Intervenuto in collegamento con SkySport, Francesco Moriero torna indietro nel tempo fino al giorno dello sbarco nella Milano nerazzurra di Ronaldo il Fenomeno: "Per me è stato tutto strano perché dovevo andare in Inghilterra, ero svincolato dalla Roma. Poi mi chiamò Galliani per farmi firmare con il Milan e dopo 10 giorni mi chiamò Mazzola per andare all’Inter: in quel momento la prima immagine era quella di Ronaldo, Zamorano, Simeone e gli altri, per cui l’effetto è stato strano. Soprattutto quando ho visto la presentazione di Ronaldo dal vivo con tutta quella gente che lo acclamava. E lui era fantastico".

Come era il rapporto tuo e della squadra con Ronaldo? Vi sentite ancora?
"Tutta la squadra si sente, abbiamo una chat con tutti ragazzi dell’Inter 1997/98 e parliamo anche delle partite attuali. È bello restare uniti dopo tanti anni e tanti successi, è una cosa speciale che succede in poche squadre".

Come era quando è arrivato?
"Dico solo che il primo giorno di ritiro è entrato Gigi Simoni nello spogliatoio e ha detto 'Ragazzi, qui siete tutti uguali tranne uno', che era il Fenomeno. Ronie era un qualcosa di speciale, soprattutto in allenamento. La domenica era fantastico, ma in allenamento era peggio: servivano 10 palloni ogni partitina. L’abbiamo sempre sostenuto, non c’era invidia, sapevamo di avere il giocatore più forte del mondo e giocavamo per lui e per metterlo nelle condizioni di esprimersi al massimo. Era un qualcosa di impossibile, non credevo di poter vedere nella mia vita un giocatore che facesse certe cose in campo. Allora c’era un grande gestore come Simoni, faceva ruotare tutti, anche lui. Ronaldo era un ventenne allegro e in una partita a Mosca, a -15 gradi e con il campo che era un pantano, lui era entrato nello spogliatoio e ci aveva detto 'Tranquilli ragazzi, oggi vi faccio vincere io'. E poi aveva fatto doppietta".

Sulla celebre esultanza che gli vede strofinare lo scarpino del Fenomeno:
"La differenza nel calcio non la fa il singolo, ma l’unione del gruppo. Noi ci divertivamo, poi quel gesto nasce come gesto di umiltà, con un compagno che si inchina e pulisce lo scarpino a chi ha risolto la partita. E lui ne ha risolto molte. È un gesto rimasto nella storia, ma mi faceva piacere farlo. C’era sintonia, era un calcio diverso. Se mi ringraziava per gli assist? Sì, la sera veniva a casa a mangiare e lo coccolavo un pochettino. È merito anche mio e di mai moglie se è stato bene a Milano. Anche nel gol al derby si vede la sintonia tra di noi: quando ho preso la palla lui è partito e poi ha fatto gol. Faceva delle cose fantastiche contro difensori importanti, quindi un doppio merito a lui per quello che ha fatto".

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Sezione: Focus / Data: Mar 16 marzo 2021 alle 16:48
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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