L’Inter rimedia a Torino una sconfitta che la mette fuori, quasi definitivamente, da ogni velleità di scudetto, ammesso e non concesso che il torneo prosegua. Lo spartito è stato il medesimo di altri appuntamenti, tutti falliti da una squadra che, ormai è acclarato, non ha ancora i mezzi tecnici e mentali per poter fare il definitivo salto di qualità.Conte ha preparato la partita cercando di garantirsi equilibrio e copertura, tenendo la squadra corta e mettendo Candreva e Ashley Young nella condizione di fare un figurone, grazie al fatto che Sarri tendeva a chiudere la squadra e a dare spazio proprio sulle fasce.

La Juventus ha giocato con una circolazione del pallone più rapida all’inizio e soprattutto dopo il primo gol, con l’Inter che ha fatto un'ottima figura per una quarantina di minuti complessivi in cui si è creata diverse palle gol e la sensazione di poter disporre dell’avversario. Preso il gol da Ramsey si è svelato il bluff e l’Inter, come troppo spesso in questa stagione, ha interrotto la sua partita, finendo con l’osservarla senza alcuna velleità, come se il gol avesse dovuto difenderlo e non cercarlo.

C’è un problema Lautaro Martinez ma ormai i grandi appuntamenti sono terminati e se aveva illuso tutti di essere diventato uno dei migliori attaccanti del pianeta, il suo rendimento si è arenato da fine gennaio. Non incide, non prende più iniziative, non viene cercato e non si fa nemmeno trovare. Qualunque sia il problema ormai la stagione è andata e al massimo può rifarsi in Europa League, ma sembra lontano dall’essere lo stesso del girone di andata. Lukaku è stato cercato poco, mentre il centrocampo composto da Brozovic, Barella e Vecino non ha quel tipo di qualità che possa permettere di spaccare le partite o di fare deviazioni impreviste. Se la partita segue una sua grammatica, tutto funziona, non appena qualcosa va storto il centrocampo si auto affossa, va in tilt e arretra come se non esistesse la possibilità di fare altro. L’impotenza di tutti i tifosi nel vedere una squadra che, preso il gol, osservava il palleggio degli avversari con quel senso di ineluttabilità, è stata la cosa più disarmante della serata e dell’intera stagione.

Conte in questo ha delle responsabilità che partono dal modulo all’interpretazione della gara ma sembra che chieda ai suoi giocatori di seguire alla lettera più le sue indicazioni, gli equlibri e i movimenti, piuttosto che le iniziative personali. Sembrano tutti preoccupati di non sbagliare quello che chiede l'allenatore, al punto che quando puntualmente qualcosa va storto la squadra non ha nessuno che si produca in qualcosa di suo, che trascini, nessuno che porti su la linea dei difensori, pur rischiando. La mezz'ora finale della partita è stata avvilente proprio per questo, perché non è una partita come le altre e l’Inter sbaglia da anni i match giocati allo Stadium.

Ora che lo scudetto è probabilmente andato, sarebbe importante disputare una buona Europa League, senza giustificazioni. Il resto appartiene alla dimensione apocalittica che stiamo vivendo, specie in Lombardia e che condiziona la percezione di tutto. Lo scenario viene da giorni, insistentemente, raccontato con l’enfasi cinematografica di chi deve caricare una situazione già surreale, senza necessità di aggettivi che rinforzino l’idea. Non si è capito fino a ieri pomeriggio se la partita sarebbe stata giocata, poi si è deciso di scendere in campo nella surrealtà e nella mancanza di uniformità di tutte le componenti.

Pochi minuti prima di Parma-Spal il ministro Spadafora parlava di stop al calcio necessario, contraddicendo lo stesso decreto firmato dal governo poche ore prima, con le due squadre che rientravano negli spogliatoi e poi di nuovo in campo alle 13.45. In serata lo stesso ministro tirava in causa la Lega Calcio, pronta a replicare con l’ormai celeberrimo Dal Pino che, oltre alla polemica sulla diretta televisiva in chiaro non permessa, in riferimento all’accusa di irresponsabilità nel far giocare le partite, riusciva a esprimere un concetto incredibilmente sfacciato: “Il ministro ignora le norme e rifiuta la àresponsabilita' del suo ruolo. Invece di fare demagogia sia coerente con le proprie azioni di governo e se necessario emani un Decreto assumendosi responsabilità che sta scaricando su altri". Parliamo dello stesso presidente che la settimana scorsa aveva suggerito a Marotta di giocare a porte aperte il giorno dopo la fine del decreto, aggirando il Ministero che aveva chiesto le porte chiuse.

Non si sa quello che accadrà nei prossimi tempi ma la sensazione di essere in mano all’improvvisazione, mischiata a uomini che fanno gli interessi di una parte, infischiandosene del buon senso, è una cosa che demotiva e toglie passione. Se la stagione avrà un termine l’Inter cerchi di arrivare almeno al terzo posto, senza sottoporci allo strazio del finale dell’ultima stagione, consolidandolo.

Amala.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 09 marzo 2020 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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