Lasciando vino e ammazzacaffè in dispensa, è possibile provare ad analizzare quanto stia accadendo all'Inter in questa fase in cui nelle ultime 8 partite è arrivata solo una vittoria, contro un malconcio Genoa, senza neanche entusiasmare. Ormai il canovaccio prosegue da tempo, dopo lo show offensivo contro Fiorentina e Benevento. La ricerca del controllo della gara è di per sé cosa buona e giusta, ma spinta oltre certi limiti porta a una ripetitività stressata, senza guizzi, facilmente controllabile dall'avversario di turno. Il possesso palla permette sì all'Inter di non subire, ed è ottimo quando di fronte hai Real Madrid o Atalanta, contro cui tendenzialmente rischi di soffrire la partita. In tal senso, la squadra ha senza dubbio fatto un passo in avanti in termini di personalità, perché al netto di risultati non entusiasmanti non c'è stato opponente che l'abbia mai messa sotto tra campionato e Champions League. Ma il controllo dei ritmi non necessariamente produce dividendi se alla lunga non si concretizza, come ormai avviene sistematicamente. Anche perché se l'atteggiamento può essere giusto, la scarsa lucidità sotto porta o nei movimenti difensivi, allegati a un periodo in cui gli episodi girano contro, rovinano quanto di buono mostrato. E il piatto (i risultati) piange.

Il cambio di filosofia di Antonio Conte è legittimo, dopo tutto una grande squadra deve comandare o provare a farlo contro chiunque. Rispetto alla scorsa stagione in campo c'è più ragionamento e meno aggressività. Non mancanza di furore (il vino è sempre in dispensa), quello abbonda e lo si vede dalla grinta con cui i nerazzurri vanno a recuperare il pallone. Manca piuttosto l'aggressione verticale degli spazi che vengono concessi. Pochi a onor del vero contro le piccole che si barricano dietro, molti contro avversari come i già citati Real Madrid e Atalanta, che di norma amano costruire più che distruggere il gioco. In parole più semplici: Conte sembra aver scelto di modificare la propria filosofia calcistica troppo 'assaltatrice', per un giropalla conservativo che a tratti si rivela lento e prevedibile (con calciatori che cercano di rispettare all'estremo ogni tipo di consegna, con poco spazio all'inventiva), senza i famosi strappi ammirati fino ad agosto anche in campo europeo. Meno verticalità, più attesa del pertugio giusto cercato e a volte creato tramite il possesso. Nulla di condannabile, certo, ma la domanda sorge spontanea: rosa alla mano, l'Inter ha nelle proprie corde questo tipo di interpretazione del gioco? Servono movimento costante e piedi buoni, oltre che rapidità di pensiero, eppure anche solo dando un'occhiata al centrocampo si nota una presenza massiccia di calciatori più avvezzi agli strappi che ai 'torelli'. E l'unico che avrebbe questo genere di qualità, Christian Eriksen, viene tendenzialmente accantonato o fatica a inserirsi in un contesto diverso dalle proprie abitudini. Un controsenso, insomma, perché per il calcio che ha in mente Conte servirebbero più Eriksen e meno Vidal, giusto per citare due nomi importanti della mediana. Discorso che si può anche spostare su altri reparti: per giocare con 40 metri di campo alle spalle, con un baricentro alto, servono difensori rapidi nelle coperture e consapevoli di potersi trovare a giocare uno contro uno contro avversari più veloci (vedi Gervinho). Invece, il pacchetto arretrato è più votato per propria natura al posizionamento che alla rapida transizione difensiva. Anche sugli esterni non risultano piedi 'brasiliani', per quanto Achraf Hakimi sia ben sopra la media dal punto di vista qualitativo. Eppure il principale colpo di mercato estivo potrebbe essere devastante in ripartenza rispetto ad aspettare fermo il pallone. Una scelta spesso imposta da avversari arroccati in difesa, ma supportata anche da un atteggiamento di padronanza del gioco che li invita ad attendere senza lasciare spazi. In soldoni: concedere ogni tanto il pallino alla squadra contendente potrebbe spingerla a sbilanciarsi, scatenando i contropiede di giocatori che non aspettano altro.

