Negli anni '70 avevo gia' l'eta' della percezione nitida di cio' che mi circondava. I fatti e gli aggegati umani protagonisti di quanto stazionava di fronte ai miei occhi si rendevano immediatamente distinguibili, clusterizzati dalla simbologia spicciola che si ritrovava negli slogan ma soprattutto negli indumenti indossati. Era dunque facile classificare eventi e situazioni, bastava lasciarsi trascinare dal verdeggiare della fiumana di ragazzi in eschimo che sciamavano per le strade per sortirne esattamente origine, finalita' e, purtroppo i rischi per la collettivita' che il fenomeno  osservato sottendeva. Per chi non amava il genere ne' l'agnosticismo, il bomber era la divisa di ordinanza per muovere in direzione contraria nel mito dell'ordine, nel ricordo accorato del tempo che fu e del superuomo. Sara' la mia rigidita' o solo la pigrizia mentale ma ancora oggi i criteri estetici continuano a guidarmi nell'analisi delle attivita' umane piu' o meno organizzate. Certo non ero probabilmente preparato al mito della superdonna in pelliccia che capeggia una sommossa,  ma in me e' sgorgata irrefrenabile la nostalgia delle atmosfere pennellate da Pellizza - non pelliccia - da Volpedo e perfino quelle della loro deriva facinorosa cosi' lontane dalla sensibilita' di un non violento quale fui e sono. Nostalgia dell'eschimo, insomma. Pazzesco. Sono tempi grami per il  buon senso che quasi sempre si accompagna al buon gusto e questo l'avevo da tempo messo in conto. E non escludo nemmeno che, se sotto la sede della Saras si fosse appostato un manipolo di entita' equivalente, ma di uomini, perfino in pelliccia, il mio inquieto moto di repulsione sarebbe stato meno ulcerante e rancoroso.

Forse sara' stato il cartello, insulso manifesto programmatico dell'iniziativa a  suscitare il collegamento col passato. "Game over", in effetti era la scritta che lampeggiava ogni quarto d'ora dal flipper contro cui combattevo, mentre molti dei compagni del liceo  "combattevano il sistema" "scendendo in piazza" ma tutta la vicenda sa di pessimo segno dei tempi con relativo contraccolpo inopinatamente nostalgico finora enucleato. Dunque quattro signore sfaccendate, giudici non togati dell'operato di Massimo Moratti -fossero stati togati avremmo parlato di "Ermellini" mentre in realta' erano in visone - sono state in grado di impormi tanto rigurgito passatista e bacchettone? E soprattutto tanto fastidio? L' approccio maschilista al calcio - ammettiamolo - normalmente non mi fa nemmeno prendere in considerazione le applicazioni partorite sullo stesso dall'altra meta' del cielo, e stavolta? Forse ho capito. Le tifose che hanno fatto irruzione nell'Area C c'entrano solo fino a un certo punto. Poiche' non e' colpa loro se la visibilita' che cercavano e' stata loro accordata. Miracolate? Nessun miracolo l'attaccato, il meritevole di tutto il disdoro che si puo' accartocciare in un cartello, il vergognoso, insomma, catalizza da sempre un odio che viene da altro e da altrove, dal suo essere uomo libero e generoso, tanto perbene da star lontano dalla politica che regola le azioni di media accattoni, disposti a mendicare un fatto di grottesco folkrore sublimandolo fino a farlo assurgere al rango di contestazione. Tre palle un soldo, basta poco per prendere la mira contro il nemico da far cadere ad ogni costo, anche a costo del ridicolo. Ora, pero', per le suffragette nerazzurre viene il difficile. Eh sì, perche' dovranno trovare qualche ulteriore format di spettacolarizzazione per alimentare tanta insperata mitopoiesi: ripresentarsi col mini striscione in mano e' operazione a rischio dimenticatoio, altre occasioni di ingiuria, nuovi eroi /eroine e nuove barricate - c'e' da giurarci - si apprestano ad ottenebrare, affastellandola, la fama conquistata. Spero di sbagliarmi ma temo non resti loro altro che la clandestinita' e i ciclostilati.

Non mi annoiero' per non annoiare chi legge con l'ennesimo aggiornamento sulle cause della crisi di risultati, di credibilita' e di molte altre cose che ci attanagliano. Desidero fermare l'attenzione di tutti sulle parole dolenti ed appassionate spese dal Presidente Moratti nelle ore successive alla batosta di domenica scorsa. Mi hanno colpito e ritonificato, liberando la mente da un assedio di cattivi pensieri, sostituendoli con sensazioni che vorrei condividere con voi. Non era semplice, di fronte alla montante campagna di delegittimazione in atto, riuscire a non marchiare di infamia quel qualcuno che gli sta chiedendo di passare la mano (a chi poi...). Massimo Moratti c'e' riuscito semplicemente omettendo di ricordare non solo gli sforzi fatti ma anche i risultati ottenuti, dimostrando, una volta di piu', di essere portatore sano di una signorilita' e di un animo nobile che nel calcio di oggi, e forse nella vita di oggi, abbiamo ben poche possibilita' di vedere replicata. Interismo allo stato puro, materia sempre meno comprensibile dalle masse, abituate a mettere un cartellino e un prezzo a tutto e a tutti. Ha parlato degli errori commessi, errori non orrori, chiedendo sostegno solo per i suoi ragazzi. Ma c'e' di piu'. Ha garantito che fara' tutto quanto necessario per tornare vincente. Non so voi, ma io all'interismo allo stato puro credo e credero' sempre.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 17 febbraio 2012 alle 00:01
Autore: Giorgio Ravaioli
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