"C’è chi ha grandissimo talento, chi non può non arrivare, chi magari comincia subito a grandi livelli. Io no, io me le sono fatte tutte le categorie, la C e la B e anche in serie A sono partito dal Bari, per passare poi al Genoa ed arrivare infine all’Inter. Per me è stata una gavetta molto ma molto utile, non dimentico la C, i 700 km in bus per andare a fare le partite, su campi che poi non erano certo idonei a giocare il calcio: il tutto è stato molto formativo".  Lo ha raccontato Andrea Ranocchia, difensore dell'Inter, parlando al sito Assocalciatori.it, per la rubrica 'Pallone e dintorni'. 

Quando hai capito che potevi stare ad alti livelli?
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Ad Arezzo, il primo anno di serie B con Conte. Ero in Primavera, anche fare un allenamento con la prima squadra mi pareva magari già tanto e facevo di tutto per essere lì con loro, anche se capivo che mi ci sarebbe voluto del tempo, che dovevo crescere". 

L’aria inglese
"A me è servita proprio tanto l’esperienza che ho fatto in Inghilterra, con l’Hull City, nel 2017. Ho avuto così modo di vivere un calcio diverso, allenamenti, le settimane, pure le partite. Un calcio quello per me bello e formativo, che mi ha permesso di vedere le cose in una maniera diversa, con più consapevolezza. Sei mesi che mi hanno dato insomma nuova linfa, venivo tra l’altro da un momento così così, mi hanno come ripulito, è la parola".

Sul giocare poco
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Essere all’Inter significa intanto, per forza di cose, che devi essere a un livello alto, altrimenti non potresti starci. Il punto fondamentale è e resta il fatto che nessuno regala niente e dunque chi arriva all’Inter, ma anche alla Juve, al Milan eccetera, vuol dire che se lo merita, che è forte e questo prescinde dal fatto che uno giochi 60 o 5 partite. Devi essere comunque funzionale e utile, altrimenti mica sei obbligato a rimanere, no? E questo vale per tutti coloro che arrivano al professionismo, pensando poi ai chissà quanti che non ci arrivano, per le più svariate ragioni, che so, infortuni, testa, altro ancora. E ci sono i livelli, certo, ma chi arriva, merita. Ripeto: nessuno regala niente".

Cosa ti piace meno nel calcio?
"Prima dei social, come tutto il rest,  anche il calcio era meno esasperato, c’era credo più spazio per le emozioni. Ora c’è tutta un’altra velocità, tutto viene enfatizzato, ci sono le fake news da fonti che non esistono e tutto è più complicato ed esasperato di prima e non è – ripeto – solo nel calcio. Personalmente ho cercato di adattarmi, anche perché non ci si deve dimenticare che noi siamo comunque degli sportivi dipendenti, dobbiamo stare attenti e abbiamo delle responsabilità. Ecco così che il mio essere social mi serve pure per tutelarmi, un modo per avere una mia voce 'ufficiale'".

Consiglio a un giovane?
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Il mio consiglio sarebbe quello di mettere il calcio al primo o al secondo posto, assieme alla famiglia. Di non andar dietro a divertimenti sbagliati, di aver soddisfazione e di dedicarsi per davvero, sapendo essere costanti".

Cosa farai dopo la carriera di giocatore?
"Ogni tanto ci penso, però ora come ora non ho nessuna idea chiara e credo sia così che capita quando hai un tuo percorso professionale in atto, verranno dopo le soluzioni". 

A questo link l'intervista integrale

Sezione: Copertina / Data: Ven 08 aprile 2022 alle 16:17
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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