Samir Handanovic in viaggio con Nagaja Beccalossi: è il portierone sloveno il protagonista dell'odierna puntata di Drive Inter su Inter Channel. La gita comincia con Samir che parla del clima: "Io sono abituato al freddo, però alla Pinetina ci sono sempre state belle giornate. Però il freddo arriverà in ritardo". Clima che ha aiutato la ripartenza: "Certo, perché i campi non sono ghiacciati. Però bisogna vedere come sarà questa ripartenza...". Handanovic parla anche un po' di sé: "Non mi piace però tanto, perché sono gli altri a dover giudicare le persone, poi per me è difficile farlo..." e della sua avventura da calciatore: "La passione è nata giocando a scuola e per la strada, poi sono andato in una piccola società di Lubiana e ho cominciato. Mi sono ritrovato dopo in porta e son rimasto lì anche grazie a mio cugino Jasmin che gioca in quel ruolo, e guardando lui ho seguito la sua strada. Però sognavo di fare gol come tutti i bambini. Portieri scarsi coi piedi? Ora no, il calcio si è evoluto, e il portiere deve usare sempre di più i piedi". 

Chi è stata la persona più importante per Handanovic, anche sul piano personale? "Da bambino andavo con mio cugino e suo padre a vedere le partite, poi in porta mi ha aiutato il preparatore Filipovski, che mi ha assistito nel passaggio dalle giovanili alla prima squadra, fondamentale per tutti i calciatori". E a proposito del tema dei giovani, si parla anche della differenza di livello con la prima squadra: "Per me è più difficile giocare nel campionato italiano; qui non si fidano tanto dei giovani, preferiscono puntare sui più esperti. In Spagna il modello è diverso". Handanovic vanta un lungo passato in Italia: "Sono state tutte esperienze che aiutano, quelle negative forse aiutano di più. A Treviso ero titolare e ho perso il posto, però non mi sono mai perso e questo mi ha aiutato a crescere. Anche la panchina aiuta, del resto bisogna fare passo dopo passo. Lasciare l'Italia? No, mai perso fiducia, credevo in me stesso, può capitare che sei meno in forma a volte, ma bisogna andare avanti anche quando le cose vanno bene".

Samir ha avuto dei colleghi importanti davanti, anche se per lui "è anche importante capirsi da solo. In una stagione può capitare di fare qualche stupidata, l'importante è non deprimersi e fidarsi di se stessi. Specie per un portiere, per il quale l'errore pesa maggiormente rispetto ad altri ruoli". Ma è vero che i portieri non gradiscono i paragoni coi colleghi? "E' vero, io posso parlare per me e questa cosa non mi piace. Mi piace vedere le caratteristiche dei portieri, ma il portiere vuole essere solo se stesso. Poi in Italia si dan spesso le etichette, ma fa parte del gioco". All'Inter Handanovic ha ereditato il posto di un emblema come Julio Cesar: come ha vissuto il momento del passaggio? "Quando stai da una parte per 5-6 anni ti affezioni alla maglia e alla città, spero che all'Inter succeda la stessa cosa. Certe volte non ti rendi nemmeno conto del momento, ma alla fine sono contento perché tutti lavoriamo per vincere qualcosa. I primi giorni di ritiro a Pinzolo sono stati bellissimi, con tanti tifosi. Sapevo del loro calore, quando giochi e segui il calcio sai come sono anche le tifoserie. Giocare a San Siro è bello, la partita che ho vissuto di più è stata il derby, con l'impianto pieno. Se mi sento solo? Il portiere è abituato... Il problema è restare concentrati, seguire la partita. Se non stai bene il pensiero può andare da un'altra parte. Ma chi sta in porta sa come prepararsi".

Nell'indicare l'attaccante più pericoloso mai affrontato, Handanovic spiega: "Ce ne sono tanti, io magari sono rimasto impressionato da Milito e Di Natale, ma non perché sono stati o sono miei compagni, ma lo vedi quando sono in area: se sbagli, ti puniscono perché usano molto la precisione e se c'è quella per il portiere è difficile arrivare". Anche qui, Handanovic dribbla la domanda sui rigori (con tanto di rimbrotto finale alla Beccalossi, ndr).

Qual è l'obiettivo dell'Inter? "Lottare per i primi tre posti, risposta concreta e giusta. Son cambiate tante cose, non è facile quando cambiano parecchi giocatori inserirsi. Ma per adesso è andato tutto bene, anche se poi conta il risultato. Il campionato ogni anno mi sembra più bello, c'è tanto equilibrio anche in coda o per i posti Champions, si vede anche dai distacchi minimi". Samir conferma di essere assai autocritico: "Di solito mi riguardo subito dopo una sconfitta, per voltare pagina... Voglio sempre crescere e migliorare, penso che ogni giocatore debba mettersi in discussione e capire dove sono i tuoi limiti. Se ti rivedi poi capisci di aver fatto cose buone e altre da migliorare. E' importante trovare persone schiette che ti dicono cosa è andato male e trovano dove sbagli, anche a costo di litigarci, in senso buono". 

Sul rapporto calcio-famiglia Handa spiega: "Quando perdi per qualche giorno ripensi alla sconfitta e non sei lo stesso nemmeno a casa, e mia moglie lo sa. Però ho un figlio di due anni, da quando c'è lui l'arrabbiatura mi passa subito. Padre severo? Non so nemmeno io cosa è giusto e cosa no...". Era spaventato dall'idea di lasciare la Slovenia? "No, io volevo farlo. Aspettavo questo momento con ansia e quando è successo ho cambiato anche io perché ti devi adattare alla mentalità italiana. A me il campionato italiano piace, non andrei via. Le difficoltà sono state nei primi mesi a Udine, perché non conoscevo la lingua. Poi è diventato tutto più veloce, e credo di essere migliorato anche nell'ambientamento. Udine è una piazza che ti dà tutto per crescere, come calciatore e come uomo. Dipende comunque solo da te, tanti giocatori han fatto bene a Udine. L'importante è vedere le strutture che ti accolgono piuttosto che i soldi. Torno volentieri in Friuli. L'italiano? L'ho imparato grazie alla televisione, poi avevo una professoressa a Udine". 

Sezione: In Primo Piano / Data: Mer 09 gennaio 2013 alle 16:53
Autore: Fabrizio Romano / Twitter: @FabRomano21
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