A Roma è arrivato il giorno di José Mourinho. Accolto trionfalmente dai tifosi giallorossi, lo Special One ha rilasciato la prima intervista da neo tecnico capitolino per il sito ufficiale del club. Al quale rivela in primo luogo il suo entusiasmo per questa nuova avventura italiana: "Sono entusiasta sin dal primo giorno. E sono sincero quando dico sin dal primo giorno. Quando il primo giorno ho incontrato la proprietà e Tiago Pinto, ho avuto subito delle sensazioni molto positive. E questo significa molto per me. Il mio entusiasmo, ovviamente, si basa sulle conversazioni che abbiamo avuto, sulle idee che ci siamo scambiati, ma anche su qualcosa a cui io do molto valore: le sensazioni umane. L'empatia. Sin dal primo giorno ho avuto voglia che arrivasse il vero primo giorno, cioè il giorno in cui sarei arrivato a Roma. Vogliamo creare una Roma vincente, ma vogliamo anche creare un futuro vincente. Non vogliamo che il successo sia un momento isolato. Un momento che, ovviamente, tutti si godrebbero. Ma vogliamo che le conseguenze... Non vogliamo che ci siano conseguenze negative. Vogliamo creare qualcosa che duri nel tempo. Vogliamo iniziare a organizzare al meglio il club in ogni area che abbia a che fare con la squadra.".

Inevitabile un riferimento ai suoi anni alla guida dell'Inter e sui cambiamenti vissuti in questi undici anni: "Sono migliorato molto. Dico sul serio, sono un allenatore migliore. Perché penso che questo stia un lavoro in cui l'esperienza conti molto. Con l'esperienza... Sembra di vivere poi dei déja vu, perché si vivono moltissime esperienze. Dopo l'Italia sono andato al Real Madrid, che è stata un'esperienza incredibile, e ho realizzato il mio sogno di vincere in Italia, in Inghilterra e in Spagna. Poi sono tornato in Inghilterra, perché lì c'è la mia famiglia, ed è lì che volevo tornare. Ho addirittura vissuto l'esperienza estrema di portare una squadra in finale e poi di non giocare quella finale. Qualcosa che pensavo non sarebbe mai successo nella mia carriera. E invece è successo. Quindi, dopo aver vissuto così tante esperienze e aver imparato dai momenti positive e da quelli negativi, sono molto più preparato rispetto al passato. È un lavoro in cui puoi solo migliorare, fino a quando non perdi gli stimoli. Perché credo sia l'unico motivo per il quale un allenatore di calcio possa decidere di smettere o di smettere di imparare. Non è il mio caso, tutt'altro. Ovviamente un conto è arrivare in un Paese per la prima volta, dove devi partire da zero e imparare moltissime cose. Ma non è il mio caso. Conosco l'Italia come Paese, conosco la cultura calcistica italiana, so qualche cosa anche della Roma, perché quando allenavo in Italia, la Roma era la mia principale antagonista. Era la squadra che lottava con noi per aggiudicarsi i trofei. Quindi, penso di essere in una posizione migliore ora rispetto a quando sono arrivato in Italia per la prima volta nel 2008”.
Sezione: Focus / Data: Ven 02 luglio 2021 alle 20:23
Autore: Christian Liotta
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