A tutto Massimo Moratti. Il presidente onorario dell'Inter, si concede ai microfoni di Sky Sport durante la trasmissione I Signori del Calcio. Si parte dal passaggio societario a Thohir e dai sentimenti attuali: "Non ho ancora approfondito i miei sentimenti. Credo sia profondamente giusto passare la mano dopo tanto tempo. Tranquillizza anche un po' l'ambiente - spiega Moratti -. Thohir è una persona a cui piace molto questo ambiente in cui è capitato e l'entusiasmo che suscita l'Inter. Si accorge forse che il peso di tutta questa cosa, peso però dal punto di vista della popolarità, è più grande di quello che uno possa comunque immaginarsi da lontano, ma credo che la cosa sia comunque affascinante anche per lui. Allo stadio ti dimentichi se sei tifoso veramente, per finta. Mi riprendono anche in tv con tanta passione, stai zitto per paura. Ma è bello anche sfogarsi".
Ha centrato la missione di aver reso l'interista felice? Era uno dei pensieri di suo padre... "L'interista di per sé è un tifoso attentissimo, un po' presidente, un po' allenatore e un po' snob. E' speciale, ed essere presidente è bello proprio per questo. Le persone sono riconoscenti ma non si lasciano andare, né nella disperazione che nell'esaltazione. Mio padre era tifosissimo, ancor prima di diventare presidente seguiva la squadra. Non era ambizioso, ma voleva che questa squadra diventasse sempre più importante. Più o meno la stessa cosa che è successa a me. E' un difetto quello di pensare un po' troppo, ma è anche uno scopo della vita. Non ti dimentichi di te stesso, anzi è una delle cose più belle che potessero capitarmi. Quello che è successo prima degli anni vincenti faceva parte della storia della società, era lo snobbismo che ci porta ad essere più indifferenti, sofferenti. E' una cosa bella, ma da superare. E fortunatamente ci siamo riusciti. C'era pure compiacimento di tanti che scrivevano di quel nostro periodo in cui non vincevamo, ma c'erano pure motivi seri...".
La figura di suo padre era molto importante per l'Inter. Prese la società per 100 milioni a 46 anni. Cosa ha trasferito nella sua esperienza, nel rapporto con altri dirigenti, coi media, con gli allenatori. Ha cambiato la filosofia? "Certamente ha trasferito tanto, per mille ragioni. L'esperienza vissuta da mio padre è stata intensa, diretta. Non gestiva lui l'Inter, ci trascinava e ci coivolgeva in tutto. Il mondo ora è cambiato, ma è cambiata anche l'Inter. E' cambiata la comunicazione, il mondo del calcio, i contratti dei calciatori, i procuratori. Tante cose non negative comunque. Ho cercato di vivere il tutto col piacere, e ho avuto il privilegio di avere certi compiti nella vita. Però è bellissimo. Mio padre è stao un personaggio fantastico, non ci sono paragoni da fare. C'è un'esperienza fatta assieme, e un DNA che mi ha portato e mi porta a fare le cose come le faceva lui".
Suo padre viveva l'Inter per crescere, non economicamente però... "Per noi non è stata un'esperienza di business - sorride - Ma può esserlo. Nel calcio tutto è veloce, dalla pubblicità a tutto il resto. Il ritmo è alto, si gioca ogni tre giorni. Bisogna prevenire. E se sai affrontare questo ritmo puoi affrontare con una mentalità nuova anche con una pazienza e una voglia nuova le altre cose che hai. Aiuti a supportare. E sopportare - prosegue ridendo -. Meglio sbagliare essendo buoni che sbagliare facendo male agli altri. Non so se sia stato un trastullo, sicuramente per me non lo è stato per niente...".
