Stamattina la Gazzetta dello Sport pubblica in primo piano un’espressione che la dice lunga sull’attuale situazione in casa Inter: “Malitez”, gioco di parole che chiama pesantemente in causa l’allenatore Benitez e lo pone in pratica con le spalle al muro, sottolineando che per conservare il suo posto di lavoro avrà solo un’opportunità. Come già sottolineato da Moratti nei giorni scorsi, infatti, al tecnico di Madrid erano state concesse altre due partite per dimostrare di poter invertire la rotta, precisamente quelle contro Chievo Verona e Twente. Il primo bonus è stato giocato male, anzi malissimo. Al Bentegodi ieri l’Inter ha disputato una partita mediocre, al di là del risultato che è l’ennesima conferma di una condizione impresentabile soprattutto a livello fisico, ma anche psicologico. La classifica attuale è impietosa: sesto posto, 9 punti dal Milan capolista, uno scenario che riporta alla mente gli anni bui dell’era pre-Calciopoli, quando la squadra andava a picco con una facilità disarmante, pagava gli infortuni delle sue stelle, perdeva sui campi di provincia e diceva addio allo scudetto prima di dicembre, con conseguente alternanza, a volte imbarazzante, di guide in panchina.
Ovviamente, non siamo ancora a quel livello, anche dopo questa sconfitta veronese i conti rimangono aperti. Il Milan corre, è vero, ma le precedenti stagioni insegnano che la capolista, a volte, tende a rallentare, favorendo il ritorno in gioco di chi arriva dalle retrovie. Si tratta, in questo torneo, di vestire i panni del cacciatore anziché quelli abituali della lepre. Ma per dare una svolta serve un cambiamento. Benitez ha le sue responsabilità per quanto accaduto finora, oggi paga (con le assenze) errori compiuti da lui e dal suo staff. Una fetta di colpe l’hanno anche i giocatori, decisamente meno motivati rispetto all’ultima stagione, e la società, che ragionevolmente ha pensato di confermare il blocco dei triplettisti, confidando nella forza del gruppo, senza però poter immaginare la carneficina ancora in corso sul fronte infortuni. Gennaio è alle porte, servirà qualcosa di più di un paio di validi innesti per migliorare la situazione. A gennaio però Benitez potrebbe non essere più al suo posto. Se non batte il Twente, possibilmente in modo convincente (ma con quali giocatori potrebbe?), Moratti prenderà la più dura delle decisioni. Parlare di ultima spiaggia in questo caso non è azzardato, quando il presidente ha detto che il tecnico sarebbe rimasto al suo posto pur perdendo a Verona probabilmente non si aspettava realmente un k.o., soprattutto nel modo in cui è avvenuto.
GOMME A TERRA – Della partita di ieri infatti non c’è nulla da salvare. Anzi, forse il fatto che nessuno si sia infortunato è una buona notizia, considerato l’andazzo delle precedenti giornate. Per il resto, dieci minuti buoni nel primo tempo, in cui l’Inter ha attaccato con la convinzione giusta, salvo poi sgonfiarsi anche a causa di un clima e un terreno di gioco che impedivano un qualsiasi tentativo di costruzione del gioco. Chi è sceso in campo al Bentegodi lo ha fatto certamente con la volontà di portare a casa la vittoria, ma senza la necessaria lucidità e condizione fisica per farlo. È sotto gli occhi di tutti che i residui di questa rosa non sono all’altezza della formazione ideale pensata a inizio stagione. Pur con le giuste intenzioni, questi giocatori non hanno la forza per scavalcare l’ostacolo di turno. Manca la condizione, manca la corsa, manca la freschezza per superare un avversario. Ieri il Chievo stava decisamente meglio, è inevitabile che abbia saputo contenere gli attacchi nerazzurri colpendo in contropiede con troppa facilità. La prestazione di ieri non induce dunque all’ottimismo in vista di mercoledì: difficilmente i giocatori, che ormai scendono in campo con continuità senza che qualcuno possa dare loro fiato, recupereranno energie per la Champions. Pessima prospettiva per quello che è l’ultimo jolly di Benitez.
POCA PERSONALITA’ – I big apparentemente integri non stanno affatto bene. I vari Stankovic, Sneijder, Pandev e lo stesso Cambiasso hanno palesato un pericoloso ritardo di condizione amplificato dalle condizioni del terreno di gioco. Ma quello che più preoccupa è la scarsa personalità dei giovani, più freschi, spediti in campo dall’allenatore in preda alla disperazione. Santon anche ieri si è nascosto a lungo, dimostrando di non avere ancora il carattere e la sfrontatezza per elevarsi a campione. Biabiany è stato abulico, limitandosi a correre tanto e a vuoto, senza mai creare superiorità o mettere un buon pallone in mezzo. Lo stesso Nwankwo, spedito sul rettangolo nella ripresa, è parso un agnellino circondato da un branco di lupi. Chiaramente lo status della squadra, il bilancio deficitario e un nervosismo crescente sono deleteri per ragazzi che non hanno ancora la giusta personalità. In questi casi di emergenza un giovane può offrire due possibili risposte: fregarsene dell’ambiente e giocare come sa, dando un contributo alla squadra; oppure nascondersi e appiattirsi al livello dei compagni. Finora la strada intrapresa è la seconda.
NERVI A FIOR DI PELLE – A proposito di nervosismo, è fin troppo scontato prendere l’immagine di Eto’o che rifila una testata a Cesar e titolarla il ‘manifesto’ della crisi dell’Inter. Il camerunese finora è stato il migliore tra i suoi compagni, non ha mai fatto mancare i suoi gol (l’unico a trovare la porta) e, grazie al cielo, non si è mai dovuto fermare a causa di un infortunio. Presente in tutte le partite, l’attaccante sa meglio di tutti cosa significhi giocare oggi in questa squadra. E ieri ha toccato il culmine della sua frustrazione, reagendo alla Zidane a una precedente provocazione del difensore clivense. Comportamento non da lui, che però tradisce una condizione psicologica che accomuna un po’ tutti i nerazzurri: quel ‘vorrei maga non riesco’ che nasce da un’organizzazione tattica poco attuabile e da una condizione fisica che definire deficitaria è un banale eufemismo. Poi, con la sfilza di risultati da metà classifica che ne deriva, i nervi di chi è abituato a vincere vengono messi a dura prova. Sempre dal punto di vista mentale, si evince quella sorta di spirito di rassegnazione che il tifoso interista aveva ormai dimenticato. La squadra si sta abituando alla sconfitta, non reagisce più con l’ardore di chi giudica una prestazione negativa solo un incidente di percorso. Pessimo segnale a cui Benitez stesso dovrà porre rimedio. Ma con quello che si ritrova oggi tra e mani, è arduo sperare nella svolta già da mercoledì.
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