Tre nerazzurri uniti per dare un esempio di tolleranza e integrazione. Sono Sulley Muntari, Marco Materazzi e Paolo Orlandoni, che oggi appaiono in un'intervista al settimanale della Gazzetta dello Sport "SportWeek" insieme a un gruppo di bambini, i loro figli o amici di questi ultimi. I tre giocatori dell'Inter sostengono la campagna di Nike RED "Lace Up. Save lives", a sostegno della lotta all'Aids in Africa. E soprattutto, vogliono dare un messaggio ai bambini, al futuro del nostro mondo, per insegnare loro i valori del rispetto e della tolleranza per chi è definito spesso a sproposito "diverso". Diversità che può stare nel colore della pelle, come spiega Muntari: "Io non sono stato vittima di episodi di razzismo qui in Italia, ma so che per altri è diverso. Cos'è per me la tolleranza? Vedere insieme me, musulmano, e la mia compagna Menaye, cristiana. Entrambi crediamo in un solo Dio, e nessuno chiede all'altro di cambiare".

Ma la diversità spesso non sta solo nel fatto di avere la pelle diversa: Marco Materazzi, ad esempio, si definisce egli stesso un 'diverso', perché "non giudico le persone in base alle apparenze, senza conoscerle davvero. Quando presi 10mila Euro di multa per aver mostrato la maglietta ai tifosi del Milan, lo feci in risposta a otto anni di insulti dei tifosi rossoneri verso mia madre. Oggi lo sento meno, ma in compenso prendono di mira Balotelli. Perché? Perché è forte, perché incute timore, il razzismo centra al 50%. Anche se esistono posti dove chi è nero lo fanno davvero sentire diverso". Cos'è l'integrazione, per Matrix? "Vedere i miei figli giocare coi bimbi senegalesi. I Materazzi sono una famiglia normale, e io voglio che i miei figli si sentano tali".

Infine, Paolo Orlandoni parla insieme alla moglie Martina di sua figlia Emma, 5 anni, affetta da sindrome di Down: "Durante il parto, decisi di non sottopormi ad amniocentesi: questo significa accettare il bambino così come fosse arrivato. Anche se la notte dopo il parto, io e Paolo abbiamo parlato a lungo. Dovevamo chiarire i nostri sentimenti verso la piccola", spiega Martina. Paolo invece ha una preoccupazione: "Mi preoccupa il suo inserimento di tolleranza, perché l'Italia non è ancora educata all'accoglienza. Ma Emma ha noi e i suoi fratelli, che hanno capito che la diversità non si discrimina. E noi siamo fortunati ad avere lei, perché la sua dolcezza e l'amore che ci riserva sono unici" 

Sezione: News / Data: Sab 20 marzo 2010 alle 14:36 / Fonte: Sportweek
Autore: Christian Liotta
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