Nella sua lunga gestione, i migliori risultati li ha indubbiamente centrati con José Mourinho in panchina. L'anno del "triplete" è legato allo Special One e Moratti ha sempre considerato il portoghese veramente speciale. "José ha una personalita' molto forte, una grande conoscenza del calcio, la capacita' di capire gli altri e poi il senso del comando misurato, giusto, con un certo fascino nei confronti dei giocatori perche' poi la risposta era anche vincente. I giocatori non hanno avuto subito la pazienza di capirlo, poi la seconda parte del primo campionato l'ha vinta facile. E poi era, a suo modo, in certe cose, umile, un umile lavoratore. Poi Mancini disse di volere andar via allora parlai con lui, ero anche convinto di non poterlo prendere ma gli chiesi se sarebbe venuto. E lui iniziò a studiare tanto, tantissimo. Apprezzo molto l'umiltà di chi di base non lo è". Ci sono analogie nel rapporto tra lei e Mourinho e tra suo padre ed Herrera? "Tanti parlano che mio padre faceva le formazioni ad Herrera, ma non era così. Si vedevano nei momenti topici e parlavano. Un allenatore intelligente questa cosa la vive bene, fa finta di tirarlo dentro. Herrera era una persona seria, e Mourinho somigliava a lui per la comunicazione e per la mole di lavoro. C'era un tipo di comunicazione diversa, ma Herrera si informava di tutto con tutti". Quando Mourinho parla di Moratti dice sempre che lei ha una grande memoria, ma anche parla dell'Inter come se fosse dei tifosi. Quando lo ha amato e amato di più? "Ho trovato che fosse giusto tentare una nuova avventura. Ha fatto un suo calcolo, sia in caso di vincere che in caso di perdere la Champions. A me andava bene portasse a casa la Champions, non l'ho odiato assolutamente per quello".
Anche alcune parole su uno dei più grandi amori calcistici, ovvero Ronaldo: "Lasciando stare i ricordi calcistici per ciò che ha fatto, ho in mente il suo infortunio drammatico con la Lazio. L’ho trovato sempre molto sveglio, capace di capire al volo gli stati d’animo miei e della squadra. Gli ero affezionato perché era abbastanza generoso, una persona che condivideva le sue sensazioni e i suoi sentimenti. Io non ho mai avuto una grossa frequenza con i giocatori, ma nei momenti in cui li incontri devi avere velocemente una fotografia di quello che possa essere il loro carattere e Ronaldo era quello che ti rimaneva più in mente perché era simpatico". Ma guai a parlare di tradimenti: "E' molto divertente, non mi sento tradito. Non perché non me ne accorgo, sarebbe grave (ride ndr). Non sono tradimenti in questo ambiente, nel calcio i giocatori hanno occasioni di andare avanti per la loro carriera. Sono stati grati per quello fatto per loro, o ho provato a fare. Non ho avuto mai fastidio per i giocatori definiti come ingrati".
Ha avuto tante infatuazioni calcistiche. Che calciatori le piacciono? "La disciplina è importante, ma c'è anche l'attrazione al grande campione. L'evoluzione te la dà quello lì, e Cantona ci avrebbe spinto a fare benissimo". Ha fatto un tentativo anche per Messi? "Vicini no, l'ho visto in una partita dell'Argentina. L'avevo chiesto, ma il Barcellona lo ha aiutato tanto a crescere e sembrava brutto quasi andarlo a chiedere. Da quel momento il padre chiese un contratto importante, e lì iniziò la carriera di Messi". Poi si parla di Zanetti: "E' impressionante. Aveva forza fisica, era un calciatore particolare e non potevo immaginare né la continuità né che facesse la carriera che ha fatto. Ho letto anch'io sul giornale il suo pensiero di Tardelli, evidentemente non andavano d'accordo e lui l'ha ribadito". Poi un retroscena su Valdano. Durante una conferenza, mentre lo ascoltava, Moratti andò via: "Questo episodio non lo ricordo, ma nella vita sei sempre conquistato da chi, a parte l'intelligenza, abbia la fantasia e il coraggio di andare oltre con la testa. E vale anche per i calciatori, che inventano qualcosa di nuovo. Mi piacciono le persone così. E' difficile collocare l'Inter a destra o sinistra, dipende anche dal presidente, da quanto influisci sui tifosi nel momento del tuo lavoro".
