Follia del calcio, follia dell’Inter. Rafa Benitez riesce a uscire dal campo imprecando dopo aver concluso il primo tempo in vantaggio per 4-0. In poche parole, da una vittoria potenzialmente epica, la squadra nerazzurra sfiora una rimonta psicologicamente devastante. L’incubo nerazzurro è anche il sogno: Gareth Bale. Tre sinistri illuminanti, identici tra loro, rimettono in partita un Tottenham sotto di quattro gol e in dieci contro undici dopo appena una decina di minuti. Mi sorge spontanea una domanda: com’è possibile una metamorfosi del genere? Come può una squadra che dopo 35 minuti di spettacolo conduce con un poker che le sta persino stretto, arrivare al punto di rischiare persino il pareggio nei secondi finali di match?

Mistero del calcio, verrebbe da dire. Ma se l’Inter è pazza, deve esserlo fino in fondo, anche in serate apparentemente serene e ricche di soddisfazioni. A mente fredda portiamo a casa tre punti che valgono il primato nel girone e una buona, buonissima fetta di qualificazione. Ma resta quel retrogusto amaro difficile da prevedere dopo tale scorpacciata. Chiaro, staccare la spina è più che naturale per una squadra che dà tanto nei primi 45 minuti, ma da qui a rischiare di rimettere in gioco l’avversario ce ne passa. Per giunta, prendendo tre pappine identiche tra loro, con la squadra sbilanciata pur con l’uomo in più. Assurdo, perché denota totale mancanza di concentrazione, lusso che in Europa non puoi permetterti contro nessuno. Se poi giochi contro gente come Bale, che si scopre bomber pur partendo dalla fascia sinistra, ti rendi conto di averla fatta grossa e che, alla fine, un 4-3 va comunque bene.

Occhio però a non cadere nella prevedibilità della critica: l’Inter vista nel primo tempo contro gli Spurs è stata forse la più bella delle ultime uscite. Verticalizzazioni, contropiede, assist, gioco di squadra. Insomma, tutto il necessario per portare a casa la sesta vittoria consecutiva in Champions League tra le mura amiche. L’Inter ha dimostrato, in barba a chi sostiene il contrario, di saper dare spettacolo, ma anche di non essere ancora al top. Si spiega così il calo fisico e mentale della ripresa, un errore da non ripetere più. Bene Sneijder, che ha toccato centinaia di palloni (uno di questi, l’assist a Biabiany che ha portato all’espulsione di Gomes); bene Eto’o, sempre presente in zona gol (19 gol stagionali, quinto in Champions); benino Coutinho, che pur peccando di scarsa precisione sembra stia guadagnando punti in personalità. Infine, è impossibile negare una menzione d’onore a Zanetti, che ha aperto le danze con un gol da attaccante consumato. Un premio meritatissimo per un’icona dell’Inter, ma anche del calcio, che solo dieci giorni fa non era ancora in grado di giocare per uno pneumotorace. Non è da tutti, insomma.

In chiusura, torno a Gareth Bale. L’hat-trick che gli è valso, secondo tradizione inglese, il pallone del match in regalo, conferma quanto di buono si dice del gallese. La sua quotazione di 20 milioni è altissima, ma nel teatro di San Siro ha dimostrato che non è proprio pura follia. Questo 21enne ha i numeri, eccome, e se la tripletta di San Siro servirà per convincere Moratti a fare un investimento su di lui, questo secondo tempo non sarà del tutto da dimenticare.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 21 ottobre 2010 alle 00:01
Autore: Fabio Costantino
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