – L’avvio di Pioli all’Inter è stato piuttosto promettente, se accantoniamo la serataccia israeliana. E al netto, ovviamente, di attacchi di panico e follie varie. Ma già venerdì, contro un Napoli presumibilmente arrabbiato per la vittoria sfuggita col Sassuolo, bisognerà dare un ulteriore segnale di ripresa perché di punti per continuare a pensare al terzo posto non se ne possono perdere più. Possibilmente, col minore cardiopalma possibile. Anche se stiamo parlando di Inter.

Sezione: Copertina / Data: Mar 29 novembre 2016 alle 08:15
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
vedi letture
Print