La Capolista vince, gioca un calcio magnifico... e se ne va. Se ne va verso un obiettivo, quello della seconda stella, che rappresenterebbe il fiore all'occhiello della gestione targata Suning. La Champions League, ex Coppa dei Campioni, è il grande sogno di tutte le squadre, di tutti i calciatori, di tutti gli allenatori. Il fascino della grande notte europea non ha eguali. Abbiamo ancora i brividi pensando che solo nove mesi fa l'Inter era protagonista a Istanbul in una finale non pronosticabile a inizio torneo e poi persa per un nulla. Ma sono gli scudetti, al termine di una maratona lunga nove mesi, il vero termometro della forza di una rosa e della bontà del lavoro compiuto da un club. La maglia con il tricolore cucito sul petto infiamma i tifosi che vivono di campanilismo. E quando il successo finale è anche sinonimo di disperazione (calcistica) dei rivali storici, la conquista vale doppio. Il poker calato contro l'Atalanta sancisce un più dodici sulla seconda a dodici giornate dal termine del campionato. Ma più del distacco, rilevante, è il modo con cui la Beneamata vinca le partite a far pensare ai più che l'epilogo sia già scritto.
Detto questo, sappiamo anche che con i tre punti in palio è bene non dare nulla per scontato e allora sia lodato Simone Inzaghi quando continua a dire: “Dobbiamo rimanere concentrati anche quando dormiamo”. Simone Inzaghi, 48 anni fra un mese, definito scherzosamente sui social “il Demone di Piacenza”. In due anni e mezzo di Inter, con un mercato quasi sempre a costo zero, ha portato nella bacheca nerazzurra due Coppe Italia, tre Supercoppe di lega e ha raggiunto una finale di Champions giocata alla pari, se non meglio, del celebrato City di Guardiola, che ha tremato sino al novantesimo prima di alzare la Coppa. Ma dopo quella grande avventura europea, la dura legge del bilancio e un paio di “tradimenti” non preventivati, hanno imposto la rinuncia di giocatori del calibro di Lukaku, Brozovic, Dzeko, Skriniar, Onana e lo stesso Bellanova che sta conquistando la Torino granata. Si è ritirato un uomo spogliatoio come Samir Handanovic che all'Inter, al netto dei giudizi tecnici, ha dato moltissimo. La dirigenza è stata magica nel sostituire i partenti con elementi che hanno smentito gli scettici, offrendo un rendimento straordinario. Emblematico l'esempio di Marcus Thuram, concentrato di forza fisica, velocità, tecnica e allegria.
Ma se, cambiando così tanti ingredienti, il piatto risulti molto più buono di quello passato, l'applauso maggiore lo merita lo chef che ha cucinato come meglio non si potrebbe. Grazie all'intuzione del mister, Hakan Calhanoglu si è trasformato in uno dei migliori registi d'Europa e quindi del mondo. Il suo 3-5-2 rivisitato e approfondito grazie ad un appassionato lavoro sul campo di allenamento, ha partorito un'Inter capace di attaccare e difendere con un'armonia e bellezza di movimenti mai fini a se stessi. Dopo i due anni targati Antonio Conte, che hanno portato alla Pinetina uno scudetto e la cosiddetta mentalità vincente che la “Pazza Inter” sembrava rifiutare, Simone Inzaghi è stato un toccasana. Le difficoltà finanziarie non potevano supportare un grande allenatore che però non era disposto ad anteporre gli interessi del club alle sue richieste non in sintonia con i tempi. Lo ha fatto invece il mister attuale, con umiltà, educazione, senso di appartenenza.
L'Inter è cresciuta ancora di più con Simone Inzaghi e Simone Inzaghi, già vincente alla Lazio, è cresciuto in maniera esponenziale con l'Inter. Da bravo allenatore, ma forse considerato dai giocatori, nel suo primo anno a Milano, come un compagno di squadra, Inzaghi si è trasformato nel condottiero della squadra. Ne ha fatti di errori, come tutti. Ha subito, dopo le dodici sconfitte nel campionato scorso, molte critiche. Alcune costruttive, altre altamente ingenerose, per non dire offensive. E a chi pregustava già l'esonero, lui ha non ha risposto a parole, ma sul campo, portando l'Inter a Istanbul. Quello che sta facendo in questa stagione, insieme a staff, giocatori e società, è sotto gli occhi di tutti.
Lode a te, Demone di Piacenza e lunga vita all'Inter.
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