''Abbiamo scelto questo titolo perché a 52 anni, dopo la carriera che ho fatto, ho ancora stimoli per fare tanto all'Inter. Se ci sarà il tempo necessario, possiamo tornare a essere competitivi nel breve periodo''. Questo quanto ha aggiunto Walter Mazzarri alla platea della Feltrinelli. ''Segnare qualche gol in più? Vorrei che raccogliessimo quanto meritiamo, quest'anno non è andata così. E un'annata che dobbiamo sudarci tutto''.

Poi ancora sul libro.
''Quando mi hanno chiesto di farlo ero perplesso perché la vita privata è riservata. Ho accettato per mio figlio, che ho vissuto poco. Può capire il perché il padre gli sia stato poco vicino. Magari ha pensato alcuni cose, ora che è maturo capisce che ho fatto certi sacrifici per qualcosa di importante anche per il suo futuro. Il libro è dedicato a lui''.

Perché ha scelto di fare l'allenatore?
"Sono stato calciatore, ma non era il mio mestiere. Ero diverso dagli altri, nel momento un cui ho smesso, che poi non giocavo con la passione vera, mi isolavo, ho pensato che il mio carattere era per l'allenatore. Mi piaceva la tattica da centrocampista, avevo una idea del calcio, a 29 anni ho iniziato a pensarci. Ci credevo fortemente conoscendo me stesso. Faccio quello che mi piace e che si adatta al mio carattere. Se hai passione e lo fai volentieri, il tuo lavoro è il massimo. Come mi comporterei con me stesso giocatore? Sono autocritico, mi sono reso conto che avrei bisogno di un allenatore come me. Dedico molto tempo alla psicologia dei miei. Faccio dialoghi singoli per capire il carattere. Dietro al giocatore c'è l'uomo. Devi capire per farlo rendere, ai miei tempi si faceva poco. Io non ho trovato un allenatore che mi capisse".

Il giocatore tipo?
"L'ho citato nel libro. Uno è Cavani, che mi ha dato tante soddisfazioni. L'ho voluto e nessuno ci credeva. A Napoli, invece, l'ideale a livello caratteriale e per come gioca è Hamsik. Per me è il giocatore che tutti vorrebbero. Se lo vorrei all'Inter? Parliamo del libro... (ride ndr)".

E sui giornalisti cosa può dire?
"Come tra gli allenatori, c'è quello con cui ti trovi meglio. Io accetto le critiche costruttive e mi metto in discussione da solo. Quando arrivano certe critiche vado in difesa e non riesco a essere politico. Essere così mi ha bloccato? Penso di si, ma ho puntato a fare risultati con quello che ho avuto in mano. Non sono per le aspettative assurde che sento ogni tanto, credo che bisognerebbe partire da basi oggettive per valutare un allenatore, ma così non è".

Mourinho è un fantasma per chi allena l'Inter?
"In America c'è stato il chiarimento tra di noi. Ci siamo 'presi' da avversari. Finita l'annata, è stato il primo a darmi il benvenuto e non me lo aspettavo. Oggi forse ancora non siamo amici, ma almeno ci stimiamo".

Sulla gavetta cosa può dire?
"E' necessaria. Come la meritocrazia, che dovrebbe esserlo in ogni ambito. A volte succede nel calcio, io sono orgoglioso di essermi sudato tutto. Una dote che guardo nel giocatore? Chi mi conosce sa che guardo tutto. Li seguo a 360 gradi, perché facciano bene come singoli e come squadra. Ho avuto la fortuna di sudarmi ogni risultato. Non ho cercato scorciatoie dimostrando sempre il mio valore. Ogni anno è stato importante e mi ha permesso di salire di categoria. La salvezza della Reggina per me era una festa scudetto. Portare la Samp in Europa lo stesso oppure in A il Livorno. Erano emozionanti anche gli anni di Napoli: li presi che erano sestultimi e siamo andati subito in Europa. In base alle forze che ho avuto, ho sempre dato tutto. Quindi mi sento pronto per l'Inter". 

Cosa ha significato Moratti?
"In questi giorni mi ha fatto piacere che abbia detto che mi ha scelto per i risultati ottenuti. Quando mi ha chiamato non ho pensato a nulla, era il coronamento della carriera arrivare in un top mondiale. Non pensi che l'Inter sia in un momento particolare, con cambio societario".

Com'è la storia che dorme pochissimo?
"Non dormo quando perdo, sogno poco. Ora ho motivi per sognare? Vivo di risultati, guardo al futuro. Sto male quando perdo, la vivo fisicamente. Per l'ultima partita non mi sono dato pace. Se giochi male è giusto perdere, ma dopo il secondo tempo fatto con l'Atalanta poi stai male davvero. Cosa correggo? A volte serve un intervento soft per dare fiducia, poi io correggo gli errori di gioco. Perché non succedano più. Nella seconda parte della settimana pensiamo alla prossima gara. Ogni allenatore ha il suo modo di fare".

Cosa la intriga dell'Inter?
"Ho tanto da fare, è un'annata di costruzione. Bisogna far crescere i giovani importanti. Ormai l'allenatore è un manager. Ci è successo di tutto, ma sono contento di come stiamo lavorando. Stiamo ponendo bene le basi per il futuro, nonostante il rammarico per i punto persi".

Come giudica il rapporto con Thohir?
"Negli incontri si dice contento, gli piace il gioco. Ci rimane male quando non vanno bene le gare, ma è il primo a sdrammatizzare. E' diverso da me: io me la prendo di più, lui ha una cultura diversa. Ci facciamo prendere troppo dal risultato. Dopo domenica si legge tutto nero, siamo un po' così, seppur si era meritato di vincere". 

E' vero che sua moglie le dice 'chi te lo fa fare'?
"Sono partito da zero senza stipendio, facevo le relazioni alle 5 del mattino e mi chiedeva il perché. Era una convinzione mia e sono andato avanti per la mia strada. Una volta ho fatto 1500 km in Kosovo durante la guerra in macchina per tornare da dove ero andato a vedere una partita. Ci vuole talento e le qualità, ma anche tanto sacrificio. Se le hai entrambi, arrivi. Sono orgoglioso di essere arrivato qui con le mie qualità, mettendoci tanto del mio e tanta passione. Da calciatore, non avevo quell'entusiasmo. Quando facevo l'osservatore, lo facevo con scrupolo, era una missione. Io sono andato avanti per meriti, le mie relazioni erano tutte azzeccate. Ho pedalato con la biciclettina che mi avevano dato. (Alciato spiega che il giocatore osservato in Kosovo era Stankovic, ndr)".

Pronto a vincere lo scudetto?
"Se hai una squadra attrezzata, lo sono. Ho fatto per anni sempre più di quanto avevo come valori di organico. Ad oggi non ho mai avuto una squadra adeguata per competere per lo scudetto. Col Napoli si è arrivati secondi e abbiamo dato fastidio alla Juventus. Quando avrò la squadra per vincere, lo dirò. La qualità la dà il tetto ingaggi e cose simili, dati facili da valutare".

Sezione: In Primo Piano / Data: Mar 25 marzo 2014 alle 18:47 / Fonte: Dall'inviato - Luca Pessina
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
vedi letture
Print