Lunga intervista per Andrea Ranocchia ai canali ufficiali del club. Pescando alcuni cimeli della sua carriera, l'ex difensore ripercorre i tanti anni in nerazzurro.
"Il mio primo ricordo quando sono arrivato all'Inter è l'esordio a Catania, sono passati tanti anni ma è un ricordo indelebile perché era la prima volta che indossavo la maglia e che ho giocato con grandissimi giocatori. La cosa incredibile è che quando sono arrivato mi avevano detto che non c'era più spazio per mettere le patch di quel che avevano vinto... Ma l'orgoglio di indossarla, di poter condividere spogliatoio e campo con quei campioni è stato un grande bagaglio e ho appreso tantissimo. Ero molto giovane, venivo dall'esperienza al Bari neopromosso, poi sei mesi a Genova e poi sono arrivato qui e ho visto questi campioni, come gestivano partite, allenamenti, emozioni. Un bagaglio incredibile, tuttora ho un ricordo nitido. Per la prima volta ho sentito di essere arrivato in una grande squadra e ogni giorno era una scoperta guardando Zanetti, Materazzi, Eto'o, Sneijder, Milito. Per me è stato un grandissimo ricordo. Conservo questa maglia con grande gelosia".
"Al primo allenamento c'erano i tifosi perché all'epoca potevano venire. Abbiamo fatto una partitella e giocavo contro Sneijder. Ero appena arrivato e dovevo capire anche un po' i ritmi. Era tirata, c'era grandissimo agonismo e la presa in giro post partitella. Sneijder aveva toccato pochi palloni e Materazzi lo prendeva in giro. Verso la fine stoppa la palla e tira all'incrocio, finisce 1-0 e Wesley ha detto "A me serve un pallone, non me ne servono tanti". Tuttora mi viene la pelle d'oca, ho capito subito che era diverso da tutte le altre squadre".
"Stesso anno, qualche settimana dopo l'esordio in campionato ho fatto quello in Champions. Un'altra maglia storica perché mi ero un po' ambientato e avevo preso confidenza. Avevo capito che giocare all'Inter era differente, si puntava a vincere tutte le partite. Giocai contro il Bayern Monaco e perdemmo 1-0, ma fortunatamente ci siamo rifatti al ritorno con un mio salvataggio che tanti mi ricordano. Non so nemmeno io come è successo, ma l'importante è che la palla non è entrata. L'esordio in Champions mi ha segnato perché avevo tre sogni da piccolo: finire nelle figurine, di cui ero collezionista; giocare in A e poi in Champions. Il quarto era la nazionale e ho fatto anche quello. Mi ricordo l'ambiente in Champions, l'Inter era detentrice, c'erano emozioni forti perché la detentrice vuole arrivare sempre in fondo".
"Ad oggi non ho grandissimi ricordi di quella partita, ero sopraffatto dall'ambiente, c'era tanta attesa. Tuttora ho grandi emozioni ricordando quel giorno. Durante quella partita alla prima palla ho rischiato di far gol su cross di Sneijder. Fosse entrata sarebbe stata importante. Mi lega tanto al ricordo in Champions la gara di ritorno, una gara storica perché sembravamo spacciati ad un certo punto, contro un Bayern molto forte. Ci sono stati due lampi, soprattutto l'esultanza di Goran dopo il 3-2. Ho abbracciato Stankovic, Materazzi, un'esultanza che ricordano tutti. In quella partita sono successe tantissime cose. Quando l'arbitro ha fischiato la fine ho gioito tanto ma un po' mi è dispiaciuto perché avrei giocato due giorni. Ero certo non l'avremmo mai persa.
"Quell'anno fortunatamente abbiamo vinto la Coppa Italia, mio primo trofeo con l'Inter. Avevo la sensazione potessimo fare qualsiasi cosa, anche se è stato un anno travagliato per i cambi di allenatori, nuovi arrivi. Purtroppo non siamo riusciti a vincere il campionato. Ricordo la finale col Palermo in Coppa Italia, avevo la sensazione non avremmo mai perso una partita così".
