Poteva essere una grande festa, invece non restano che i rimpianti. Ma ci sono tanti tipi di sconfitte e questa sembra una di quelle che può far bene: come il Liverpool di Klopp è incespicato proprio nel Siviglia prima di diventare la corazzata che tutti conosciamo, così l’Inter di Antonio Conte è arrivata a uno step fondamentale del suo percorso di crescita. Perdere una finale è il modo più doloroso, calcisticamente parlando, per crescere: un giorno questo dolore potrà essere utile.
Dopo novanta minuti complicati, intensi e beffardi, l’Inter può guardarsi allo specchio e riconoscere l’immenso lavoro svolto in questa infinita stagione. Non è stato sufficiente per vincere un trofeo, ma le basi per un futuro migliore ci sono tutte. Bastava così poco, alla fine: ma dopo 75’ di battaglia e nervi tesissimi la sfortuna, l’inesperienza, la malizia del Siviglia hanno avuto la meglio.
MASTERMIND - Il Siviglia delle profezie, il Siviglia dell’inevitabile: l’Europa League è quella competizione dove giocano 64 squadre e alla fine a trionfare è la squadra andalusa. Quattro vittorie negli ultimi sei anni per un dominio storico: la squadra di Lopetegui scende in campo forte di questa eredità e amministra energie nervose per tutta la gara. Non scalfisce minimamente la squadra biancorossa il rigore di Lukaku né tantomeno il parapiglia che si scatena con la panchina dell’Inter nel momento di massima confusione arbitrale.
È una lenta risalita, quella del Siviglia: scandita dai tocchi morbidi di Banega e dai colpi di testa di Luuk De Jong, capace di fare l’inimmaginabile con la difesa interista: segnare due gol di testa. Che spezzano le reni alla squadra e sembrano farla crollare anche a causa di alcuni errori banali, come il posizionamento della difesa (sul primo gol) o la lettura dello schema su punizione (esemplare il movimento di De Jong, scolastico nell’esecuzione) sul raddoppio spagnolo.
La verità è che il Siviglia amministra le forze e spreme l’Inter mentalmente, esasperando alcuni contatti di gioco, prendendo ogni vantaggio possibile e capitalizzando all’estremo le occasioni avute. È il veteranissimo Diego Godin a suonare la carica, quando la luce sembra spegnersi. Un suo colpo di testa, su scodella centrale di Brozovic, ridà vigore alla squadra e permette all’Inter di giocarsi alla pari il secondo tempo. Quando avviene lo sliding doors, e il destino della partita cambia inevitabilmente.
INCANTESIMO - Il protagonista è sempre Romelu Lukaku. Con il suo calcio di rigore, guadagnata con un’altra delle sue sgroppate epocali, ha eguagliato il Fenomeno Ronaldo con la 34° rete stagionale e poi ha avuto sul piede l’occasione di superare il brasiliano e di regalare la coppa all’Inter: ma Bono è stato bravissimo nella parata alla tedesca, divaricando le gambe e impedendo al pallone di beffarlo.
Così, sul più bello, dopo una gara di sacrificio e di spazi ristretti, l’Inter è scomparsa. Il compagno della LuLa è stato assente, a Colonia: Lautaro non è riuscito a incidere, intestardendosi in un uno contro uno con il proprio marcatore, Kounde, che non gli ha lasciato respiro per tutta la gara. Lukaku ha fatto quel che ha potuto, a coronare una stagione pazzesca: si è inceppato, sul più bello. La deviazione che manda in porta una conclusione di Carlos è la beffa finale di una gara stregata, in cui il Siviglia ha giocato con la psiche interista e l’ha portata al KO tecnico.
NUOVO INIZIO - Si diceva all’inizio che questa finale potrebbe essere un punto di svolta per questa squadra. In un certo senso, lo è per definizione: il gruppo che ha portato l’Inter fin qui ha mostrato i suoi limiti anche sotto Conte ed è da queste considerazioni - basate su un anno, non su una partita - che si ripartirà. Il mercato porterà nuovi innesti, con un Hakimi che scalda i motori per essere la freccia sull’esterno di cui l’Inter ha un disperato bisogno.
In tutto questo, le dichiarazioni di Antonio Conte nel post partita hanno riaperto la voragine rimasta in sospeso dopo la gara contro l’Atalanta: il tecnico salentino va via o resta? Lui e Zhang si sono dati appuntamento fra qualche giorno a Milano, per capire il futuro. Le allusioni di Conte sono state chiare, la volontà della società altrettanto. Quale sarà la svolta di questa storia?
L’inizio della prossima stagione riproporrà i temi legati a Christian Eriksen, ingiudicabile ieri sera ma che ha saputo calarsi nel ruolo di comprimario in questo mese di Europa League. Il destino chiama e il danese dovrà recitare un ruolo da protagonista: attorno a lui, a Lukaku e alle certezze di questo gruppo si costruirà, andando ad aggiungere o a sostituire alcuni elementi. Perché la strada è tracciata e tornare indietro sarebbe delittuoso.
Giacinto Facchetti diceva: certi giorni essere interisti è facile, altri in cui è doveroso, altri in cui è un onore. Questa frase senza tempo, varrà sempre. Anche dopo una finale persa.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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