Tra passato, presente e futuro. Darko Pancev, doppio ex di Inter e Stella Rossa, commenta in esclusiva l’imminente gara di Champions tra nerazzurri e serbi. “Sono due squadre famose con una lunga e ricca tradizione e storia calcistica. Entrambe sono riconosciute e accettate, si trovano meritatamente nell'elenco delle eterne e delle più grandi squadre dei documenti UEFA e FIFA. Vincitrici di titoli europei e mondiali, sono tra i club più famosi e popolari del pianeta, supportati da un esercito di tifosi a livello mondiale. L'Inter è sicuramente tra i primi 10 club al mondo. Quello che ci si può aspettare dall’incontro è un duello tra due giganti, che ancora coltivano la filosofia del calcio. L’Inter è attualmente in una situazione migliore se si tiene conto del suo grande potere finanziario e della qualità del campionato in cui milita. Negli ultimi anni ha dominato la A, ha calciatori di rilievo, con molta esperienza, il che è molto importante, ma anche decisivo, in partite del genere. La Stella Rossa è superiore nel suo campionato, con una rosa composta da giocatori giovani e relativamente sconosciuti fuori del loro Paese. A causa delle circostanze finanziarie, la squadra vende i migliori ogni stagione e militano in un campionato significativamente più debole di quello italiano. Vista così, l'Inter è la favorita in assoluto. Ma nel calcio il favorito non sempre vince. L’ispirazione, la concentrazione e il desiderio del voler dimostrare e del vincere sono fattori che possono dare un vantaggio alla squadra più debole. Prima della partita tra Italia e Macedonia nelle qualificazioni ai Mondiali di Qatar 2022, su un percorso simile, alla domanda nella mia intervista ai media italiani su quanto l'Italia fosse la favorita in assoluto, ho avvertito con gli stessi argomenti che gli azzurri non avrebbero dovuto sottovalutare la squadra macedone. Abbiamo visto cosa è successo ed è un buon promemoria. La Stella Rossa non ha una squadra potente ed esperta al momento, ma proviene dalle aree di ex- Jugoslavia, che ha sempre prodotto talenti eccezionali, ricordate Savicevic, Boban, Boksic, Jugovic, Jarni e ovviamente Stojkovic. Ci sono tutte le condizioni giuste per vedere una bella partita. Non vedo l'ora”.
Cosa pensa dell’Inter attuale?
“L’Inter è un grande club e negli ultimi vent’anni ha cambiato significatamene la sua tattica di gioco in campo. Con l’arrivo del presidente Moratti e del suo team di persone l’era del calcio difensivo e poco attraente della mia permanenza a Milano è stato superato. Ci è voluto tanto tempo, ma alla fine la tenacia e l’impegno hanno ripagato, direi dall’arrivo di Mancini in panchina. La squadra adesso vuole giocare, competere, attaccare, normalmente i risultati non mancano. La corretta politica di scouting ha portato giocatori come Barella e Calhanoglu, il talentuoso Thuram e specialmente Lautaro in attacco. L’Inter è una seria contendente per arrivare lontano in Champions League e la favorita numero uno per lo scudetto. Per dare una valutazione della squadra attuale, anche se non è la domanda, vi riporto al 2010 quando hanno vinto la Champions, con la squadra composta da ottimi calciatori e con un mister serio e capace. Erano stati campioni in Italia per diversi anni, ma negli ambienti calcistici non erano considerati come i principali favoriti per la vittoria finale della coppa dalle grandi orecchie. Poi tutto ha funzionato alla perfezione. Con un giocatore che si distinse e segnò il successo dell’Inter, Milito. L'essenza di questo gioco è la vittoria sull'avversario e l'obiettivo è il mezzo con cui raggiungerlo. Milito era stato il miglior marcatore, segnò di partita in partita, fino alla doppietta alla finale. Dico questo perché non mi avete chiesto cosa potrebbe mancare alla squadra per ripetere questo grande successo. Ad esempio, i due più grandi allenatori di oggi, Guardiola e Ancelotti, sembrano aver compreso correttamente e tempestivamente l'importanza di quella posizione e dell’organizzare il gioco delle loro squadre verso l'attacco e la porta avversaria, l’importanza del numero 9. Guardiola ha praticato a lungo il gioco del falso nueve, ma non era riuscito a vincere la Champions League nonostante gli ingenti soldi spesi nel mercato. Ha risolto il dilemma portando Haaland, gli ha puntato quasi tutte le palle e ci è riuscito. Insomma, riportando gli esempi di Milito e Haaland vi riporto ad una grande ingiustizia. Durante l'anno hanno segnato con i loro gol e hanno contribuito in modo significativo ai loro club, diventando campioni nei campionati nazionali, europei e mondiali per club, ma non hanno vinto il Pallone d'Oro. Incredibile”.
Cosa pensa della Stella Rossa di oggi?
“Penso che dopo tanti anni, quasi venti, si sono guadagnati un posto fisso nella fase a gironi Champions. Può essere considerato un soddisfacente progresso dopo i modesti risultati ottenuti nel panorama calcistico europeo. Ci è voluto quasi lo stesso periodo, 1992-2010 di Moratti, per riportare l'Inter in auge, con Mancini che vince lo scudetto, più volte in Italia e poi in Europa. Nella nuova squadra il capitano Ivanić è il migliore giocatore, per me il super talento è Maksimović in mezzo al campo. Occhio agli attaccanti Olalinka e Sheriff e al rinforzo dallo Stoccarda, Silas, che dovrebbe rilanciare il gioco ad un livello superiore”.
