Novant’anni, due generazioni o giù di lì: tanto tempo è passato prima che accadesse tutto questo. L’ultima volta è avvenuta novant’anni fa: era il 1921 quando l’Inter registrò tre sconfitte nelle prime tre partite ufficiali. Roba di calcio di altri tempi, senza Supercoppe o Champions League varie, e che a distanza di novant’anni fa tanto, troppo rumore: perché sono arrivate tre sconfitte su tre fronti diversi, su tre palcoscenici diversi, da Pechino a Palermo fino all’incredibile tonfo interno col Trabzonspor che solo pochi giorni prima del sorteggio avrebbe saputo di prendere parte alla corsa per il massimo trofeo continentale, quello che l’Inter alzò al cielo l’anno scorso a maggio in quel di Madrid, un giorno che sembra lontano chissà quanti secoli. Ma soprattutto, è un inizio che fa rumore perché rende ingarbugliata la situazione di Gian Piero Gasperini, il tecnico interista ora più che mai dipinto come sulla graticola.

La sensazione di sconforto è comprensibile, dopo un debutto in Champions così, successivo tra l’altro a un ko incredibile come quello di Palermo. Certo, va riconosciuto a Gasp il fatto di aver provato a recedere un po’ da quello che è il suo schema preferito, il 3-4-3, provando, anche su suggerimento di Moratti, a riportare quattro uomini dietro e riconsegnare Sneijder nel ruolo di trequartista. Ma la partita di ieri, sembra lapalissiano, ha mostrato che il modulo centra poco e niente: duole affermare che l’Inter l’altro ieri è stata sì sfortunata, si è scontrata con un portiere come Tolga che chissà quando rivivrà una serata di grazia simile, ma troppo spesso è apparsa senza idee, con un centrocampo che ha fatto in blocco una fatica enorme a fare filtro consentendo così alla squadra di Trebisonda di prendere coraggio dopo un primo tempo giocato con una difesa più ermetica di una poesia di Ungaretti. Il gol dell’ex Palermo Celustka, poi, ha svuotato definitivamente la squadra, trascinata per inerzia nei minuti finali dal coraggio del piccolo temerario Coutinho.

Gasperini, quindi, già con le spalle al muro, con i nomi dei possibili sostituti che cominciano a spuntare e la partita di domani contro la Roma che assume già i contorni del match da ‘ora o mai più’ (alla seconda di campionato, però, oggettivamente sembra un po’ astruso). Gasperini al quale però comunque qualche alibi va concesso: difficile lavorare bene da subito con un gruppo che ha avuto modo di dirigere per la prima volta al completo soltanto qualche giorno fa; difficile superare rapidamente gli annessi e connessi sul piano tecnico ed emotivo del ritrovarsi ad allenare una big per la prima volta, con tutta la pressione che ne consegue; difficile, infine, trovare rapidamente la formula che consenta di trovare il giusto equilibrio tra la “domanda” di un progetto tattico e “offerta” del gruppo, sul piano fisico e tecnico. Perché su questo, alla fine, Gasperini si gioca parecchie delle sue carte: la squadra lavora, si sbatte nel tentativo di assimilare le sue idee, ma le difficoltà non mancano. Il tempo sembra già stringere, Gasperini cammina sul filo di questo equilibrio ancora precario, ma serve fiducia, serve credere che, anche in extremis, Gasp riesca a trovare la quadra.

Nota a margine: lo spettacolo offerto martedì dal “Meazza”, con vuoti troppo ampi sugli spalti e il riecheggiare dei cori e degli “olé” di sberleffo dei 3mila tifosi turchi giunti a Milano, era tutto fuorché gratificante per una squadra come l’Inter. Non è mia intenzione entrare nel merito della protesta degli ultras della Curva Nord, o nelle difficoltà degli altri tifosi di recarsi allo stadio: non è la prima volta che accade in Italia, non è la prima volta che accade quando gioca in casa l’Inter. Non voglio credere che i 100mila tifosi che rendevano inaccessibile Piazza Duomo anche alle formiche quella sera del 22 maggio siano evaporati, solo non è piacevole vedere che molti fanno selezione tra match di cartello e partite di secondo piano, quando nel resto d’Europa si vedono sempre stadi pieni e ribollenti di passione. Sempre a proposito del termine equilibrio…

Sezione: Editoriale / Data: Ven 16 settembre 2011 alle 00:01
Autore: Christian Liotta
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