Alla vigilia di Inter-Barcellona il quotidiano spagnolo As ha intervistato un doppio ex, Luis Suarez, unico Pallone d'Oro nella storia del calcio spagnolo.

Che cos'è l'Inter per Suarez?
"Quando sono arrivato l'Inter era una squadra normale. Io venivo dal Barcellona, una squadra di livello europeo. Non sapevo cosa potesse accadere, ma più tardi siamo diventati una delle formazioni più forti del continente, in poco tempo. Essere stato parte di questo è molto importante per me. Non è che ho fatto tutto da solo, ma col mio arrivo il club iniziò a crescere. Soprattutto con la prima Coppa Campioni, vinta contro il Real che ne aveva vinte cinque di seguito. Quello ci diede la spinta definitiva".

Cosa ricorda del primo giorno a Milano? 
"Quattro giorni dopo l'arrivo l'Inter giocava a Catania l'ultima di campionato e il direttore generale mi invitò. Helenio Herrera mi aveva fatto una testa così per firmare. Mi diceva: 'Con te e con qualche altro con ci batte nessuno'. A Catania l'Inter ne prende tre. Faceva caldo e quel giorno al direttore generale dissi: 'Questi sono quelli che vinceranno tutto con me? Io torno a Barcellona'" (ride, ndr).

E arrivò la Grande Inter. 
"Tutti sapevano la formazione di quella squadra. Non faceva differenza se eri dell'Inter, del Milan, della Juve. Abbiamo vinto due volte di fila scudetto, Coppa Campioni e Intercontinentale. Al terzo anno arrivammo alla finale di Lisbona ma Jair era infortunato e perdemmo col Celtic. E poi a Mantova, quattro anni dopo. Ci bastava un pari ma ci riservarono un arbitraggio disastroso. Sarebbe stata l'apoteosi vincere tutto per tre anni di fila".

Che ricordo ha di Angelo Moratti? 
"Sembravamo tutti figli, parenti. Un ambiente molto familiare e questo aiutò. Non c'era invidia. Era una persona appassionata e generosa. Non ho mai visto una persona felice quanto lui dopo la prima Coppa Campioni"-

Perché non restò al Barcellona? 
"Io sarei rimasto volentieri ma accaddero delle cose e allora comandavano i club".

Dove tiene il Pallone d'Oro? 
"E' nel Museo del Barcellona. Da due anni. Ho pensato che a casa mia non ci avrei fatto nulla e che lì invece lo vedranno migliaia di persone al giorno".

Cosa pensa del Var?
"Prima mi sembrava una cosa buona. Ora ho dei dubbi perché non capisco se lo applicano sempre alla stessa maniera. I criteri vanno e vengono. Mi dà la sensazione che hanno dato ancora più potere agli arbitri. Prima lo avevano in campo e ora ci sono comunque loro dietro. In alcune cose è servito perché mi sembra che calmi i giocatori prima di protestare".

Come fu il suo ritiro? 
"Aveva 35 e Corso, che giocava con me, 29. Avevamo finito il campionato Terzi. Mi chiamò il presidente Fraizzoli e mi disse che secondo Heriberto Herrera l'anno dopo avrei giocato o io o Corso. Mi sorprese. Dissi: 'Se vuole dividere, divida. Ma se ascolterà l'allenatore è normale che andrò via io che ho 35 anni'. E me ne andai alla Sampdoria". 

Oggi la emoziona meno il Barcellona?
"Quest'anno non mi emoziona come quelli passati. Le dico anche che le migliori partite di quest'anno sono state quelle senza Messi, contro Inter e Real. La squadra si è unita di più, ha giocato a un buon ritmo e lavorato più del normale. Hanno fatto pochi errori rispetto alle altre gare. E' normale sia così: se non ti riescono le cose in una gara ti dici che essendoci lui prima o poi ne combina una. Però è un buon segnale il fatto che abbiano reagito così. Messi ha tolto più volte le castagne dal fuoco quest'anno".

Con che giocatori ha avuto più feeling?
"Due, Jair e Mazzola. Andavano nello spazio come dei leoni. Ci intendevamo con uno sguardo. Però Jair aveva davanti Garrincha in Nazionale...".

Per chi tifa in un Barcellona-Inter? 
"E' molto difficile. In questo caso con l'Inter perché ne ha più bisogno".

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Sezione: News / Data: Lun 05 novembre 2018 alle 11:29
Autore: Mattia Todisco
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