E qui fu l'Inter. Il pareggio contro il Torino come furono la sconfitta col Siena, il crollo di Parma e di Bergamo, gli schiaffi dell'Udinese. Tutte cartoline inviate dal luogo dove ora si trova la squadra di Andrea Stramaccioni, smarrita nel bosco dello Juventus Stadium dopo una notte magica, da cigno a brutto anatroccolo. Un libro di fiabe pieno di pagine stracciate, perché contro il buon Toro di Ventura si doveva fare di più. Molto di più. E invece, il risultato è un pareggio che sa di brodino riscaldato nel freddo secco di San Siro. Il bicchiere mezzo pieno, quando la Lazio si ferma ma il Napoli corre e il Milan rin-corre, proprio non riusciamo a vederlo.
A PARTI INVERTITE - Stramaccioni non può scegliere. O meglio, le alternative sono contate: l'emergenza è all'ordine del giorno, Cassano rientra e la musica sembra quella giusta. Almeno all'inizio, quando Chivu trova lo spazio giusto su punizione per togliere le ragnatele e infilare Gillet. Pronti-via, sembra che il Toro si possa matare senza particolari problemi. Falso. Perché una follia di Guarin offre sul piatto d'argento a Barreto l'assist per Meggiorini, che non sbaglia. Proprio come a inizio ripresa, quando l'ennesima falla difensiva e un posizionamento da vietato ai minori di Juan Jesus gli consente di appoggiare anche bendato in rete il suo secondo schiaffo dell'ex. Tra un infortunato e l'altro, Cambiasso infila il 2-2 ma il sollievo è poco. San Siro si infiamma, ma a gonfiare il petto è l'ottimo Torino: palleggia, allarga il gioco, sguazza nella difesa nerazzurra con facilità e concede poco o nulla. Recriminare per un rigore sarebbe ingiusto, più giusto invece applaudire a Ventura che si mangia le mani. Il Toro poteva tranquillamente vincere, tante le occasioni sprecate per dare il colpo del ko. Insomma, udite udite: all'Inter è andata anche bene così. Un segnale allarmante. Chi l'avrebbe mai detto? Il copione sembra recitato a parti invertite. Chapeau, granata.
SE SBAGLIANO ANCHE I MIGLIORI... - I più attenti avranno notato che nella notte di San Siro, hanno sbagliato - in modo palese o meno - proprio i migliori. Le colonne dell'Inter, oltre al suo allenatore che non studia proprio il modulo perfetto per disinnescare il Toro, notoriamente sofferente in mezzo e inutilmente attaccato a più non posso sulle fasce. Ma Guarin perde il pallone nel cuore dell'area con un'ingenuità da lasciare a bocca aperta, Juan abbandona Meggiorini nel cuore dell'area di rigore come se il gioco fosse fermo, Cassano non accende mai la luce come sa fare, Palacio è una bomba perennemente inesplosa. Zanetti per fortuna salva la categoria, ma non basta. Non basta per niente. Perché l'Inter si sgretola davanti a un ottimo Toro quando doveva tirare uno schiaffo alle inseguitrici e allertare la Lazio. E invece, è tutto al contrario.
TRA CONVINZIONE, INFERMERIA E NUBI - Il difetto più terribile per una grande squadra, o comunque per un gruppo disegnato per essere tale, è legato alla consapevolezza. Ripensare all'Inter che annientò la Juventus è bello ma soprattutto doloroso, perché quella squadra era sicura di sé. Spietata, compatta, convinta. Quest'altra Inter, versione Torino ma allargabile a tutti gli ultimi ceffoni rimediati in questi mesi recenti, è il contrario. Spesso spenta, impaurita, non convinta al punto da amministrare un risultato con assoluta serenità. Sempre con quel senso di bilico da equilibrista per chi l'equilibrio non lo ha, con una difesa troppo spesso fragile, un mix che porta inevitabilmente a cadere. E se poi ci si mettono gli infortuni, bisogna solo appellarsi al mercato. E non farne un alibi, ma un dato di fatto. Mudingayi saluta per mesi e mesi e intanto Duncan è andato a Livorno, Chivu preoccupa e per la difesa a tre mancano le alternative, Samuel è ancora fuori, Stankovic pare sparito, Obi ancora fuori anche ieri, Milito col ginocchio non può scherzare. Insomma, una valanga di nuvole su un progetto che sta frenando la propria crescita. Naturale avere pit stop, sbagliato sottovalutarli: che si fa? Si deve andare sul mercato.
ACQUISTI O TEMPESTA - "La rosa va bene così" è una frase che Stramaccioni ripete perché è giusto che lo faccia, nella propria posizione. Ma l'Inter ha palesemente bisogno d'altro. Lasciare andare Sneijder e Coutinho senza rimpiazzarli sarebbe un errore marchiano, clamoroso e porterebbe anche dietro un falso storico: "Sneijder va sostituito", si diceva fino a qualche settimana fa. Adesso, "così stiamo bene" non può esistere. Strategie, come ovvio che sia. Perché quei soldi servono per Paulinho, la missione deve iniziare a breve, Massimo Moratti aspetta per dare l'ok ma non si può temporeggiare troppo. Come serve anche un esterno destro, altra necessità palesata in campo. E se Chivu dovesse fermarsi a lungo? E se Mudingayi avesse chiuso qui la stagione? In teoria, servirebbe una carrellata di rinforzi quasi da mercato estivo. Peccato che manchino pochi giorni, questione di ore, quasi di minuti. Il gong si avvicina ma l'Inter non può rinunciare a comprare, il motivo è semplice. Questa squadra è malata, senza medicine andrebbe quasi aitmeticamente incontro a un addensamento di nuvole ancor più netto rispetto a quello attuale. Fino alla possibile tempesta di giugno: se non si andasse in Champions per il secondo anno consecutivo, sarebbero tuoni e fulmini. L'aspetto economico come tecnico avrebbe un ennesimo contraccolpo pesante. Insomma, per il rispetto di un progetto da portare avanti, si deve intervenire sul mercato. Altrimenti diventerebbe tutto inutile. Con gli acquisti alla Palombo si è già sbagliato un anno fa, perseverare è diabolico. E certe tempeste non servono proprio a nessuno, specialmente dopo l'incornata durissima di un Toro.
Autore: Fabrizio Romano / Twitter: @FabRomano21
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