Con le unghie e con i denti. E con tanta, tantissima fortuna, quella che per tutto l’arco della stagione all’Inter è mancata. Contro il Parma è arrivata una di quelle vittorie che di solito collezionano, in giornata storta, le grandi squadre. Giochi male, rischi qualcosa ma alla fine la spunti, quasi casualmente. In un lazzaretto di sfiga, nonno Rocchi strappa un sorriso a denti stretti al tifoso nerazzurro, debilitato nell’entusiasmo e nello spirito da una serie infinita di delusioni e con la prospettiva che da qui a un mese non cambi nulla.
Invece no. Da piatto, l’encefalogramma nerazzurro registra un picco inatteso, quanto basta per considerare ancora in vita questa squadra, almeno nell’anima visto che il corpo è pieno di lividi e fratture. Sembra un quadro raggelante, ma la realtà non si discosta più di tanto. In campo, e alzi la mano chi la pensa diversamente, non si è visto nulla di trascendentale, niente che inviti all’ottimismo. Il volto di Moratti fino alla rete di Rocchi è il manifesto delle condizioni di questa squadra, che tenterà fino all’ultimo di rimanere agganciata al treno europeo con la consapevolezza di doversela giocare con tutte sperando nella dea bendata, piuttosto acida fino a questo momento.
In tutta franchezza, se il Parma avesse raccolto qualcosa di più nessuno si sarebbe scandalizzato. E Donadoni ha più di una ragione per rammaricarsi, soprattutto con i suoi ai quali è mancato il killer instinct che una preda in gabbia come quella nerazzurra avrebbe dovuto stimolare. Il calcio però sa essere crudele, finora lo è stato con l’Inter, stavolta con i gialloblù. Posto che farsi trascinare dall’entusiasmo, oggi, sarebbe controproducente e illusorio, c’è comunque da registrare che, fortuna a parte, l’Inter versione lunch match abbia dimostrato di poter mantenere la propria porta inviolata. Molto del suo ha dovuto mettere Handanovic, chiaro, ma quella che sembrava una chimera si è di colpo materializzata. E come giusto premio è arrivata la chicca finale di Rocchi, proprio colui che avrebbe dovuto vestirsi di nerazzurro solo nelle amichevoli e oggi è l’unica arma offensiva a disposizione.
I problemi restano, almeno fino a quando non rientrerà qualcuno degli infortunati (Palacio, sbrigati!), ma la classifica in questo momento non è poi così disastrosa considerando il contesto. Il pubblico del Meazza è tornato a casa contento, ma sia chiaro, non è stato riconquistato dai propri giocatori. Servirà molto più di uno striminzito e casuale 1-0 al Parma per meritarsi ancora la fiducia dei tifosi, mentre al contempo la Curva prosegue nella sua crociata contro la società, con minuzia cinica, a livello individuale. Dopo Fassone, cerchio rosso su Branca e se fossimo in Ausilio, di ritorno a Milano dopo due trasferte consecutive, ci aspetteremmo un'accoglienza poco calorosa.
Stramaccioni continua a distribuire teaser qua e là, preannunciando la costruzione di un’Inter vincente, anche se il volto rassegnato di Moratti (solo soletto in tribuna, abbandonato persino dalla famiglia) non rafforza questo concetto. Ma l’Inter è una fede, quindi bisogna avere fiducia anche ciecamente, senza conferme tangibili. Il tifoso merita di sperare. Chissà che nell’Inter vincente che tutti si augurano venga costruita non trovi posto persino Jonathan, l’epurato per eccellenza, che una volta (ri)chiamato in causa alla lunga ha dimostrato di non essere un 'Maicon in 16/9'. In una fase di assoluta emergenza è tra i pochi che stanno palesando carattere, fregandosene dei fischi collezionati in abbondanza fino a poche settimane prima.
Gli stessi che stanno accompagnando tutte le prestazioni di Schelotto, un corpo estraneo in questa Inter che fatica già di per sé e non può permettersi i limiti psico-tecnico-tattici dell’italo-argentino. Il quale sarebbe stato costruttivo in un giocattolo perfettamente funzionante, ma non può che essere deleterio per sé e per i suoi quando in scena va l’improvvisazione. El Galgo è anche commovente per spirito di sacrificio, ma in questo momento serve qualcosa di più 'ciccioso' per evitare il pollice verso della tifoseria. Il rischio è che diventi uno dei capri espiatori di questa stagione nefasta, simbolo dei grossolani errori della dirigenza. Non tutto è perduto, ma la maglia dell'Inter bisogna guadagnarsela e il discorso vale per ognuno.
Avanti così, forti di un successo che sembrava una chimera prima e durante il match contro il Parma. Domani è un altro giorno, domenica un’altra giornata (di campionato). Interpretiamola così, come Stramaccioni, che continua a parlare come se l'anno prossimo sarà ancora lui a guidare l'Inter. Al di là dei miei personali gradimento e deresponsabilizzazione nei suoi riguardi, mi sovviene il dubbio che possa davvero avere ragione. Glielo auguro, anche se francamente non me la sento di volare con la testa già alla prossima stagione. Sarebbe come tirare i remi in barca e non è ancora il momento.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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