Non sono certo che tutti comprendano cosa stia succedendo all'Inter e perché sembra letteralmente iniziata una nuova stagione. È riesploso un entusiasmo da inizio stagione capace di riportare più di 50.000 tifosi allo stadio disinnescando la cupa normalizzazione di Mazzarri che aveva mortificato ogni velleità. L'opinione pubblica, per più di un anno, ha ripetuto allo sfinimento un tormentone che ha educato l'Inter e gli interisti a sentirsi meno di quello che in realtà erano.
E a certificare uno stato delle cose quasi irreversibile, cristallizzato nei difetti di produzione a cui non c'era rimedio, ci pensava proprio il tecnico: Walter Mazzarri il quale si era persuaso per primo, convincendo l'ambiente, di avere in mano una piccola utilitaria che più di tanto non poteva andare in autostrada.
Per usare un' altra metafora: è un po' come un padre che invece di incoraggiare il figlio, di spronarlo ed educarlo a crescere gli dice che vale poco ma gli vuole bene comunque. Il figlio si sentirà accettato ma comunque frustrato, negativo su se stesso. Sopra l'Inter era stata generata una nube fitta e scura che pioveva dubbi e affliggeva come una crisi irreversibile.
Come in un incubo la squadra giocava sempre peggio, senza personalità e un pubblico sempre più lontano da San Siro. Nel corso di questo medioevo nerazzurro la stampa se la prendeva con tutti, allenatore compreso, ma soprattutto con una società incapace di muovere un dito, con questo strano rapporto tra Thohir e Moratti, agitando lo spettro del fair play finanziario che è ancora oggi un "babau" come lo era lo "spread" fino a due anni fa.
A sconfortare ulteriormente un desolante panorama tecnico, un'Inter che, a detta di tutti, è una squadra mediocre, con giocatori sopravvalutati. Punto. Di fatto il gruppo, dopo il primo mese di conoscenza reciproca tra allenatore e squadra, ha preso a giocare a calcio, ha maturato un entusiasmo che si è sommato all'ambizione e ha generato spontaneamente fiducia. Lo ha fatto pareggiando in casa della prima e rischiando anche di vincere, battendo il Genoa con un primo tempo sontuoso e un secondo tempo sulle gambe, un affanno fisico che il tecnico ha spiegato con un evidente ritardo di Podolski, Hernanes e Icardi.
In un mese e mezzo Mancini ha costretto tutti a pensare da Inter e non più da "provinciale per caso". E lo ha fatto con un meccanismo virtuoso che ha convinto la società a rischiare prendendo in prestito Podolski, acquistando Shaqiri e mirando alto con nuovi eventuali arrivi di qualità. La differenza con Mazzarri sta nella statura, nel carisma, nella modalità comportamentale che hanno permesso al tecnico di coadiuvare la società negli acquisti. Un esempio sono le frasi non trascurabili dei due nuovi arrivi, i quali hanno rivelato di aver parlato con Mancini prima di aver firmato.
Ho scritto diverse volte su FcInterNews e reclamato a Radio Milan Inter la necessità perpetua di ingaggiare comunque e sempre un grande allenatore. Non uno discreto, non uno che ha fatto tanta gavetta, non un buon allenatore quale è resterà sempre l'ex tecnico nerazzurro. La grandezza di un tecnico prescinde persino dal nostro gusto personale e si palesa di fronte alla carriera che ha fatto, alle vittorie che ha conseguito, alla sua comunicazione, ai Paesi in cui ha allenato, all'esperienza o alla grande ambizione e all'entusiasmo capace di fornire alla squadra che allena. quella capacità che pochi uomini hanno, di far rendere la propria squadra oltre i propri limiti. È una caratteristica che non ha età, anche se il Mancini di oggi è più maturo, più determinato e sicuro di 6 anni fa.
E che oggi lui sia un grande allenatore lo dimostra anche l'improvviso cambio di rendimento di Guarin, o meglio di rintracciato acume tattico nelle ultime due partite. Ho stropicciato gli occhi di fronte a tutta una serie di recuperi, di diagonali, di aperture e verticalizzazioni senza tiri da 40 metri in tribuna. Lo stesso Mancini ha spiegato che il giocatore, nel nuovo ruolo di mediano di qualità, è costretto a pensare e che se ci riesce il posto è suo. Era il motivo che impediva agli opinionisti d'Italia di comprendere come il pubblico nerazzurro fosse riuscito a impedire un trasferimento alla Juve del colombiano. Il motivo era che Conte è un grande allenatore e c'era il rischio concreto che lui lo avrebbe cambiato in meglio come ora pare stia riuscendo a fare Mancini.
Io non so se l'Inter riuscirà nel miracolo di andare in Champions. Mi sto godendo un'Inter che è tornata a pensare e agire da Inter, che rischia ed entusiasma. Di contro, in tutta questa eccitazione permeata di follia e volontà di grandezza, non posso evitare quella sensazione di paura che la macchina, ora lanciata in corsa, invece di trovare una corsia per sé, vada a sbattere contro un muro. Non posso smettere di chiedermi cosa accadrà se non si andasse in Champions, se l'entusiasmo si spegnesse. Ma era tempo che questa società non pensava in grande ed è giusto dare fiducia. Il modo migliore è: tornare allo stadio.
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