L’Inter campione d’Italia scende in campo nel lunch match delle 12.30 contro il Torino, per onorare il campionato fino alla fine e concedersi l’abbraccio di San Siro, prima della grande parata.
Inzaghi conferma nove undicesimi della formazione del derby leggendario del lunedì precedente. Fuori Dimarco e Acerbi per guai fisici, dentro Carlos e De Vrij. I nerazzurri partono un po’ compassati e imprecisi dalla tre quarti in sù, merito di un Torino che va a prendere uomo su uomo i propri avversari e accetta duelli a tutto campo. Juric dispone la squadra con un inedito 4-2-3-1, con la difesa a 4 molto offensiva e Zapata unica punta, davanti alla cerniera Ricci-Vlasic-Lazaro. Questo terzetto dietro l’unico centravanti, che si è visto anche in altre squadre che hanno affrontato l’Inter quest’anno, serve per ridurre i metri, e quindi il tempo, quando si vanno a prendere i braccetti che portano palla, e alla stessa maniera fare densità in mezzo non permettendo - nelle intenzioni - al trio Calhanoglu-Barella-Mkhitaryan di giocare fluidi e salire in cattedra. Il Torino sviluppa la manovra molto più a destra, con Bellanova sempre molto largo e cercato dai compagni, mentre a sinistra Rodriguez spesso taglia in mezzo a presidiare il centro-sinistra e lascia Lazaro affondare in fascia. Quindi di fatto in attacco il Torino si dispone con un 3-5-2, con a turno Ricci e Vlasic che vanno a occupare la posizione di seconda punta vicino a Zapata. Il numero 91 è il più pericoloso e tiene in apprensione la difesa interista con tagli e prese di posizione spalle alla porta, con De Vrij che non riesce sempre ad anticiparlo. In generale la partita è improntata sui duelli uomo-uomo e sull’accettazione degli uno contro uno. Si vedono pochi raddoppi o preventive.
L’Inter trova più fluidità di manovra dopo il 20’, grazie a Calhanoglu e Barella che si abbassano molto da play per impostare e Pavard e Bastoni che si alzano ad occupare posizioni ibride sugli esterni tra centrocampo e attacco. Davanti la coppia Lautaro Thuram è un po’ appannata anche a causa dell’aggressività e della precisione di intervento dei due centrali granata Buongiorno e Lovato che prendono la Thula uomo su uomo e li seguono per il campo, anche quando, soprattutto il Toro, si staccano verso il centrocampo per ricevere palla.
L’Inter non è solo possesso palla e fluidità di manovra: è anche capace di chiudersi, aspettare, riconquistare palla e ripartire velocemente con dai e vai di prima. Ed è proprio grazie a questa filosofia che nasce l’azione che porta all’espulsione di Tameze per fallo da ultimo uomo. Dopo il rosso, il Toro di mette a 5 dietro, con 4 centrocampisti per non perdere i duelli in mezzo, e l’unica punta Zapata a lottare contro tutta la difesa schierata, con Vlasic deputato ad alzarsi per dare una mano a Duvan. Ma l’Inter sfrutta la superiorità e comincia a riconquistare palle molti metri più avanti rispetto a prima e a far girare palla velocemente a ridosso dell’area di rigore. Questo atteggiamento porta al gol di Calha e al rigore concesso per fallo di Thuram. L’Inter si concede anche un cambio modulo inedito con l’entrata di Sanchez e Arnautovic: un 3-4-2-1 con Lautaro e Sanchez alle spalle dell’unica punta Arnautovic. Gli ultimi 25 minuti sono di gestione per i nerazzurri, pregustandosi già ciò che viene dopo. Una festa a due stelle.
Riccardo Despali
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