Quali sono i suoi migliori ricordi all’Inter?
“Due emozioni opposte evocano i primi ricordi di quel tempo. Il primo: la presentazione davanti a diverse migliaia di tifosi dalla terrazza dell'Hotel Savoy, nel centro di Milano. Un’ accoglienza degna di un giocatore che nella stagione 1990/91 vinse Pallone d'Argento, Scarpa d'Oro e fu capocannoniere in tutti i gironi delle qualificazioni agli Europei in Svezia. Nella ex Jugoslavia ho vinto una doppia corona con la Stella Rossa, sono diventato campione europeo e mondiale per club, ero in forma e pieno di fiducia in me stesso, e quel tipo di trattamento naturalmente mi si addiceva. In tutte quelle competizioni avevo segnato ufficialmente 61 gol, fu un grande risultato. Poi all’Inter, nelle prime due partite di Coppa Italia contro la Reggiana ho fatto 5 gol e sembrava tutto ideale, come in una fiaba. Un mese dopo il girone d'andata giocato in Italia, nello spogliatoio ecco una doccia fredda. Il mitico Matthias Sammer venne da me e direttamente in tedesco disse: 'Darko, qui non c'è nessun gioco, via, via'. Sono rimasto scioccato dal suo pensiero. Presto fece le valigie e lasciò il club. Non ho ascoltato il suo consiglio e sono rimasto testardamente. Lui lesse bene la situazione, avrei dovuto fare lo stesso. Poi sostanzialmente tutto andò al Diavolo! Fiducioso e ottimista, Io non avevo idea di cosa stesse succedendo, mentre Sammer fece una carriera fantastica. Non è che nello spogliatoio non ci fossero giocatori bravi. Tuttavia, l'atmosfera stessa diceva che qualcosa non andava. Né professionale, né collegiale, né organizzativa. La Stella Rossa allora era organizzata a un livello molto più alto. Sammer, Alessandro Bianchi, Nicola Berti, Bergkamp, Jong, sono stati eccezionali, ma ancora non tanto da rappresentare una squadra potente, una squadra che poteva scalare la vetta dell'Europa. Lo scudetto era troppo alto per noi. Soprattutto se nella stessa città, nello stesso stadio, hai un esempio completamente opposto. L'impegno e l'amore di Berlusconi, Galliani e dei collaboratori, una squadra ben pianificata e ragionata con giocatori come Baresi, Maldini, Van Basten, Gullit, Rijkaard, i nuovi arrivati Savicevic e gli altri e un'organizzazione perfetta. Quella era la formula per la quale il Milan era in testa e l'Inter era sullo sfondo”.
L’Inter di oggi può vincere Serie A e Champions?
“Per vincere il titolo nel campionato italiano la favorita assoluta è l'Inter, ma per la Champions l'Inter sarà nella rosa dei candidati, ma io ancora penso che le principali aspiranti siano Real, City e Bayern”.
Le piace come allenatore Inzaghi?
“Assolutamente, è un allenatore moderno, conosce benissimo i segreti del calcio, lui ha già esperienza e, soprattutto, ha voglia di competere. Coltiva un’idea offensiva, un gioco d’attacco e lui stesso è uno di quelli che possono portare la squadra nella direzione desiderata”.
Lautaro può vincere il Pallone d’Oro?
“Lautaro è un giocatore fantastico, ma la prima condizione per un risultato del genere sono i tanti gol, ha bisogno di segnare per far sì che l'Inter vinca lo scudetto e poi la Champions League. Questo compito è difficile, ma non impossibile. Ci sarà una seria competizione sui nomi menzionato in precedenza. Tuttavia, tutto è possibile”.
Apprezza Taremi e Thuram?
“Non conosco nel profondo Taremi, non posso sbilanciarmi, ma Thuram è molto promettente, ha ottime prestazioni e se si dedica completamente al calcio si lancerà verso le vette che il suo straordinario talento merita”.
Quale attaccante dell’Inter potrebbe essere paragonato a lei?
“È difficile per me fare paragoni del genere, in più io ero il classico nove e l'Inter non ha quel tipo di giocatore. Lautaro, forse Thuram, ma il loro handicap è che non hanno Savicevic, Stojkovic o Prosinechki nella Stella Rossa, oppure Boban e Jarni in Nazionale. I miei obiettivi in molti modi dipendevano da loro. Non sono sicuro che ci siano calciatori del genere nell'Inter nemmeno oggi”.
Chi potrebbe mettere in difficoltà l’Inter di oggi per la Stella Rossa?
“Mi piacerebbe che i giovani Maksimovic, Olalinka o Silas vivessero la loro giornata e si comportassero bene. Per i giovani della Stella Rossa sarebbe stato più favorevole se la partita fosse stata giocata al Maracana di Belgrado per la magnifica atmosfera. Sarebbero stati più motivati, il pubblico li avrebbe portati a dare il massimo e sarebbe stato un’ulteriore occasione per far conoscere l’Inter e il calcio italiano in questa parte d’Europa. Ma chi lo sa, è possibile che il celebre stadio San Siro sia la vera ispirazione per la squadra serba”.
Per chi farà il tifo?
“Spero che lei non sia serio nel pormi questa domanda...”.
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