Appuntamento importante negli studi di Inter Channel. Roberto Monzani ha intervistato il gradito ospite Gianfelice Facchetti, figlio dell'indimenticabile e indimenticato Giacinto che presenta il suo nuovo libro 'Se no che gente saremmo'. La storia di un figlio, che cerca il padre, che cerca il figlio: un racconto che unisce le grandi gesta dell'atleta simbolo di una generazione di calciatori con il ricordo di un padre che si svelava più con i gesti e con l'esempio che con le parole. Ecco quanto raccoglie FcInterNews.it delle parole di Gianfelice:

"Ho cercato di inserire nel mio libro le cose più particolari di papà che dessero spunti. Ho cercato di trascrivere in parole tante piccole cose, salvare anche qualche disegno di papà appunto trascrivendoli per non perdere nulla. Per dire, il primo capitolo è intitolato 'Liverpool' per più motivi: inizialmente perchéché io stavo andando al teatro quando papà mi chiamò per dei problemi agli esami del sangue. Qualche giorno dopo avevo pensato che era accaduto tutto in quel 12 maggio che fu la giornata del famoso Inter-Liverpool, mi sembra tutto collegato. Poi, pochi giorni dopo il centenario mi trovai a seguire la squadra proprio a Liverpool, uno stadio magico, e Cambiasso venne in albergo che mi diede il programma della partita del '65 che gli aveva regalato un tassista. Si mescolano più vicende che faccio rientrare in questo capitolo.

Dopo la morte di un genitore c'è la voglia di non uscire di casa, di chiudersi in se stessi. Però essendo Giacinto una persona che apparteneva al popolo era bello lasciarlo insieme alle persone che lo avevano amato e accompagnato nella sua storia. Quando poi è finito tutto questo viene l'elaborazione personale, ci ho pensato dopo cinque anni perché prima sarebbe stato prematuro. Abbiamo voluto anche elaborare gli attacchi che abbiamo vissuto, vedere cosa c'era dietro con tante cose particolari in negativo che però andavano a nascondere qualcosa. Per me era un atto di coraggio doveroso scrivere questo libro, perché era doveroso restituire alla gente che ha stimato papà la sua immagine.

La mia famiglia? Io ero quello che aveva seguito di più le vicende degli ultimi anni e dunque mi sono sentito in dovere di essere il più presente nelle cose mediatiche. E' stato bello che ognuno ha potuto reagire secondo i suoi tempi, ma il fatto che io abbia scritto un libro su papà non vuol dire che tutti in famiglia abbiano storie su papà da raccontare, anzi. E' un sentimento condiviso. La nascita di mio figlio mi ha dato tanto, ti proietta nell'avvenire, penso che ci siano delle cose di papà che stiano passando attraverso il mio sangue e i miei gesti nei comportamenti con il figlioletto. Papà lo adorava, anche se lo ha vissuto poco. Mattia con lui aveva un rapporto speciale, non voleva mai abbandonarlo anche quando era in ospedale.

La relazione di Palazzi? L'attacco a papà è stato molto diffuso, è arrivato da più parti e alle volte neanche troppo sottile. Io nel mio libro ho deciso di rendere conto solo di alcune cose sulle vicende di mio padre, ho messo solo quelle con spunti di riflessione più grandi e sensati - dice Facchetti junior -. Si poteva discutere di mille cose, ma la nostra famiglia però ha deciso di non voler intervenire sull'aspetto legale dei contenuti legati alle ultime vicende, l'unica cosa che ci siamo permessi di dire è che se c'è un processo come in uno stato normale, vi è un pubblico ministero che definisce l'accusa, con un avvocato a difendere l'accusato e il giudice che conclude il tutto.

A questo punto, non essendoci un avvocato nè un giudice, il senso giuridico di tutto ciò era inesistente. Il resto non voglio e non vogliamo più considerarlo, perché poi potremmo spostarci sul piano morale ma per me non c'è bisogno di rimarcare ulteriori cose. Il nome di Facchetti è stato difeso più volte (da Gigi Riva e non solo, ndr), per cui credo che non bisogna aggiungere altro. Una figura come quella di Giacinto Facchetti è stata ricoperta di valutazioni di ogni tipo, anche di onori, ma un uomo non ha bisogno di pietà ma di diritto. Tutto quanto accaduto non aveva assolutamente un senso giudirico: quello che ci chiediamo, dunque, è perché aprire tutto questo caso?

La gente non ha coraggio. Dopo la relazione di Palazzi qualcuno della Figc aveva ribadito cose positive riguardo a Facchetti, ma non c'è il coraggio di andare fino in fondo. Dove sono ora quelli che dovevano dimettersi dopo lo scandalo? Calciopoli è stata un'occasione mancata per il cambiamento del calcio italiano". Si chiude parlando dell'Inter: "Mi aspetto di vedere la crescita di qualcosa di nuovo. A Palermo è un bel test, Gasperini mi dà molta fiducia da un punto di vista umano e tecnico. Aldilà della partenza di Eto'o che può dispiacere, mi sembra che non manchino gli elementi per un futuro positivo per l'Inter".

Sezione: In Primo Piano / Data: Ven 09 settembre 2011 alle 21:25
Autore: Fabrizio Romano
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