A distanza di 20 anni, la Gazzetta dello Sport ha intervistato Jean-Marc Bosman, il calciatore che ha cambiato per sempre la vita... dei calciatori. Ma in cambio, invece di riconoscenza e meriti, ha ricevuto ben altro. Lo ha spiegato lui stesso, non senza rammarico. "La Legge Bosman è nata per ridistribuire le ricchezze a tutti, specialmente ai più poveri, ma ora il guadagno è nelle mani di pochi. Penso al Paris Saint Germain, che è uno dei club più ricchi al mondo. Ho letto sui giornali che vorrebbe offrire 350 mila euro a settimana a Cristiano Ronaldo. Buon per lui, ma spero almeno sappia che quei soldi li deve in parte al mio sforzo. Era una legge positiva, se ne è fatto un uso distorto". 

In che senso? 
"La sentenza Bosman è nata per regalare felicità e diritti ai calciatori. Erano animali in gabbia, io li ho liberati. Penso quindi che la decisione della Corte di giustizia sia stata giusta. Purtroppo il calcio non è in salute, i giocatori guadagnano cifre astronomiche, i contratti non vengono rispettati. E spesso dietro ci sono società private, le cosiddette terze parti, che acquistano giocatori in mano ai manager. In qualche modo così si blocca la libera circolazione. A volte i giocatori sono ostaggi della burocrazia, a volte non sono pagati, è in questi casi che la Fifpro, il sindacato mondiale dei calciatori, deve intervenire per fare valere i contratti professionistici dei giocatori, vigilare e farli sentire tutelati. Il calcio è diventato solo business".

Ed ha perso la sua anima. Il prezzo da pagare alla libera circolazione dei giocatori non è stato troppo alto? 
"Beh, il calcio si è trasformato in una macchina. Basti solo pensare che adesso ogni giocatore ha il proprio preparatore atletico. Prima era uno sport più bello e conviviale, io stesso davo appuntamento ai giornalisti nello spogliatoio. Si parlava, si discuteva, si faceva colazione insieme. Ora i giocatori sono blindati, non hanno più tempo per fare nulla e si parla soltanto in conferenza stampa".

Quali sono le persone che l’hanno delusa di più in questi anni? 
"Molte, tra cui i miei avvocati. Meno male che mi dicevano che tutto sarebbe andato per il meglio... Invece si sono arricchiti alle mie spalle. Sono stato deluso poi da diversi club che mi hanno chiuso le porte in faccia e mi hanno minacciato. Dopo la sentenza non sono più riuscito a entrare nel mondo del calcio. Non mi invitano più nemmeno allo stadio. Forse chi mi ha deluso di più è stato il mio Paese, il Belgio, che ha fatto finta di non conoscermi. Se guardo alla nazionale belga, ora che è competitiva e con tanti giocatori che brillano nei campionati stranieri più importanti, penso che questi talenti siano in qualche modo miei “figli”. Non sono della mia generazione, ma sono i ragazzi di Bosman". 

Come trascorre le sue giornate? Come si mantiene? 
"Faccio interviste con i media di tutto il mondo. Per il resto ho un piccolo sussidio statale e mi arrangio. Vivo ancora nella mia vecchia casa ad Awans, ma penso di trasferirmi vicino a Liegi, dove sono cresciuto. Vorrei allenare i giovani calciatori ma in questi anni nessuna squadra ha pensato di darmi una possibilità. Nel frattempo, sto dando una mano alla Fifpro che ha denunciato alla Commissione europea le storture del sistema di trasferimenti della Fifa, dalla rottura unilaterale dei contratti da parte dei club all’invasione delle proprietà di terze parti". 

Che consiglio darebbe ai giovani? 
"Fate attenzione. Diffidate dei manager e delle società private che agiscono come terze parti nella proprietà dei cartellini. E vorrei aggiungere una cosa".

Prego. 
"Io ho agito per rendere felici i giovani, soprattutto. E vedere che sono stati i giovani le prime vittime degli attentati di Parigi mi ha colpito molto. Forse l’unica lotta che vale combattere è quella per raggiungere la pace nel mondo".

Sezione: News / Data: Ven 11 dicembre 2015 alle 13:53 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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