Rivelazioni clamorose arrivano direttamente da Gian Piero Gasperini. L'ex tecnico nerazzurro, allo scadere di un 'girone' esatto dal suo esonero che arrivò proprio dopo la sconfitta di Novara (era il 20 settembre 2011), si toglie tanti sassolini dalle scarpe e rivela tutte le verità di quel periodo buio all'Inter. A partire, ovviamente, dalle strategie sul mercato con retroscena veramente pazzeschi.

LA CHIAMATA, MOTTA E PALACIO  - "Moratti mi spiegò che per il fair-play finanziario un pezzo grosso dovevapartire, ma che Eto'o sarebbe rimasto. L'obiettivo era quello di rigenerare un gruppo che aveva dato segni di fatica e incominciare a preparare il ricambio. Bene. A me bastavano Palacio, un centrocampista e un difensore, visti gli infortuni nel reparto. Quale centrocampista? Si pensava a Vidal, a me piaceva anche Nainggolan che però non veniva ritenuto da Inter. Come Criscito, per non dire di Palacio che si poteva prendere. Cercavano Sanchez, Lavezzi, Tevez, molto meno abbordabili. Io col tridente Palacio, Milito ed Eto'o ero pronto a sfidare il mondo. Fui accontentato almeno con Thiago Motta, cui l'Inter aveva chiesto di trovarsi una squadra, e con Milito, che rifiutò una grande proposta (Psg, ndr). Bastava poco: due-tre giocatori, non i nove che ha poi comprato l'Inter. Alla faccia del fair-play. Questo è il grande rimpianto. Bastava davvero poco per fare bene".

SNEIJDER SI', ETO'O NO - "Le difficoltà del mercato fecero partire Eto'o. Arrivarono Forlan e Zarate, molto diversi da Palacio. All'ultimo. Ma una grande squadra dev'essere definita a inizio raduno per lavorare insieme. A luglio allenai metà squadra, gli altri erano in Coppa America. Ad agosto, partiti i nazionali, l'altra metà. Il gruppo intero l'ho allenato tre giorni prima del campionato, senza il necessario rodaggio"

CLAMOROSO BALOTELLI - "A Dublino Moratti mi parlò della possibilità di riprendere Mario. Forse aveva parlato con Mancini. Mi spiegò però che eravamo i soli all'Inter a volerlo. Presidente e allenatore: pensavo bastasse".

DIFFERENZA DI VEDUTE - Nelle parole di Gasperini, stoccate anche alla visione calcistica nei piani alti dell'Inter: "Alla prima a Palermo perdemmo, ma giocammo bene. Pagammo alcuni errori individuali. Chiedevo cose nuove: aggredire di più, salire per accorciare e rubare la palla. La squadra aveva paura degli spazi che si lasciava dietro, tendeva a scappare invece di anticipare e così era più facile subire ripartenze. Avremmo corretto i difetti in allenamento. Eravamo insieme da poco. Ma invece di valutare la prestazione alla luce del contesto, venne ridotto tutto alla difesa a tre. Assurdo. Io ero convinto di avere giocatori forti che dovevano solo diventare più squadra. Motivandoli con un gioco diverso, avrebbero trovato nuovi stimoli. Resto convinto: l'Inter ha giocatori forti, può ancora vincere lo scudetto. All'Inter sono convinti del contrario: di avere giocatori logori che formano però una grande squadra, se giocano come hanno sempre fatto. Ma allora perché chiamare me? Lo sapevano come gioco. Io non mi sono proposto. Sono stato scelto".

SVOLTA TRABZONSPOR - "Infatti concedemmo la palla ai turchi. La squadra non reggeva due punte e un trequartista che non partecipano alla fase difensiva. Però la sconfitta fu giustificata con la sfiga e con il loro gol in fuorigioco. Senza l'eresia della difesa a tre, tutto era perdonabile. Il giorno dopo dissi alla squadra: mai più così, piuttosto torno ad allenare i ragazzini. Quello non è il mio calcio. E ho tirato dritto con le mie idee, anche per dare un segnale chiaro ai giocatori".

