Un gol al Milan, due al Dnipro, due alla Roma. Ben cinque in tre partite, per di più sempre in rimonta e in inferiorità numerica in Europa League. Più un buon numero di occasioni non realizzate per sfortuna o bravura dei portieri. Questo è un aspetto confortante del primo approccio di Roberto Mancini all'Inter, atto secondo. Mentre con la precedente gestione tecnica si faceva estrema fatica a tirare in porta, escluso quando si affrontava il Sassuolo, ora l'Inter inizia a fare male, benché un professore del gol come Rodrigo Palacio risulti ancora tra i non pervenuti nella speciale classifica dei realizzatori.

Con Mancini al timone si nota più coraggio, più propensione alla giocata, è mutato lo spirito di una squadra che prima sembrava squagliarsi alla prima difficoltà e che invece adesso reagisce cercando di ricordarsi di chiamarsi Inter come la invita a fare il suo allenatore, che ha poca dimestichezza con i cosiddetti anno zero e i processi di crescita. Roberto Mancini vorrebbe tutto e subito, lo ha detto lui stesso in sede di presentazione che lottare per un terzo posto, e non per vincere, lo mandi in depressione calcistica. Ma le ambizioni di un tecnico così, che è sempre meglio avere a difesa dei colori nerazzurri, non possono purtroppo al momento sposarsi con una squadra priva di giocatori tatticamente e tecnicamente funzionali a un allenatore abituato a mangiare caviale e non pane e salame.

Ormai è chiaro come Mancini lanci precisi segnali alla società al momento di scegliere la formazione, ma soprattutto le zone del campo dove collocare i giocatori. Quando fu ufficializzata l'inattesa svolta tecnica, si sono spese parole e scritto molto su un Kovacic che potesse diventare il Mancini dell'Inter, dietro le punte. E invece no. Nel derby il giovane talento croato galleggiava sulla sinistra, peraltro non prendendola quasi mai al cospetto di Rami, non certo di Berti Vogts. Quattro giorni dopo l'Inter si ripresenta a San Siro con il Dnipro, Mancini sceglie in attacco Icardi e Osvaldo, ma è a sorpresa Maurito a agire sull'esterno, mentre Osvaldo, che per caratteristche è più adatto a svariare, agisce da punta centrale.

Domenica scorsa all'Olimpico di Roma, a centrocampo gli esterni erano Guarin a destra e Kuzmanovic a sinistra. Nella difesa a quattro, marchio di fabbrica del Mancio, complici anche gli infortuni i due terzini rispondevano al nome di Campagnaro, altro centrale e Dodò, che nella vita tutto sa fare tranne che il difensore, specialmente contro gente dalle caratteristiche di Gervinho o Ljajic. Traduzione: compratemi giocatori bravi e di ruolo sulle corsie esterne, specialmente in attacco. Quelli capaci di saltare l'uomo nell'uno contro uno e creare la cosiddetta superiorità numerica, insomma.

Nell'Inter attuale manca la qualità, è palese. Contro la Roma abbiamo visto come i vari Keita, Pjanic, Totti e compagnia sapessero scambiarsi il pallone sul lungo o sullo stretto, arrivando sempre in zona gol, con una semplicità e una fluidità che in casa nostra è pura utopia. L'Inter ha mostrato miglioramenti nella geometria, nell'andare senza palla nello spazio, ma la sfera tra i piedi scotta ancora, perché i piedi sono quelli che sono. Non potendo puntare a Bale, Di Maria, Messi e Cristiano Ronaldo, pensiamo che Mancini possa accontentarsi di un Alessio Cerci che scalda la panchina all'Atletico Madrid e che sarebbe ben felice di tornare in Italia. I due si stimano da tempo, Mancio lo ha inserito nella lista da consegnare a Thohir nei prossimi giorni, quando si materializzerà l'incontro che getterà le basi per i movimenti di mercato del club nerazzurro nella finestra di gennaio. E dietro sarebbe benvenuto il sognor Kolarov, altro pupillo del tecnico di Jesi.

Intanto l'Inter si trova tristemente nella parte destra della classifica con l'obbligo di non guardarla per non deprimersi ancora di più. Domenica sera, dopo una settimana di lavoro piena, al Meazza arriverà l'Udinese del nostro amico Strama. Evitato l'appiedamento post-espulsione dell'Olimpico, Roberto Mancini esordirà finalmente in casa, visto che il derby si giocava per calendario in trasferta e con il Dnipro era in tribuna per una squalifica rimediata ai tempi del Galatasaray. Si può dire che contro i bianconeri friulani inizierà veramente il campionato dell'Inter targata Mancini. Prestazione e risultato scateneranno i giudizi sul nuovo corso. E magari chi prima affossava Mazzarri solo per un colpo di tosse, ora sarà pronto a rivalutarlo. Ma questo è uno sport noto nel calcio, specialmente nell'ambiente Inter.

Le difficoltà sono tante, forse troppe anche per Mancini. Ma i tifosi dell'Inter devono essere felici di rivedere in panchina un tecnico che non si accontenta. E che non parla solo di calcio, barche, orologi e sciarpe. Roberto Mancini è stato nominato lunedì a Roma ambasciatore dell'Unicef, di cui è testimonial attivo da un paio d'anni. Molta gente non lo sapeva e a me piace sottolinearlo.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 03 dicembre 2014 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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