Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Marko Arnautovic è tornato brevemente anche sulla sua esperienza nell'Inter del Triplete.

Undici anni dopo l’Inter come e quanto è cresciuto?

"Ero un ragazzo: al Luna Park. La grande città, il grande contratto, i grandi campioni, tutto splendente. Ogni giorno ero felice di vedere i campioni al mio fianco ma per me era importante di più uscire, la vita fuori, le macchine: tutto fuorché il calcio. Bad boy? Non mi è mai interessato cosa si diceva... Solo dal sesto mese interista in poi ho cominciato a focalizzarmi sul football: dopo quel fatto di Abu Dhabi, in cui arrivai tardi, Mourinho mi fece capire un po’ di cose e mi misi a fare le cose seriamente. Ma nelle interviste non ho mai detto di aver vinto il Triplete: c’ero, ma in un 2%, come tifoso... In queste prime partite di Serie A, di quel 2010 ho visto Mou e Thiago Motta: uno dei migliori calciatori coi quali ho giocato, forse the best".

È tornato in Italia per chiudere quel cerchio?

"Sì. E non per rivincita. La mia nuova carriera è nata nello Stoke: ero focalizzato sul calcio. Come col West Ham. Periodo bellissimo in Inghilterra. Alla fine del quale mi sono chiesto: costo poco, sono in forma, ho fatto bene, ma perché nessun top club mi chiama? Sappia una cosa: quando qualcuno ti dice che non fa le cose per soldi non è così. È una bugia. Ma quando sei in campo ai soldi non ci pensi mai. Ricevetti proposte dalla Russia, dalla Turchia, dalla MLS: ne parlai con la famiglia e mio fratello procuratore. Dicemmo tutti no, insieme. Poi, arriva la Cina e decido di fare una nuova vita. Gente super, squadra super, Shanghai bellissima: era tutto pronto, un lavoro per mia moglie, la scuola per i figli. Poi arriva la pandemia e vivo due anni da solo. È stata dura. In estate mi sono detto: torno in Europa, voglio stare coi miei cari".

L’orologio che le regalò Mou?

"Ce l’ha la mia mamma".
Sezione: Rassegna / Data: Gio 09 dicembre 2021 alle 10:48
Autore: Alessandro Cavasinni
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