A tutto Saphir Taider. Il centrocampista franco-algerino si concede a Drive Inter, ai microfoni di Nagaja Beccalossi. Occasione per conoscere meglio il neo-nerazzurro, forte in campo e anche fuori.
Che musica ti piace?
"Sì, mi piace la musica francese e anche il rap americano. Ascolto tutto perché porta nel mio mondo, prima delle partite sto concentrato e sto bene".
Quando arrivi allo stadio parli con i compagni o ascolti la musica?
"Entrambe, la musica mi accompagna tanto".
Che bambino era Taider?
"Ero bravo e anche furbo, a scuola facevo sempre il furbo. Facevo delle cazzate ma non mi facevo mai beccare. I miei genitori invece mi conoscevano, ma mi dicevano che l'importante era non farmi beccare...".
Chi ti ha portato a giocare a calcio per la prima volta?
"Mio fratello, e me la ricordo sempre. Avevo 5 anni. Ho tre fratelli più grandi e uno più piccolo. Uno gioca anche a Parma. Ho sempre guardato mio fratello, in tv e allo stadio. Ho sempre sognato di essere come lui, e andando avanti lavorando ci sono riuscito".
Chi ti ha portato in Italia?
"Nessuno. Avevo altre opportunità importanti oltre al Bologna, ma volevo crescere velocemente. Il campionato italiano è sempre stato un grande campionato con tanti campioni, ho colto al volo l'occasione anche perché ero fiducioso di fare bene".
A Bologna ti sei trovato bene? E' una bella città
"Sì, è una bellissima città. Giocavo a calcio e tornavo a casa, ogni tanto veniva la mia famiglia. Lontano da tutto, avevo soltanto il calcio in testa. E' stato quello che mi ha aiutato, io rimango contento".
E quando non giocavi cosa facevi?
"Playstation, shopping, andavo a mangiare fuori. Solite cose. A Bologna prendevo sempre la pasta. Al salmone con la panna bianca è splendida. Tutto ciò che chiedevi a Bologna lo facevano bene, io so cucinare ma faccio le cose semplici, quelle veloci e buone per uno sportivo".
Hai iniziato presto a stare da solo?
"Sì, avevo 17 anni. E' da quell'età che vivo da solo. La difficoltà più grande è quella di stare lontano dalla mia famiglia, ma sono cresciuto così. Vivere da solo a quest'età ti fa crescere velocemente, e anno dopo anno capisci che sei cresciuto tanto".
E della mentalità italiana cosa ti piace?
"Si lavora tanto e non si molla mai. C'è voglia di vincere sempre, soprattutto nelle grandi squadre. E questo quello che mi piace di più".
Al Bologna, i primi tempi, chi ti ha aiutato?
"Inizialmente l'italiano non lo capivo, per fortuna con me c'era Mudingayi che parlava francese. Adesso siamo insieme all'Inter, è bellissimo. Poi è arrivato anche Ishak, è diventato tutto più facile".
In campo come parlate?
"Parliamo italiano, ma ogni tanto dipende dalla situazione escono le parole con la propria madre-lingua".
Ti aspettavi che la Serie A fosse dura?
"Sì, per un giovane arrivare qui non è semplice. Tutti dicevano che i giovani non giocano mai, ma io avevo fiducia. Se penso di avere paura non faccio più niente, invece al Bologna ho giocato quasi subito senza guardare la carta d'identità. Ho 21 anni ma non mi sento più giovane, giochiamo tutti a calcio e quando sei in campo devi far vedere che sei bravo. L'esperienza sicuramente aiuta, chi è giovane è pieno di dinamismo".
La scelta di andare a Bologna è legata anche a questo?
"Avevo 18-19 anni, non volevo andare in una grande squadra per dire che giocavo con i grandi campioni. Ho preferito Bologna per giocare, perché poi è arrivata l'Inter. Quindi è stata la scelta giusta. Una carriera dura tanto, non 2-3 anni. Devi giocare con la testa e fare le scelte giuste".