ROMA E NOVARA - "Pazzini è un grande realizzatore, ma per me era fondamentale recuperare il miglior Milito, che segna e fa segnare. Uno dei pochissimi in Italia che sposta gli equilibri, come sta dimostrando. Veniva da una stagione di infortuni, aveva bisogno di giocare. Non capivo tanta diffidenza per un giocatore così determinante nei trionfi dell'Inter. Con la Roma non giocammo male. Fantastico Sneijder, solo sfortunato in zona gol. Wesley può fare tutto, è un giocatore completo. Deve rivedere solo certi comportamenti. Più della Roma rischiammo di vincere, ma si parlò di Pazzini e del modulo. A Novara speravo di riuscire a conquistare il gruppo con il lavoro di campo e le prestazioni, recuperando gente come Motta e Maicon. I ragazzi mi seguivano, poi hanno assorbito lo scetticismo dell'ambiente".

CASO CAMBIASSO - "Non ordinò alcuna difesa a 4. Il giorno dopo Cambiasso mi ha telefonato per spiegarmi quel gesto mostrato dalla tv. Diceva a Ranocchia, in occasione di un nostro angolo: "Vai a saltare, restiamo in quattro al limite". Con i giocatori non ho avuto problemi, a parte uno. Chi era? No, non voglio fare polemiche. Il problema vero è che non ci siamo trovati con la società, né sulle idee di gioco, né sulla valutazione di alcuni singoli. Io ero disposto a dare spazio ai giovani Coutinho e Castaignos, ma allora perché Zarate e Forlan che li chiudono?".

FERITO MA CARICO - "Quando si riferiscono solo a me parlando dell'inizio stentato dell'Inter. Ma io ho fatto tre partite, mentre l'Inter è stata 15ª-16ª per mesi. Quando sono stato esonerato, il Milan aveva solo un punto un più. E poi il fatto che abbiano scaricato tutti i problemi sui miei presunti dogmi tattici. Ora sento dire che questa Inter non regge due punte e trequartista. Lo dicevo in agosto. Ma sto bene. Caricato dalla constatazione che il calcio che piace a me vince: rubare palla e non aspettare che gli altri la perdano. Giocare con coraggio e grande ritmo. I risultati danno entusiasmo, ma la vera autostima te la dà solo la prestazione. La Roma può anche perdere, ma lo vedi che si sente forte grazie al suo gioco. La Juve è ancora meglio perché più duttile e imprevedibile. La Juve ha battuto il Milan a San Siro con la famosa difesa a tre, come il Barcellona. Con la difesa a tre giocano bene Napoli e Udinese. Il calcio è evoluzione. Chi resta fermo a ripetere le cose che ha sempre fatto è antico".

Stilettata a Ranieri e Moratti?. "Le esperienze negative forgiano, ne esci più forte. Cerco una società che mi permetta di insegnare il mio calcio, ne condivida metodi e obiettivi. Non è un bel momento per gli allenatori. Per delegittimarti dicono che "il giocatore è fuori ruolo" oppure parlano di moduli, comese cambiare disposizione risolvesse i problemi. Sono le cose che sa fare un giocatore a risolverli. Un tempo l'allenatore era un riferimento importante. Oggi c'è sempre qualcuno che ne sa di più. Siamo carne da macello. E poi voglio fare l'allenatore che allena, non che gestisce. Se un giocatore deve bere tre birre in meno, glielo dica la società. Io alleno".

IL GIOIELLO LUCAS - Anche una battuta su Lucas, talento brasiliano che l'Inter segue da tempo. Gasperini ne discute così: "Buon giocatore, con molte pause. In Italia non farebbe le cose di Palacio. Magari lo supererà, ma nessuno si aspetti subito magie".

LA VISITA DA PEP - "Al Barcellona mi invitò Guardiola con Estiarte dopo l'esonero all'Inter. Mi affascina la ricerca continua di Pep nonostante i tanti trionfi: quest'anno ha provato anche il 3-3-4. Allena la superiorità che poi vedi in campo con l'organizzazione perfetta: nelle partitelle una squadra ha sempre uno o due uomini in più. Altra cosa bella: nessun cenno di divismo. Si allenano e si divertono come bambini".

 

Fabrizio Romano - Alessandro Cavasinni

Sezione: In Primo Piano / Data: Sab 11 febbraio 2012 alle 02:52 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Fabrizio Romano
vedi letture
Print