Professionismo e milioni di euro annui bastano ad obnubilare, quasi talvolta estirpare, quel fin troppo spesso trascurato aspetto umano (nel senso letterale del termine) di chi scende in campo. L’obiettivo supremo di vittoria, preminente su ogni cosa non lascia scampo a sentimentalismi e chi guarda, tanto quanto chi giudica, si sottrae meccanicamente e automaticamente dalla (o almeno così dovrebbe essere) razionale considerazione che i dodici uomini in campo (allenatore compreso) sono composti da ossa, muscoli, cervello e soprattutto cuore e sentimenti. È questa la considerazione che sgorga naturale tra i pensieri affollati, angosciati e incupiti degli interisti presenti all'Unipol Domus a meno di un paio d'ore dal fischio d'inizio di Cagliari-Inter, quando in contemporanea all'arrivo allo stadio dell'autobus con a bordo la squadra di Simone Inzaghi San Siro e piazza Duomo si tingevano di entusiasmo rossonero. Gli umori non sembravano dei migliori, come se l’ilarità che il trofeo conquistato lo scorso mercoledì aveva profuso fosse lontana anni luce o addirittura persino mai esistita e archiviata la gioia del titolo sollevato sotto il cielo dell'Olimpico, il pensiero dell'Inter è uno e uno soltanto: lo scudetto. Scudetto questo però compromesso nelle puntate precedenti e che per un attimo, immediatamente dopo il 2-0 del Meazza tra Milan e Atalanta, sembrava essere praticamente decretato. L'aria intorno, improvvisamente appesantitasi, sapeva di sconfitta, resa invivibile dalle bad vibes di chi stava già per cucire il tricolore sul petto. Sguardi persi, pensieri confusi e stomaci contorti. Per tutti gli interisti (seppur pochi rispetto ai rossoblu) presenti, eccezion fatta per la squadra di Inzaghi.
PADRONE INDISCUSSO - Le immagini che immortalano la squadra (ancora) campione d’Italia in carica in arrivo tra le mura della casa del Cagliari ritraggono sguardi imperturbabili, concentrati, assorti, quasi marmorei ma che seminano qualche inevitabile timore aggravato dal mordente della squadra di Agostini, ad un passo dalla B ma con ancora il destino in mano per la salvezza e da un’Unipol Domus agguerrito e trascinante nel caricare i rossoblu per l’impresa. Timori che, al netto dell’inevitabile angoscia di chi vive con trasporto i novanta minuti della squadra, l’Inter ha immediatamente ridimensionato. I primi quarantacinque minuti di gara non lasciano spazio a supposizioni e fantasie, decretando nella squadra ospite l’unico padrone del match. I nerazzurri gestiscono, creano, si rendono pericolosi, rendono asfissiante la vita all’avversario e trovano due volte la porta, sebbene una delle due reti viene annullata per via di un tocco di mano. Il gap tra le due compagini è evidente e se una regge e fa il gioco, l'altra è in preda a confusione e panico che non lasciano troppo spazio a lucidità e organizzazione di manovra. Ma i padroni di casa non si danno per vinti e sebbene la straordinarietà degli ospiti diventa tremendamente invalidante tentano qualche squillo che possa mettere in difficoltà gli uomini di Inzaghi, fino a trovare una sfortunata deviazione di Milan Skriniar su un pallone di Lykogiannis che infila il pallone alle spalle di un incolpevole Handanovic ma non cambia le sorti di un match che anche sui 90 e rotti minuti resta appannaggio di una sola.
UNO STORICO LAUTARO - Padrone indiscusso del match, l'Inter di Inzaghi non rischia mai nulla e non lascia mai temere diversamente, ma tra il gol di Skriniar che apre la partita, poi annullato dal VAR per un tocco di mano dello slovacco, colpevole di un pallone flipperatogli sul braccio mentre sta per spingere in porta, e l'ultimo di Lautaro Martinez, i nerazzurri si divorano un'indicibile quantità di occasioni. La squadra di Inzaghi non cambia il registro e come un ricorrente tratto distintivo impossibile da diradicare regala agli avversari più brividi che gol inflitti. Pali, Cragno in più occasioni più che molto attento. tentativi che si spengono a fil di nulla sul fondo... E chi ne ha più ne metta e così sia: l'Inter più ne ha, più ne (prova a) mettere e al netto di una statistica che andrebbe disaminata in ottica mercato alle porte a metterla dentro è il Toro Martinez. Dopo la gran bella rete di Darmian che apre il match è Lauti l'uomo simbolo di Cagliari. L'argentino si conferma bestia nera della squadra sarda e la punisce ancora per ben due volte entrando a far parte di una particolare statistica che la dice lunga sul diez di Bahia Blanca: con le reti di ieri sera diventa il sesto giocatore della storia dell'Inter a segnare almeno venti gol in un campionato prima di compiere venticinque anni. Prima di lui ci erano riusciti Giuseppe Meazza, Sandro Mazzola, Antonio Angelillo, Ronaldo e Mauro Icardi. Nel capoluogo sardo, è il Toro il migliore indiscusso: si sbatte tantissimo, corre, gioca per i compagni, si sovrappone, cerca l'assist, cerca la porta con insistenza e viene premiato per la perseveranza. Più forte del destino e del vetro immaginario che gli aveva più volte sbarrato la porta (clamorosa la doppia occasione del primo tempo durante la quale centra prima il palo poi un infinito Alessio Cragno si allunga sulla ribattuta e col guantone spazza in angolo) e si prende con grinta una vittoria che tiene ancora aperta una piccola, piccolissima finestra sullo scudetto, praticamente già rossonero ma ancora da giocare e soprattutto da sudare.
FESTEGGERAI, OH MILAN. MA QUEL GIORNO NON È OGGI - Festa rimandata quindi per i tanti rossoneri pronti a festeggiare, convinti di aver già concluso la corsa al Tricolore e con buona pace di chi in Piazza Duomo era già bello carico a cantare 'Milano e l'Italia siamo noi', l'Inter di Inzaghi scombina i piani e rimanda verdetto e festa. L'improponibilità di vestirsi a festa e riempire le vie della città non trova freni neppure nella scaramanzia e si realizza esattamente per quella che è e della quale osa ridere beffardo il destino, ma anche la squadra di Simone Inzaghi, conscia di non avere praticamente più chance per lo scudetto ma altrettanto fiera da dire: "Complimenti Diavolo, a te lo Scudo. Festeggerai e pure tanto, ma no, quel giorno non è affatto oggi".
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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