Al dettaglio sulla fisionomia della rosa va aggiunta una serie di difficoltà evidenti che Conte e il suo staff si sono trovati ad affrontare sin dall'inizio di questa complessa stagione. Partendo dal presupposto che l'Inter è stata l'ultima squadra italiana a concludere la stagione 2019/20, nella finale di Europa League purtroppo persa a Colonia contro il Siviglia, è un dato di fatto che i giocatori abbiano goduto di poche vacanze e non abbiano potuto staccare la spina come al solito, in un contesto sociale già di per sé stressante. E la pandemia in corso, entrata prepotentemente tra le mura del Suning Training Centre, ha gettato il carico: il tecnico si è così trovato (come altri colleghi, a onor del vero) a dover gestire un gruppo in quarantena, con l'ansia del possibile emergere di nuove positività da un giorno all'altro. Complicato, a dir poco, preparare bene le partite ogni tre giorni senza sapere quali giocatori sarebbero stati disponibili. Un limite tutt'ora presente, visto che solo due giorni fa anche Daniele Padelli è risultato positivo al virus e quindi ha imposto a tutto il gruppo nuovi controlli. Un fardello anche per i calciatori stessi, visto che è una questione di salute che può bloccarli e costringerli alla quarantena da un momento all'altro. Meno significativo ma allo stesso tempo limitativo, il caos Nazionali. Anche oggi l'Inter, come altri club, avrebbe fatto volentieri a meno di autorizzare la partenza dei giocatori convocati dalle rispettive selezioni, sia per evitare che si espongano al virus sia perché l'infortunio è sempre dietro l'angolo (si pensi al recidivo Alexis Sanchez, rientrato dal Cile con un problema muscolare che ancora lo frena). Mantenere il gruppo al completo ad Appiano Gentile permetterebbe anche ai calciatori acciaccati di recuperare con serenità (in molti ne avrebbero bisogno, a parte i lungodegenti Stefano Sensi e Matias Vecino), oltre allo staff tecnico di preparare le prossime partite e lavorare ancora sui difetti emersi finora, figli del cambio di filosofia e di errori individuali e collettivi costati gol e punti pesanti. Non è ancora chiaro se almeno una parte dei convocati potrà rimanere nella bolla della Pinetina, ad oggi, e lo sfogo di Beppe Marotta lo testimonia, c'è confusione da questo punto di vista. Ennesima situazione che toglie serenità all'ambiente e impedisce a Conte di proseguire il suo progetto.

Il settimo posto in campionato e l'ultimo in Champions League rappresentano un bilancio magro alla seconda sosta stagionale. Dal punto di vista tattico, pur mantenendo inalterato il 3-4-1-2 (con trequartisti adattati, soprattutto, si veda Nicolò Barella), l'obiettivo di Conte è comandare il gioco e instillare nella mente dei propri calciatori questo nuovo chip, in parte diverso dalla versione precedente 2019/20 e decisamente più ambizioso. Ad oggi l'upgrade è evidente, la squadra sta mostrando più padronanza e concede davvero poco anche ad avversari quotati. Ma i bug strutturali purtroppo non sono ancora stati risolti e, posto che la situazione è tutt'altro che irrecuperabile, bisogna perfezionare il chip prima possibile, consapevoli del fatto che il contesto in cui si continuerà a lavorare non sarà più agevole.

La rosa a disposizione di Conte è migliore rispetto alla precedente, probabilmente mantenendo lo stesso trend lasciato in dote dalla scorsa stagione i risultati sarebbero stati migliori. In altre parole, se Conte avesse badato al sodo, rispettando la propria storica filosofia calcistica e le inclinazioni dei propri giocatori, l'Inter avrebbe vinto qualche gara in più e non sarebbe costretta all'affannoso recupero né in campionato né in Champions. Ma il tecnico ha scelto di costruire qualcosa di diverso, convinto che una volta perfezionato durerà nel tempo e garantirà successi in futuro. Decisione nobile, ma in un contesto che ostacola ogni tentativo di sopraelevarsi calcisticamente. Non a caso, finora hanno faticato meno squadre con un assetto ben rodato o estremamente pragmatiche. Difficile, ad ogni modo, un passo indietro dell'allenatore salentino, che sicuramente sperava di raccogliere di più fino a questo momento e che i suoi giocatori dessero maggiori garanzie, senza abbassare di tanto in tanto il livello di guardia e pagare dazio sul rettangolo di gioco. Ma era uno scotto preventivabile in funzione di un progetto ambizioso. Se riuscirà finalmente a essere anche concreto, lo diranno i prossimi match fino alla sosta natalizia, nella speranza che gli ostacoli esterni non impediscano al gruppo di lavorare con continuità e senza ulteriori, deleterie interruzioni.

Sezione: Copertina / Data: Mar 10 novembre 2020 alle 11:24
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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