"La Serie A non è più quella di una volta. E se è davvero così, è normale che la Nazionale prima o poi paghi dazio". Parla chiaro, chiarissimo Darko Pancev, intervistato dalla Gazzetta dello Sport. Il Cobra che in nerazzurro divenne Ramarro, ricorda i tempi in nerazzurro. Tempi poco felici per il macedone.

Rispetto ai suoi tempi è cambiato tanto. Inter e Milan in mano ai cinesi, per esempio...
"Non me lo sarei mai aspettato. Ma da voi il calcio fa parte delle cose importanti, perciò gli investimenti dall’estero devono essere i benvenuti. Certo, a patto che mantengano tale o facciano crescere l’entusiasmo".

Una volta definì l’arrivo all’Inter come l’errore più grande della sua carriera: conferma?
"Ora sarebbe facile dire che ho sbagliato a scegliere l’Inter. Per come sono andate le cose, piuttosto, mi sento sollevato dal non essere stato l’unico a fare quello sbaglio".

Il rapporto con Bagnoli non è mai decollato: come mai?
"Non era male come allenatore, ma non era da Inter. Però è stata tutta la situazione intorno a me che mi ha portato alla disperazione per non riuscire a dare il meglio. E pensare che avevo rifiutato offerte da Real, Barça, Manchester United...".

È vero che il gruppo degli italiani voleva farla fuori per far giocare Schillaci?
"È una leggenda ben nota. Io posso dire solo due cose: che con Totò avevo un buon rapporto, e che se avessi giocato le sue partite avrei segnato di più".

Altra sentenza dell’epoca: Pancev non corre. Vero o no?
"A differenza degli altri un centravanti deve correre in certi momenti, al massimo della velocità, per arrivare sul pallone. Ma all’epoca i tifosi dell’Inter si entusiasmavano per un tackle o per una palla recuperata perché in quella squadra non esistevano i passaggi. Sa qual è stato il problema alla fine? Che gli scout dell’Inter erano venuti a vedermi almeno dieci volte, io invece non avevo mai visto come giocava l’Inter".

Lei arrivò all’Inter con Pellegrini, dell’epoca Moratti ha vissuto solo pochi mesi..
"E mi spiace che Moratti invece di parlarmi di persona mi mandava altre persone"».

In Italia lei non ingranò mentre gli altri di quella Stella Rossa come Mihajlovic, Jugovic e Savicevic sì.
"Savicevic nel primo anno a Milano aveva i miei stessi problemi. Ma lui era dall’altra parte, con un altro presidente e un’altra organizzazione"

E gli sfottò dei tifosi? Le facevano male?
"Ma no, i tifosi li capisco, arrivavo come un top player e le attese erano grandi. Ma pensi a Shevchenko al Chelsea, a Henry alla Juve, allo stesso Sammer all’Inter… anche loro hanno avuto i miei stessi guai".

Come anche Jonk, Bergkamp, Shalimov e così via in nerazzurro. Tutti bidoni o qualcosa non andava?
"Giocavamo male. Ricordo ancora di quando, dopo una partita con la Reggiana, Bergkamp si confidò con me: “Darko, mi trovo male in campo”. E io: “Chiaro, qui segniamo solo con le punizioni di Sosa”. Lui e Sammer poi hanno trovato la loro fortuna, io invece sono stato testardo, troppo orgoglioso e convinto delle mie capacità, ho detto no a Ferguson e al Manchester United e all’Inter ci ho rimesso la carriera".

Oggi in chi si rivede?
"Lewandowski. In seconda battuta, Suarez".

 

Sezione: Ex nerazzurri / Data: Dom 09 ottobre 2016 alle 11:24 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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