Di treni persi la storia dell’Inter abbonda, così come quella di tante altre squadre italiane. Fa parte del gioco, spesso ci si trova tra le mani un diamante grezzo confondendolo con un sasso e, di conseguenza, lasciandolo per strada. Pentendosene in seguito, con il doloroso senno di poi. Nelle ultime ore due delle tante storie del nostro calcio, nello specifico a tinte nerazzurre, sono state riportate a galla quasi con l’intento di spargere sale su una ferita aperta. E i nomi non sono certo di secondo piano: Stevan Jovetic e Marco Verratti. Due talenti che potevano essere dell’Inter e farne la storia presente e futura, e che invece hanno espresso ed esprimeranno la propria qualità altrove.
Storie antiche, ma neanche tanto, dal momento che il riferimento più lontano nel tempo è di appena cinque anni fa (2007). Esattamente quando, durante un’amichevole contro il Partizan, l’Inter incrociò per la prima volta l’estroso montenegrino, allora 18enne. Un incontro fatale, ma non abbastanza, perché nonostante il forte interesse nei suoi confronti la società nerazzurra non affondò immediatamente il colpo, consentendo al volpone Pantaleo Corvino di portare Jovetic a Firenze. Poi sappiamo tutti com’è andata e quanto, oggi, valga JoJo nel borsino del mercato. La Fiorentina all’epoca fece un investimento su un giovane promettente, in un periodo in cui Moratti, ancora desideroso di investire svariati milioni, aveva occhi solo per i campioni di livello internazionale con l’obiettivo di vincere anche in Europa, non solo in Italia. Obiettivo raggiunto tre anni dopo.
Tre, come gli anni trascorsi dal primo, serio abboccamento nerazzurro nei confronti di Marco Verratti, all’epoca 17enne nuova leva del Pescara che tanto bene stava facendo anche nel torneo di Serie C. Un ottimo prospetto, insomma, anche se difficilmente ci si sarebbe aspettati una sua esplosione ai livelli raggiunti oggi. Salvatore Bagni lo ha rivelato poche ore fa, puntando il dito contro un presunto dirigente che avrebbe ostacolato l’arrivo a Milano del centrocampista abruzzese. Non è dato sapere come siano andate le cose realmente, di certo se davvero i nerazzurri hanno rinunciato al ragazzo con il tempo se ne sono pentiti, visto che la scorsa estate han cercato di prenderlo in compartecipazione con il Genoa (fino all’intervento, assai discutibile, della Juventus). Va aggiunto che nel 2009 l’Inter stava già lavorando seriamente sul proprio vivaio, forte dell’esperienza positiva con Balotelli e Santon, e stava costruendo in casa i propri talenti, raccogliendo i frutti che conosciamo bene negli anni a seguire. Si spiega anche così l’interesse nei confronti del pescarese, mai arrivato però al dunque.
Peccato, ma è inutile fasciarsi la testa nonostante il senno di poi inviti a farlo. Innanzitutto, nessun club (compreso quello nerazzurro, che vanta una rete di osservatori da far impallidire il KGB) può asserire con convinzione di aver interpretato sempre bene i fondi di caffé, intuendo le potenzialità di un giovane e accaparrandoselo. Inoltre, l'elevato numero di nuove leve a livello globale rende più complicata la valutazione del singolo e aumenta il timore di commettere un errore. Per fortuna nel calcio odierno, con una maggiore focalizzazione sui vivai, è più semplice individuare con raziocinio e scommettere su una promessa, ma fino a due-tre anni fa la situazione era diversa, richiedeva più cautela negli investimenti. Inglobare giovani solo per il gusto di farlo li avrebbe esposti al rischio di una rapida eclissi, di storie di stelline promettenti che, in grandi società, non sono mai sbocciati il nostro calcio abbonda. E l’Inter non è un’eccezione. Si pensi, per esempio, all'altro caso eclatante, Hamsik: doveva essere nerazzurro, ma l'attendismo ha permesso al Napoli di pescare il jolly.
Oggi la musica è cambiata, non a caso i nerazzurri monitorano ogni angolo del globo in cui si gioca a pallone, cercando potenziali fenomeni da portare a Interello. Si pensi all'obiettivo Lazar Markovic, erede di Jovetic anche lui in forza al Partizan (prossimo avversario di Europa League), o a Patrick Olsen, strappato a una ferrea concorrenza e destinato a fare grandi cose anche a livello di ‘adulti’. Peccato solo che oggi i giovani talenti siano rapidamente oggetto d’asta feroce e anche un attimo di indecisione può costare l’ennesimo treno perso. Un tempo non era così, c’era meno competizione tra le società e si poteva valutare senza ansia le qualità di un ragazzo, salvo poi non intravederle appieno. Si tratta pur sempre di scommesse, perché a livello giovanile è più facile emergere, poi la riprova ai massimi livelli non sempre arriva e vanno valutati tantissimi aspetti. Inoltre, le scommesse del calcio moderno richiedono investimenti sin troppo elevati, soprattutto per club come l’Inter che devono fare i conti con il bilancio e non possono ingaggiare ragazzi solo perché temono che sboccino altrove.
Jovetic e Verratti non sono arrivati, certo, ma la dirigenza nerazzurra negli ultimi anni si è riscattata e ha costruito una solida base da cui la prima squadra può attingere serenamente. I tempi per credere nei giovani sono maturi, l’allenatore è quello giusto e i primi risultati si stanno intravedendo (Coutinho, Juan, Livaja, Obi e tanti altri ragazzi in rampa di lancio). Certo, resta più di un rammarico (si pensi ai calciatori cresciuti a Milano e poi esplosi altrove), ma fa parte della giostra calcistica. Inoltre, non è detto che Jovetic e Verratti sarebbero diventati quelli di oggi se fossero arrivati neanche maggiorenni all’Inter. Non lo sapremo mai, perciò limitiamoci a credere nelle belle speranze che vestono la maglia nerazzurra, senza rimpianti.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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