Moratti ha anche colto l'occasione per chiarire quelli che sono i rapporti con due rivali storiche dell'Inter, Juve e Milan: "Nel momento attuale con la Juve c’è un ottimo rapporto, così come con la famiglia Agnelli. Poi c’è stato questo intervallo, chiamiamolo così, di partecipazione di altre persone, che hanno creato dei problemi e che quindi hanno peggiorato questi rapporti. Poi, tra Inter e Juve che ci sia tradizionalmente invece antagonismo serio, questo sì e deve rimanere, altroché. Ma non mi hanno consumato queste cose. Boniperti è una persona speciale, molto amica". E col Milan? "Non c’è stata una grande frequenza con Silvio Berlusconi o con il MIlan di per sé, ma anche con Berlusconi personalmente. E' sempre stato gentile e amichevole nei miei confronti ma non ho mai avuto modo di crearmi sentimenti particolarmente di inimicizia o di grande amicizia. Il Milan lo soffri perché sta nella stessa città e ti da fastidio il mattino di trovare in giro mezza città allegra mentre i tuoi sono tristi se perdi". Che idea ha di questa diarchia tra Barbara Berlusconi e Galliani? "Penso che i figli siano un po' gelosi delle persone di fiducia del padre, è una cosa normale e quasi bella. Poi Barbara dovrà dimostrare di essere brava. Galliani lo ha fatto. Dipende dal rapporto che avranno i due". Poi si parla di Recoba: "Ero diventato un maniaco di Recoba, è un fenomeno. Forse è il miglior giocatore che abbiamo preso all'Inter".
Cosa ha visto Moratti in Thohir: "Voglio far contenti i tifosi. Ho visto l'interesse da parte sua di fare quest'operazione, voleva far capire che ci fosse un progetto, un qualcosa di serio. E poi è una persona gentilissima, discreta e riservata. Rispettosa. Non c'è stato nessun'ostacolo. Non ricordo le prime parole, gli ho detto tante cose. Nessuno ha mai smesso di pensare in grande comunque. Lui forse pensa realmente di costruire determinate cose che in America ad esempio non può fare. Ci sono obiettivi sacro santi, obbligatori per l'Inter. E credo che abbia capacità, pazienza e attenzione per ottenere i risultati. E' un grande lavoratore, lui così come Herrera e Mourinho. Lo stimo molto". Si intrometterà Moratti nella gestione Thohir? "Non ho fatto nessun progetto che possa interferire su qualcosa che ho scelto io di cambiare. L'importante è non rimanere con un piede di qua e uno di là. Il mio un arrivederci o un addio? E' un ciao, non un addio o arrivederci. Io credo che non si debba rimanere con un piede di qui e uno di là. Ora bisogna pensare di aiutare questa nuova società. Non faccio un progetto o programma che possa interferire su qualcosa che ho scelto io di cambiare...". Cosa fece suo padre quando lasciò l'Inter? "Era tifoso tanto quanto me, qualcosa comunque ti cambia. Un conto è essere tifosi, un conto è essere responsabili al 100%. Anche nel sentire le critiche delle persone in tribuna. La squadra comunque è sempre importante, ci tieni tanto. Mia moglie? Cercava di sabotare prima, adesso invece è quasi triste. Ha sposato la dinamica di tutto questo pensiero, calcistico e sociale. I cambiamenti creano dei problemi, adesso è dispiaciuta".
Il calcio può essere uno strumento per una crescita culturale. Mandela ad esempio era d'accordo: "Il calcio arriva ovunque, è uno strumento incredibile che si infila ovunque. Chiunque conosce il calcio in maniera esagerata, e attraverso questo può aiutare tantissimo. Bisogna avere il piacere di portare questo tipo di idee che possono aiutare qualcuno, non serve nemmeno il coraggio. La parola usato è brutto, ma può portare con sé un profumo nuovo. Strumentalizzare lo sport ai fini personali è una delle schifezze peggiori che si possano fare, perché i sentimenti delle persone sono aperte".
Autore: Riccardo Gatto / Twitter: @RiccardoGatto1
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