Cosa hai pensato quando ti hanno detto che saresti arrivato all'Inter?
"Io avevo un obiettivo: quello di arrivare presto in una grande squadra. Se aspetti tanto, poi non puoi diventare il giocatore che vorresti essere. Ancora mancano tante cose, sono all'Inter ma io voglio vincere i titoli. Siamo all'inizio della strada".
Cosa ti ha colpito di mister Mazzarri?
"Fa capire ad ognuno di noi ciò che dobbiamo fare in campo, questo è molto importante. E' preciso, sappiamo cosa fare, in campo giocare così è più facile".
Ti sei inserito subito in questa squadra. La sensazione è questa...
"Non ho mai avuto paura di niente, quando sono in campo provo soprattutto a divertirmi e a fare bene. E' il mio mestiere, ma so anche che sono fortunato. Quindi devi giocare senza pressioni, perché è un gioco".
E l'impatto con San Siro?
"Ci avevo già giocato ma non con la maglia dell'Inter. Quando vedi lo stadio pieno come successo con la Juventus fa piacere, perché il calcio è bello per queste cose qui. Ogni tanto vedo qualche tifoso in giro, mi chiedono la foto o l'autografo. Fa piacere, e devi essere umile sempre perché siamo tutte persone umane. Essere qui fa piacere, ma voglio essere uomo in campo".
Quanto tempo perdi a sistemare la cresta?
"No, sono veloce, un paio di minuti. Metto il gel e via. Nessuno mi dice niente - ride - per tutti va bene così. L'hanno accettato. Ridiamo anche così, per il momento non mi hanno detto nulla".
A Milano invece come ti trovi?
"Mi trovo bene ma non sono uscito tanto, in centro sono andato un paio di volte perché preferisco restare a casa a riposare. Il Duomo però l'ho visto, ma avrò tempo per conoscerla meglio...".
Cosa hai fatto in vacanza?
"Sono andato a Dubai con la mia famiglia e i miei fratelli, fa sempre bene andare in vacanza perché dopo una stagione pesante riposare fa sempre bene. Viaggiare mi piace, ma non ho il tempo e dunque resta un piacere".
Durante l'anno vai anche in Nazionale. Tu hai il doppio passaporto, potevi scegliere tante squadre...
"Sì, potevo scegliere tra Tunisia, Algeria e Francia. Ho sempre avuto il cuore algerino. In Francia sono cresciuto, le scuole calcio sono perfette ma ho sempre voluto giocare per l'Algeria. Voi vivete in Italia, non guardate le altre cose. Ma se guardate i tifosi algerini sono incredibili, danno una carica pazzesca. In Francia tra l'altro ci sono tanti algerini, giocare per il proprio paese è straordinario. Ricordo bene l'esordio: lo stadio era pieno, c'era la mia famiglia, gli amici in tv. Dovevamo vincere per il primo posto, addirittura ho fatto un assist. Non potevo fare di meglio".
Guardi le pagelle dei giornali dopo una partita?
"Mah, dipende. Leggo ogni tanto, ma non sempre. Non guardo mai le cose dette. Dopo una partita lo sai bene se hai fatto una buona partita o no, non c'è bisogno di guardare il giornale".
Hai qualche rimpianto?
"No, ho sempre dato il massimo. Sono fortunato, ho tante cose adesso. Le cose stanno andando bene, sono contento".
Sei fidanzato?
"No, ma non cerco una ragazza".
L'obiettivo dell'Inter in questa stagione?
"Possiamo andare lontano, possiamo crescere. Allenamento dopo allenamento cresciamo, mancano tante partite e faremo di tutto per fare una grande stagione".
Quali sono le tre parole della tua vita?
"Fortunato. Generoso. Sempre felice".
Autore: Riccardo Gatto / Twitter: @RiccardoGatto1
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