"La prima volta che ho indossato la fascia è stato durante Palermo-Inter, Pupi si è fatto male ma come sempre dopo pochi mesi è tornato meglio di prima nonostante l'infortunio grave. In quella gara ho avuto l'opportunità di indossare la fascia per la prima volta. Non l'ho indossata per tanto tempo ma è stato un onore incredibile, un momento di grande crescita personale. Pochi possono dire di averla indossata per tante partite. Purtroppo in quel momento la situazione non era facilissima, era un'Inter in cambiamento. Fortunatamente ora è tornata ai livelli di quando c'erano i campioni del Triplete. Quell'anno è stato difficile ma ho cercato di fare il massimo per tutti quelli attorno a me, per tutti quelli che giocavano e per tutti quelli che sono attorno alla squadra. Mi sono preso tutte le responsabilità provando a migliorare in tutti gli aspetti e per me tuttora aver potuto indossare questi oggetti è un ricordo indelebile. Ho a casa la fascia che mi passò Pupi a Palermo e sono molto orgoglioso.
"Ho portato il gagliardetto di Inter-Bari perché rappresentano le squadre a cui sono più affezionato, di cui ho ricordi di calcio vero e di prime volte. Questo era il gagliardetto del Trofeo San Nicola, era la prima volta che li reincontravo da giocatore dell'Inter. Inter e Bari le ho nel destino perché ho fatto l'esordio in A col Bari proprio a San Siro con l'Inter, quando poi l'Inter ha fatto il Triplete. Ci davano per spacciati, era la prima partita mia e di Bonucci e tuttora ci ricordano per le cose importanti fatte quell'anno. Bari è stata la prima esperienza lontana da casa, dove ho vinto la B, abbiamo fatto festa in piazza con 100mila persone. Ho incontrato Conte e Ventura, che mi hanno fatto crescere tanto. E poi l'esordio in A contro quella squadra leggendaria. Il ritorno di quell'anno, purtroppo, non l'ho fatto perché mi ero appena rotto il crociato a Firenze e i miei compagni dopo un gol fecero vedere la mia maglia. Mi volevano e tuttora mi vogliono bene.
"Quando sono tornato all'Inter la situazione era diversa. In ritiro non sapevo se sarei rimasto, avevo un contratto ma era da vedere. C'era Spalletti in panchina, avevo altre motivazioni ed ero un po' ripulito da quanto accaduto in anni precedenti. L'Inghilterra mi ha aiutato tanto, sono tornato e stavo bene. Mi sentivo in fiducia. Si stava delineando un gruppo importante con valori che iniziavano a costruirsi. C'è stato l'episodio che tanti ricorderanno di un tifoso che in ritiro mi insultava mentre facevamo le corse. Spalletti lo ha raggiunto alla rete e gli ha detto che se doveva far così poteva andare via. Dopo quell'avvenimento l'ho ringraziato, abbiamo parlato e Luciano mi ha detto che voleva rimanessi perché ero importante nel gruppo e da lì ho iniziato una seconda parte importante dall'Inter. Non ho giocato tantissimo ma ne ho sbagliate veramente poche. Avevo grande stima degli allenatori che c'erano e loro lo stesso di me, mi sono sentito parte di un gruppo importante e mi sono sentito importante nella gestione, nel consigliare i ragazzi nuovi. Avevo un bagaglio ampio perché ho vissuto l'Inter del Triplete ma anche anni difficili. Da Spalletti in poi sapevo anche consigliare su cosa non andava fatto. Ci sono state tante cose che poi ci hanno portato a tornare in Champions e tutto il resto. Spalletti ha messo il primo mattone per arrivare all'Inter di oggi.
"C'è un'usanza degli ultimi anni, la rete di San Siro quando abbiamo vinto lo scudetto. Non vincemmo sul campo perché vincemmo quando avevamo il giorno libero, questo è stato il giorno in cui ci hanno dato la Coppa della Serie A e mi sono portato via questo ricordo che è un'opera unica. Si saranno arrabbiati anche quelli della manutenzione di San Siro. Custodisco anche questo ricordo gelosamente per quel che rappresenta. Vincere lo Scudetto con l'Inter era un altro sogno, dopo tanti anni e tanti ragazzi che son passati all'Inter e che aspettavano il momento da dieci anni. Arrivati a questo obiettivo è stata una gioia immensa per tutti. Un altro tassello che ha fatto sì che l'Inter sia tuttora una delle più forti in Italia e in Europa. Lo Scudetto ha fatto sì che si continuasse ad essere vincenti".
