Era uno dei tanti, noiosi lunedì di ripresa lavorativa di tre anni fa, quando nella calma più piatta e nell'euforia che iniziava a travolgere i tifosi dell'Inter (gli arrivi di Ibrahimovic, Vieira, Maicon e la conquista della Supercoppa Italiana), il mondo del calcio si fermò. Giacinto Facchetti, dopo una lunga malattia che lo teneva fuori dalle vicende calcistiche, si è spento. Personalmente, ho un solo ricordo di quella tristissima giornata, la più buia della storia dell'Inter: c'era tanta confusione, forse non si riusciva bene a realizzare che, da quel giorno, non avremmo più visto il Gigante di Treviglio. Lacrime, tante lacrime, che non basteranno mai per riassumere il dolore che avvolse tutti noi cuori nerazzurri, ed amanti del calcio sano, in quel lunedì di settembre. Credevo, ed avevo ragione, che non ci sarebbe stata sensazione più brutta anche al solo pensiero di non poter più vede Giacinto sorridere, con quella sua gentilezza e semplicità, o magari intervenire in una discussione attuale ed infuocata con la sua pacatezza e la sua classe che nessuno potrà mai eguagliare.

Già, perchè Giacinto era, è e per sempre sarà il simbolo di cosa vuol dire essere interista dentro: saper ironizzare nel momento più difficile, saper mantenere lo stile e l'equilibrio nel momento di gioia, saper mandare un'occhiata quando c'è qualcuno che ne ha bisogno. "E' dallo stile e dall'eleganza del cuore che si riconoscono gli interisti: noi siamo Giacinto Facchetti": questa frase di Luigi Garlando riportata sul suo libro 'Ora sei una stella', riassume perfettamente l'idea che sto cercando di rendervi. E' il modo di comportarsi, sempre fine e mai volgare, è l'occhio lucido dopo una semplice rete, è il cuore che batte quando vedi la Beneamata lottare sul campo: essere interisti non è da tutti, ma Giacinto lo era più di chiunque altro. Tre anni fa abbiamo perso una bandiera, un vero e proprio ambasciatore dell'Inter nel mondo, una figura pulita che, in un calcio sempre più malato, diventa unica e motivo d'orgoglio. Chiunque ama il calcio sano, ma in particolare i veri tifosi nerazzurri, avvertono la mancanza di Giacinto. Anche chi lo ha conosciuto per poco tempo, come Estebàn Cambiasso o Dejan Stankovic, si è legato in maniera indissolubile alla sua figura: l'argentino ha festeggiato gli ultimi trionfi sempre con la maglia numero 3 del Cipe addosso, un segnale che si è voluto mandare ad un gentiluomo che, indubbiamente, ci starà guardando da lassù.

Sono passati tre anni, questa Inter ormai è diventata una lepre da inseguire per chiunque, i tanti trionfi che arrivano avrebbero reso Giacinto fiero ed orgoglioso, peccato che non li abbia potuti ammirare da vicino, come faceva abitualmente. Sono passati tre anni ma non ci siamo mai dimenticati di Giacinto. Sentire la Curva intonare un coro nel quale rimbalza quel nome ci fa ancora battere il cuore, rende Facchetti immortale, sempre presente al seguito della squadra e di chi la sostiene. Si, Giacinto è sempre con noi, è sempre e comunque parte della nostra vita di tutti i giorni, perchè se così non fosse, sarebbe tutto tragicamente drammatico. Non potremo mai salutarlo con la sua classe, la sua gentilezza, la sua semplicità che lo rendeva unico, ma noi tifosi interisti vogliamo ricordarlo così: il nostro simbolo, la nostra bandiera, il nostro vero Capitano di ogni età, di ogni generazione.

Perchè, d'altronde, si sa: chi ama non dimentica.

Sezione: In Primo Piano / Data: Ven 04 settembre 2009 alle 09:12
Autore: Fabrizio Romano
vedi letture
Print