Un caso, l’eliminazione dell’Italia, o doveva succedere? Gianni Infantino, presidente della Fifa, risponde così alla Gazzetta dello Sport: "Temo la seconda opzione. Da tempo c’erano segnali in questo senso. Poi il tiro di Darmian contro la Svezia poteva entrare, invece di prendere il palo, ma avrebbe solo nascosto i problemi. L’Italia era la prima al mondo per organizzazione, club, formazione, strutture, alimentazione, tattica. In tutto. Ma gli altri non sono rimasti a guardare, mentre noi abbiamo dimenticato che, senza il lavoro, il talento non basta. Quanti giovani passano in prima squadra?".

Eppure l’Italia resta spesso un laboratorio d’idee. Sul mercato da ristrutturare, per esempio. Sulla Var. Perché?
"Nel nostro Dna c’è la creatività. Riguardo al mercato, capisco che sia un’urgenza italiana: quando c’erano soldi, diritti tv, successi nelle coppe, il problema era meno sentito. Ma comunque c’è da intervenire per tutti. E subito. Sono già al lavoro, ho presentato un piano con undici proposte al comitato stakeholder".

Che cosa fare?
"Quello che vedo non mi piace. Nel 2017 i trasferimenti internazionali hanno raggiunto i 6,4 miliardi di dollari, le commissioni per gli agenti il mezzo miliardo, mentre per la formazione ci sono soltanto 60 milioni. Soldi, questi, che andrebbero ai piccoli club. Com’è possibile che, mentre il giro d’affari aumenta, gli investimenti per i giovani si riducano?".

E quindi?
"Regole di trasparenza inderogabili per gli agenti. Regole sui trasferimenti, anche per l’immagine del calcio: non è bello che il mondo veda circolare sei miliardi e poi, se le autorità giudiziarie intervengono, si scoprono nero e illegalità. Riduzione della finestra di mercato estiva: troppo lunga, i campionati devono cominciare con squadre già fatte. Riduzione del numero di trasferimenti a gennaio: era il mercato di riparazione, non si può rifare la squadra. Non mi piace un giocatore che fa il girone di andata con un club e quello di ritorno con un altro".

Come un tempo.
"Non è nostalgia, le regole cambiano, ma vorrei recuperare i valori che hanno reso grande il calcio. E ancora: riduzione dei prestiti, più fondi per la formazione, rose con massimo 25 elementi. I migliori devono giocare, non fare la panchina negli stessi grandi club".

Critiche anche alla Var: giuste o si pretende troppo?
"Due minuti sono tanti per una decisione, ma scenderanno. Meglio due minuti per una decisione giusta, oppure una subito ma sbagliata? Non ci rendiamo conto che in una partita si perdono sette minuti per le rimesse dal fondo e laterali, e otto minuti e mezzo per le punizioni. Il problema sono i due della Var che possono rendere più giusto un risultato?".

Non merita però qualche correzione il protocollo?
"Credo serva più comunicazione e più chiarezza, anche per il pubblico, per evitare equivoci: in Italia un miglioramento c’è già stato. Anche se non si può chiarire tutto al video. Pensi al fallo di mano: è la palla che va in direzione del braccio o viceversa? Mi accontenterei del 99% di risposte corrette che abbiamo ormai raggiunto: il 100% no, non va bene nel calcio. Importante evitare che l’arbitro commetta errori gravi, che un Mondiale non sia vinto per un errore. L’interpretazione umana resta".

Il ranking cambierà dopo il Mondiale?
"Da luglio. Per renderlo più giusto. Mantenendo le amichevoli, ma cambiandone il peso".

Una delle battaglie in cui Fifa e Uefa possono allearsi è quella sul fair play finanziario."Il fair play e le nuove regole sui trasferimenti possono, devono, essere in simbiosi. L’80% delle spese dei club va in mercato e stipendi, troppo. Il salary cap è difficile, ma si potrebbe pensare a un tetto agli ingaggi, basato sugli introiti generali della squadra, per rendere più sostenibile il sistema. C’è la luxury tax. Senza dimenticare che le più efficaci sono le misure sportive, come gli homegrown players, cresciuti nel vivaio".

Sezione: News / Data: Gio 15 febbraio 2018 alle 10:40 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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