"Venivamo da momenti complicati per tutti con il Covid. Per gli interisti era un momento importante, era obbligatorio vincere in quell'anno. La stagione prima avevamo giocato d'estate per il Covid. Conte ha chiesto tanto alla squadra e la squadra ha dato tanto ai tifosi, a noi stessi, alla società. E' stato il coronamento di un percorso cominciato qualche anno prima. Vincere lo Scudetto vuol dire far parte di una storia ultracentenaria. Avevo sempre detto che non sarei andato via dall'Inter senza vincere un campionato, farcela è stata la chiusura di un percorso. Anche non giocando tanto mi sentivo importante perché ho capito che la partita è importante, certo avrei voluto giocare più partite, ma ho messo in primo piano l'importanza della squadra e di vincere trofei, di trovarsi bene in uno spogliatoio. Nessuno può piacere a tutti, tuttora alcuni tifosi ti dicono che non eri bravo, ma la maggior parte mi riconosce l'impegno, la dedizione e il voler aiutare chi arrivava nelle varie sessioni di mercato. Ho sempre pensato con l'esperienza che era molto più importante farsi trovare pronto e giocare bene quando avevo l'opportunità che non fare 40 partite e la metà non farle ad ottimo livello. La cosa più importante era tornare a competere per vincere".
"Un altro gagliardetto, l'ultima parte della carriera all'Inter. Un giorno che mi ricordano tantissime persone: Inter-Empoli di Coppa Italia a gennaio, in cui il mister mi fece giocare. Sulla carta queste partite sembrano sempre semplici, ma sono sempre insidiose perché gioca chi lo fa meno e ti manca ritmo partita. Ma il mio ricordo è indelebile, la partita era difficile, risultato incerto. Eravamo quasi fuori dalla Coppa Italia ed era importante andare avanti. Poi sono andato avanti e su una palla in area ho provato a colpirla nell'unico modo in cui potevo, in semi-rovesciata. Quando ho segnato non ci credevo e mi sono reso conto di aver fatto una gran cosa. E' stato anche il mio ultimo gol in carriera e poi da lì siamo riusciti a passare il turno e siamo riusciti a vincere la Coppa Italia. Ringrazio i miei compagni che han giocato le gare successive, perché se poi i miei compagni non fossero riusciti a vincere il gol non sarebbe stato così importante. Quello è stato anche l'ultimo anno all'Inter. In quegli anni con Inzaghi e quel gruppo mi sono divertito tantissimo, eravamo molto legati, si era creata una vera amicizia e una mentalità che poi il mister sta portando avanti coi nuovi arrivi e il percorso che si sta facendo. Tuttora quando vado ad Appiano o sento i ragazzi per telefono c'è questo legame che non si può dimenticare".
"Una curiosità è che quando sono arrivato a gennaio abbiamo vinto la Coppa Italia il primo anno e nell'ultimo l'abbiamo rivinta. Coincidenze di cui sono contento perché abbiamo chiuso un cerchio".
"L'ultimo ricordo è la maglia ricordo che mi hanno consegnato prima di Inter-Bologna, una teca che ho esposto davanti ai tifosi. Un momento molto emozionante perché era un momento della mia vita complicato in cui si chiudeva la pagina da calciatore e se ne apriva un'altra. Una bellissima emozione, ogni tanto penso che tanti calciatori danno tante cose per scontate ma essere voluto bene dopo aver smesso non è scontato. Questa teca è la chiusura della mia carriera, un riconoscimento molto bello per me. Tuttora sono in ottimi rapporti con la società, i ragazzi, il mister, sono sempre molto contento quando vado a trovarli. Interista una volta, interista per sempre. Voglio bene a questo ambiente. Sono contento di far parte di questa famiglia.".
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