Una partita che doveva andare a finire così. C'è poco altro da aggiungere dopo la sconfitta interna contro l'Atalanta, che per la sesta volta consecutiva esce imbattuta al cospetto dei nerazzurri più blasonati. In questi casi ogni digressione tecnico-tattica-ambientale perde valore, perché la sensazione è che più di quanto prodotto nella ripresa l'Inter non avrebbe potuto fare. Ennesima opportunità di scalare la classifica gettata al vento, proprio nel momento in cui era lecito attendersi continuità.
DEA... BENDATA - La chiamano Dea, forse in onore alla Dea Bendata che ieri pomeriggio le ha sbattuto in faccia un sorriso a 32 denti, ignorando che sul posto ci fosse anche l'Inter. Non che i bergamaschi abbiano tirato i remi in barca, anzi. Le loro occasioni le hanno avute. Ma dopo un secondo tempo di panico nella propria area, con due legni e mezzo colpiti dall'avversario (in totale 3,5 a 1) e una pressione costante, il gol era lecito attenderlo in una porta diversa. Merito alla squadra di Colantuono, che ci ha creduto fino all'ultimo ed è stata supportata dalla signora con la benda davanti agli occhi. La Dea, appunto. A un connubio del genere è difficile opporsi.
INGAGGIO A GETTONE - Bestia nerazzurra, fino in fondo. L'Atalanta si conferma ormai da anni, esattamente dall'aprile 2010 (successo interista per 3-1), un ostacolo insuperabile per l'Inter. Sei giri a vuoto consecutivi, in cui spiccano le ultime due sfide a San Siro vinte dagli orobici in modo a dir poco rocambolesco. Qui si va oltre l'aspetto tecnico, siamo nel campo del sortilegio perché dopo una partita del genere l'1 finale non sarebbe stato così sorprendente. Invece niente da fare, la sensazione è che per tornare alla vittoria sull'Atalanta debba tornare in panchina l'ultimo che ci riuscì. Lo Special One, ovviamente. Chissà se verrebbe in panchina per due sole partite, a gettone per usare un termine americano. Mazzarri non se la prenderebbe più di tanto...
IL NUMERO IMPERFETTO - Dante l'ha definito il numero perfetto, andando a pescare nei meandri della religione mista a filosofia ed epistemologia. Oggi è d'uso comune, grazie al sommo poeta, etichettare così nobilmente il tre. Proprio quel traguardo che in questa stagione per Mazzarri sembra irraggiungibile. Ancora una volta l'Inter manca l'appuntamento con la terza vittoria consecutiva, dopo quelle contro Torino e Verona. Eppure le premesse per spezzare questo incantesimo c'erano tutte. Dopotutto, al Meazza c'era l'Atalanta, con tutto il rispetto, non certo la Juventus o la Roma. Peccato che in tema di sortilegi gli orobici si sono presentati a Milano ben forniti, compreso proprio il traguardo tanto agognato dagli interisti: tre vittorie consecutive, facciamo quattro dopo ieri.
DIVINO IN TUTTO - Dopo il Bentegodi era tornato il Divino, un assit e un gol per certificare la propria superiorità rispetto al mare magnum dei calciatori in circolazione. Contro l'Atalanta Jonathan è stato tra i protagonisti assoluti, stavolta nel bene e nel male. Fronteggiato dal maligno Bonaventura, il cui nome trae in inganno i puri di cuore, il brasiliano con ambizioni italianiste soffre da matti tutto il primo tempo, perché il numero 10 orobico approfittava del sostegno di Del Grosso e del trotterellare di Guarin per prenderlo in mezzo. Stufo di farsi aggredire, Jonathan nella ripresa si riprende la fascia destra e sciorina il suo calcio migliore, fino al cucchiaio che si infrange sulla traversa, come le speranze dei tifosi nerazzurri di casa. Poco prima, il numero 2 aveva salvato sulla linea con un miracolo un gol che Brienza stava già festeggiando, per poi dimenticarsi Bonaventura al 92'. E sappiamo tutti com'è finita.
IL TIRATORE FOLLE - Armiamoci di pallottoliere ogni volta che il numero 13 scende in campo. Forse per festeggiare il rinnovo di contratto con l'Inter, oltre alle sue abituali pause tattiche Guarin decide che deve a tutti i costi imitare Palacio, in gol dopo la firma. Per questo prova ben 7 volte a trovare il gol, soprattutto con conclusioni dalla distanza che però non costringono mai Consigli all'intervento. La migliore esecuzione scheggia l'incrocio dei pali, troppo poco per gridare al gol. In compenso, il colombiano ha il merito di mandare in gol Icardi, collezionando l'ottavo assist stagionale. Se si dedicasse esclusivamente a quest'arte, i tifosi lo amerebbero comunque. Il maxi-schermo dello stadio non è l'unica ragione di vita alla fine, vero Guaro?
DEDICHE IN POCHI CARATTERI - Ha trovato il suo quarto gol e l'ha festeggiato con dedica alla futura sposa Wanda. Mauro Icardi per la prima volta non segna una rete che fa classifica, ma si accontenta. Alla fine il suo gesto d'amore pubblico lo ha fatto, e stavolta non su Twitter. Una maglietta in cui era necessaria la sintesi, visto che 140 caratteri non sarebbero stati ben visibili alle telecamere. Peccato che poi la dedica gliel'abbia fatta Raimondi, togliendo dalla porta un suo tap-in a botta sicura che probabilmente avrebbe dato all'Inter tre punti d'oro e a lui la gioia della prima doppietta. Pazienza, ci si può consolare comunque con una sfilata assieme alla compagna: non c'è miglior modo per dimanticare subito una sconfitta.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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