Alla Gazzetta dello Sport, Gary Medel racconta se stesso ("Una volta sono uscito dal parabrezza della mia macchina lanciata ai 140 all’ora, non avevo la cintura, arrivai all’ospedale e non sentivo più la gamba. E nel quartiere in cui sono nato ho rischiato di buttarmi dentro i traffici di droga: se non ci fosse stata la mia esemplare famiglia, ora non sarei qui") e l'Inter. Una squadra di cui lui è sempre più leader.

Mancini disse: "Con 24 Medel e un Messi le vinceremmo tutte". Che squadra sarebbe? 
"Bellissima frase, mi ha fatto contento. Ma si gioca in 11... e noi giochiamo per lo scudetto". 

Inter-Roma è già una partita per il titolo? 
"Lo è. Poi è chiaro che per arrivare in cima devi vincere anche contro le piccole, ma battere la Roma significa non farli scappare e sorpassarli".

Come sta l’Inter? 
"Noi lottiamo per il titolo ma dobbiamo smetterla di fare certi errori, non si deve più perdere punti come quelli di Palermo".

Abbiamo intervistato Dzeko: è bello alto eh? 
"E’ bravo, ma ho giocato e mi sono scontrato già con altri tipi alti due metri. Non so perché dovrei avere paura...".

A proposito di altezze: le hanno mai detto "non farai mai carriera"? 
"Tante volte, nei campetti e dopo. Mi esortavano: “Lascia stare, i sogni non si avverano mai”. Ho lottato. E, a un certo punto, svoltato. Perché ho solo voluto fare il calciatore. Perseveranza, disciplina, intelligenza, un sogno e una famiglia forte e bella come ho io. Si chiamano segreti". 

Dove Mancini la mette lei sta: come fa? 
"Bisogna applicarsi. E crederci. Magari faccio anche degli errori ma nessuno al mondo potrà mai rimproverarmi di non aver dato tutto quello che ho. Perché questo succede ad ogni partita". 

Icardi ha detto che di palloni ne arrivano pochi. E le statistiche confermano. 
"E’ un problema che in questo momento c’è, in parte ha ragione. Ma non è colpa di uno o del tecnico: dipende da tutta la squadra, tutta, perché nessuno al mondo è più importante della squadra. Io la penso così".

Come l’ha vissuta la panchina di Bologna visto che Mancio le trova sempre un posto? 
"Nessun problema. Mi piace giocare ma a volte può succedere che le scelte siano altre. Però ho visto Pulgar del Bologna: diventerà forte".

Si dice: l’Inter gioca male. Pensieri? 
"Si può giocare bene o male, può essere soggettivo o evidente. Quello che serve è fare tre punti. E creare più occasioni da gol".

Come nasce il soprannome Pitbull
"Me lo diede un mio ex compagno dell’Under 18, Rodrigo Paillaqueo. Un giorno mi vede correre a perdifiato, senza sosta, come un matto: dove sta la palla sto io. Come un cane che segue il gioco. Un pitbull". 

E’ più Pitbull lei o Felipe Melo? 
"Non c’è nulla di meglio di due pitbull in squadra".

Il suo nome è una scelta della mamma, giusto? 
"Sì sì. Le piaceva Gary Cooper, l’attore".

In campo c’è chi recita. 
"Non sopporto la simulazione, e ne è stato vittima Murillo, e la troppa tattica".

Roma e Napoli sono un gradino sopra l’Inter? 
"Credo di sì. Per ora hanno qualcosa in più, ma noi lavoriamo per il sorpasso". 

Bisogna credere all’Inter perché? 
"Mancio mi piace perché chiede di pressare alto: magari si rischia ma guarda avanti, per vincere. La scorsa stagione abbiamo lavorato per questa e inserito giocatori forti, esperti, mixandoli con giovani importanti. Se eviteremo certi errori arriveremo a livello di Roma e Napoli. Se credo a Champions e scudetto? Sì, non scarto nulla". 

Come si batte la Roma nella notte di Halloween? 
"Testa, cuore, intelligenza. E huevos (palle, ndr)". 

Risultato? 
"Voglio giocarla. Mica pensarla". 

Sezione: In Primo Piano / Data: Ven 30 ottobre 2015 alle 08:15 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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